Nell’ambito della medicina riabilitativa arrivano robot sempre più avanzati. Si tratta dei “Cobot” o robot collaborativi.
Sono in grado non solo di muoversi, ma anche di relazionarsi col paziente e favorirne il coinvolgimento attivo. I Cobot o robot collaborativi – il cui esempio più recente e innovativo in materia è rappresentato da Wandercraft Atlante – sono utilizzati per la riabilitazione delle persone con lesioni spinali.
Un approccio “complessivo”
Le lesioni del sistema nervoso dovute a traumi, infezioni, ma anche eventi vascolari e malattie genetiche, infatti, determinano difficoltà non solo nei movimenti, ma anche nei ragionamenti, nelle azioni e nelle interazioni con gli altri. La tecnologia dei Cobot può essere di aiuto proprio grazie alla sua capacità di abbracciare aspetti motori, cognitivi e relazionali rendendo più efficaci gli interventi.
Franco Molteni, direttore del Centro di Riabilitazione Villa Beretta di Costa Masnaga, in provincia di Lecco, ha spiegato in una recente intervista rilasciata a Wired che siamo dinanzi ad un’innovazione di grande rilievo. Questo tipo di dispositivo, infatti, permette modalità di esercizio altamente specifiche non realizzabili con robot non indossabili o con altre tecnologie. Inoltre, vari studi scientifici confermano che i programmi riabilitativi supportati dalla robotica collaborativa permettono una riorganizzazione del sistema nervoso centrale. Un effetto dovuto all’aumento della plasticità sinaptica e della connettività funzionale mediante l’incremento dell’attività dei neurotrasmettitori.
Terapie personalizzate
L’uso di Cobot come Wandercraft Atlante, parte del progetto Fit4MedRob Day “Fit for Medical Robotics”, coordinato dal Cnr e dall’Istituto di biorobotica di Pisa, è in grado di personalizzare il processo riabilitativo così che l’operatore sanitario possa regolare di volta in volta i parametri di interazione tra Cobot e paziente.
Il dispositivo permette una deambulazione senza alcun sostegno. Quindi consente di avere le mani libere e di riconquistare gli spazi di movimento e l’interazione con l’ambiente circostante. Il paziente può così ridurre la dipendenza dagli altri per svolgere le sue azioni quotidiane. Un aspetto da non sottovalutare dal punto di vista emotivo, sempre secondo Molteni: essere parte attiva nel processo riabilitativo agisce sul coinvolgimento emotivo, genera benessere dal punto di vista psicologico, produce ricadute positive sulla qualità della vita, stimola il paziente a migliorare il controllo del corpo e a progredire più velocemente nella riabilitazione.
La sfida del futuro: terapie domiciliari
Il prossimo obiettivo della terapia con i Cobot potrebbe essere il progressivo spostamento di queste tecnologie verso il domicilio dei pazienti. In futuro sarà possibile disporre di robot che si indossano sempre più adattabili e semplici da utilizzare, e ciò consentirà di diffondere a più soggetti possibile una tecnologia essenziale per migliorare lo stato di salute e l’autonomia personale.
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