Un’indagine condotta da The Fork, il famoso sistema di prenotazione di ristoranti online, ha delineato un possibile quadro futuro delle intenzioni di consumo dell’utenza. L’analisi considera il periodo di riapertura di questi, dopo la prima fase di emergenza Coronavirus.
Lo studio, che ha indagato anche altre nazioni – e naturalmente le intenzioni dei ristoratori in questa fase -, si è svolto a maggio su un panel totale di 12.000 intervistati in Francia, Spagna, Italia, Olanda, Portogallo, Austria, Svizzera, Regno Unito, Germania, Belgio, Danimarca, Svezia, Norvegia, Australia.
Oltre la metà degli italiani non vuole tornare al ristorante per il momento
Nel nostro Paese il campione era composto da 1.500 utenti e 285 ristoranti. Gli utenti sembrano divisi tra il desiderio di uscire e le preoccupazioni legate al contagio. A livello nazionale, più di 1 utente su 3 (il 36% del campione) prevede di recarsi al ristorante come nell’era pre-Covid. Di conseguenza, circa 2 persone su 3 (il 57%) pensano di ridurre o annullare le occasioni di consumo fuori casa.
La percentuale degli incerti oscilla fra il 7 e il 9% ed è maggiore al Centro e al Nord del Paese. Si ha molta paura in Campania (il 69% non uscirà), mentre c’è più desiderio di uscire nel Centro e nel Nord, specie in Emilia Romagna, Lazio e Lombardia (il 36-38% andrà fuori come o più spesso di prima).
Perché non vogliono tornare al ristorante e come incentivare il ritorno
Quanto alle motivazioni di questo “freno” all’esperienza di ristorazione, prevale la paura del contagio in 4 casi su 10 (43%). È seguita in circa 3 casi su 10 (il 27%) dal timore che le disposizioni di sicurezza rendano il mangiare fuori meno appetibile. Nel 66% dei casi, infatti, si ritiene che le cautele siano indispensabili per rendere frequentabili i locali.
Ma dalla ricerca emerge anche un’altra cosa: i servizi digitali possono contribuire a incentivare il ritorno. Comunicando online, ad esempio, le misure di prevenzione adottate dal ristorante (una pratica ritenuta rassicurante dal 57% degli utenti). Oppure dando la possibilità di prenotare tavoli all’aperto (56%) o mettendo eventuali recensioni sulle norme anti-Covid (33,6%). In ultimo, sarebbe utile prevedere la digitalizzazione di alcune operazioni che riducono al minimo i contatti umani (come ordinare e pagare direttamente da App).
I tempi per il ritorno alla “normalità”
La maggioranza degli utenti (86%) prevede di tornare al ristorante entro 3 mesi dalla riapertura (86%), con più attenzione al conto poiché per il 45% degli intervistati si è impoverito con l’emergenza.
Nel frattempo, gli utenti prevedono di servirsi di più dell’asporto e, dalla fine dell’isolamento (4 maggio), più di 3 su 10 (33%) prevedono di usarlo una volta a settimana contro il 27% di prima. Non a caso, le consegne a domicilio usate ogni settimana, prima della quarantena dal 33,4% degli intervistati sono salite al 41,3% e sono previste in crescita al 58% nel prossimo futuro.
E i ristoratori, cosa pensano?
Circa 2 ristoratori su 3 (67%) vogliono riaprire il servizio in sala appena possibile e pensano di poter rispettare la distanza di sicurezza tra i tavoli. Se necessario, ridurranno il numero di coperti. Il 21% dei ristoranti considerati nello studio prevede poi di compensare la limitata capienza per servizio in sala aumentando le ore di attività e incrementando la turnazione dei tavoli.
Più di 1 ristoratore su 2 (55%) punta a mantenere stabili i prezzi e si pensa già a meccanismi incentivanti come l’introduzione di piatti più economici in carta (76%), i menù degustazione con prezzi ridotti (80%) o ancora bibite e dessert in omaggio (52%). Chi lo ha fatto finora, prevede di continuare a fornire la consegna a domicilio e l’asporto, ma non ci si aspetta nelle prossime fasi un’impennata degli ordini.
Il confronto con gli altri Paesi
Italia, Spagna e Portogallo sono risultati i Paesi più cauti sulle riaperture. Negli altri Paesi si pensa di tornare a mangiare fuori casa per lo più entro un mese dalla riapertura dei ristoranti. La stragrande maggioranza del campione si preoccupa della sicurezza sanitaria. Rispettare le misure di contenimento è considerato molto importante o essenziale dal 70% al 90% dei rispondenti a livello globale.
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