Dal 1° gennaio 2023 avrà efficacia la cosiddetta Riforma del lavoro sportivo, il Decreto Legislativo già entrato in vigore lo scorso 17 novembre.
L’imminente riforma del lavoro sportivo che avrà effetto dal prossimo anno, riguarda una platea piuttosto vasta: 60mila datori di lavoro e 750mila lavoratori tra atleti, allenatori, istruttori, direttori tecnici e sportivi, preparatori atletici, direttori di gara e lavoratori tesserati. Allo stato attuale, oltre agli aspetti commerciali e fiscali di enti e associazioni, il provvedimento definisce meglio anche l’inquadramento nel mondo del lavoro.
La figura del lavoratore sportivo
Per oltre 40 anni la legge italiana ha riconosciuto solo gli sportivi professionisti, rimandandone l’inquadramento al Coni, Comitato olimpico nazionale italiano, e alle sue federazioni. Lo sportivo cosiddetto dilettante non ha mai avuto nessuna tutela, nonostante presti attività continuativa non amatoriale nelle organizzazioni.
Ora, con questo decreto decade la differenza fra professionisti e dilettanti e si ufficializza la figura di “lavoratore sportivo”, che dovrà essere qualificato come subordinato, autonomo o collaboratore a progetto.
Cosa cambia per gli atleti disabili?
Finora la presenza di atleti paralimpici nei gruppi sportivi militari e nei corpi civili statali non era regolamentata in maniera organica, mentre la riforma riconosce anche agli atleti disabili di alto livello lo stesso trattamento economico, contributivo e previdenziali dei colleghi. Ad esempio, dal prossimo anno, saranno banditi corsi di assunzione e gli atleti paralimpici non saranno più retribuiti solo con un rimborso forfettario.
Più equilibrio di genere nello sport e contrasto alla violenza
Un’ampia parte del testo della riforma è dedicata anche ad aspetti più delicati, come il contrasto della violenza di genere, con codici di condotta per la tutela dei minori, la prevenzione delle molestie e ogni altra condizione di discriminazione.
Tutte le tutele previste e garantite dal provvedimento, sia a livello lavorativo che previdenziale, sono state pensate proprio per il settore dilettantistico che da sempre può contare su un’elevata percentuale “rosa”. Nel sistema italiano, infatti, le atlete sono il 28%, le ufficiali di gara il 18%, le allenatrici quasi un quinto, ovvero meno del 20% del totale.
Uno degli scopi della riforma è anche quello di superare la scarsa inclusività della donna nel mondo sportivo. Grazie a questa legge, infatti, il Coni avrà l’obbligo di promuovere la parità di genere a tutti i livelli e in ogni struttura, favorendo in primis l’inserimento delle donne in ruoli di gestione e responsabilità.
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