Da quel 21 febbraio, a seguito dei primi casi di infezione da Coronavirus accertati negli ospedali di Codogno e Lodi, in Italia è partita la corsa per contrastare l’epidemia. La situazione si è evoluta molto rapidamente e dal 9 marzo l’intera Penisola è “territorio protetto”. Tutto è cambiato e la parola d’ordine è diventata quella di “stare a casa”.
Nel frattempo, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha dichiarato l’epidemia coronavirus pandemia globale. L’Oms plaude all’Italia per le misure prese e invita gli altri Paesi ad attivarsi. Intanto, rimane fermo l’appello alla responsabilità di tutti, al senso civico:«Ce la facciamo solo se tutti insieme rispettiamo la regola dello stare a casa e di uscire solo per lo stretto necessario». Quotidianità stravolte, dunque, tutto da riorganizzare e da reinventare, rimanendo a casa.
Storie di vita quotidiana
Nelle storie di vita quotidiana, raccontate attraverso le voci dei soci di 50&Più, troviamo una risposta a #iorestoacasa.
«Ho due nipoti e a mio figlio ho chiesto sin dall’inizio di non incontrarci, soprattutto per salvaguardare la loro salute – racconta Pietro Mezzadri – presidente della 50&Più provinciale di Lodi -. Mi sento uno “zero nonno” in questo periodo». Poi certo in questi giorni non è mancata nemmeno l’ironia. «Ho avuto bisogno di un elettricista in casa, non gli ho stretto la mano, naturalmente, ci siamo parlati a distanza e salutati guardandoci negli occhi. Non c’è da deprimersi, occorre inventarsi qualcosa da fare, tutti i giorni. Per quanto mi riguarda, sto facendo quello che non facevo da tempo, come sistemare lo sgabuzzino e altre cose che avevo trascurato. Le donne sono più “fortunate” perché in casa hanno sempre da fare». Non rimane che attendere. «Dopo le interruzioni di tutte le attività, cerchiamo di mantenere un contatto con i nostri soci in attesa che questo periodo passi, per riprendere meglio di prima».
Quando il passato aiuta a vivere il presente. «La situazione che stiamo vivendo, seppur in tutta la sua drammaticità, non mi preoccupa più di tanto. Questo per quello che gli over 80 come me hanno passato da piccoli, cioè la guerra, racconta Ettore Zocchi -. Quando finì, avevo preso la scabbia ed avevo molti problemi ad una gamba. Mia madre e mio padre, appena rientrato dalla Grecia dove aveva combattuto, mi portavano ai bagni di Porta Nuova, a Milano, per curarmi. Abitavamo a San Siro – prosegue – e quando c’erano i bombardamenti a una certa ora si sentiva il rumore di un aereo leggero sopra Milano che chiamavamo Pippo. La sera, al coprifuoco, bisognava chiudere le luci: se erano accese, Pippo scendeva in picchiata e iniziava a mitragliare. Quindi – sottolinea – noi siamo già stati chiusi in casa e, per di più, a luci spente. Certo, tutte le limitazioni che abbiamo mi pesano, ma le capisco e le sopporto. Mi mancano le mie 4 o 5 ore di tennis alla settimana e tutto quello che faccio normalmente. Ma non abbiamo scelta. In questi giorni sto dipingendo moltissimo. In casa ho un attrezzo da palestra e mi tengo allenato. Poi i social, il telefono, WhatsApp ci aiutano a mantenere i rapporti».
Tutto è fermo e si fa quel che si può nel rispetto delle regole. «Tra qualche mese compirò 92 anni. Non avrei mai pensato alla mia età di vivere nel mezzo di una epidemia come questa – dice Pietro Angeloni, campione del nuoto, marcia e maratona delle Olimpiadi di 50&Più e atleta più longevo della squadra provinciale di Lodi -. Ognuno è in casa propria, ci parliamo al telefono. Vivo in famiglia, con mia nipote, che ormai da 70 anni considero mia figlia, e suo marito. Sono molto ligio alle regole e se mi capita di incontrare qualcuno, il che è molto raro, ci salutiamo a distanza. Mi manca molto la piscina: per me non è solo allenamento, ma anche divertimento, un po’ come lo è per i bambini. Certo, la guerra è stata l’esperienza peggiore, ma quando vedo l’assalto ai negozi e ai supermercati mi viene in mente che all’epoca non c’era nulla da assaltare. Ci arrangiavamo con quel poco che avevamo e che potevamo prendere con la tessera o acquistare al mercato nero. Sono stati momenti tristi. Al di fuori della guerra, periodi così lunghi di emergenza non me li ricordo. Ma, se siamo persone civili e amiamo il nostro prossimo, seguiamo le regole e i comportamenti che ci vengono detti, riusciremo a far fronte anche a questa epidemia. Dobbiamo farlo per noi e per gli altri».
Spazio alla solidarietà
Un’emergenza nuova che lascia spazio alla solidarietà. «Ho 71 anni e nella mia vita non ho mai vissuto qualcosa di paragonabile a quello che stiamo vivendo oggi. Di epidemie ne abbiamo vissute, pensiamo alla Sars, ma non come in questo caso -, afferma Franco Bonini, presidente della 50&Più provinciale di Piacenza -. Sin da subito tramite e-mail e WhatsApp, abbiamo avvisato i nostri soci delle nuove disposizioni governative, raccomandando a tutti di stare a casa e di uscire solo per lo stretto necessario. Grazie alla tecnologia contribuiamo a tenerli aggiornati e a rassicurarli. Inoltre, come 50&Più assieme al gruppo alpini di San Nicolò ci siamo messi a disposizione delle farmacie del quartiere di San Nicolò per la consegna a domicilio dei medicinali. Le richieste sono tante, ma manca il personale. Cerchiamo di renderci utili con il volontariato e speriamo che l’emergenza passi presto!».
Nella stessa città, regione o altrove, poco importa. Vietato incontrarsi. «Tutti i miei parenti vivono a Milano – racconta Patrizia Prederi, vice presidente della 50&Più provinciale di Padova -, ora non possiamo far altro che sentirci al telefono. Dico a tutti gli italiani di stare sereni, perché se adottiamo comportamenti corretti abbiamo la prospettiva che questa emergenza finirà, altrimenti chissà per quanto tempo dovremo conviverci. Personalmente, cerco di viverla nel miglior modo possibile. In casa – prosegue – si possono fare molte cose: leggere, fare la settimana enigmistica, approfittare di questo tempo! Una signora di 84 anni, preoccupata, mi ha chiamata perché non poteva partecipare alle nostre attività; le ho detto di avere pazienza, di chiamarmi quando vuole e di rimanere a casa».
Fare quello che non si è riusciti a fare prima. «Tutto quello che per la fretta del quotidiano abbiamo trascurato. Organizziamo le nostre giornate in modo da tenerci impegnati – dice Sebastiano Casu, presidente della 50&Più provinciale di Sassari -. Per quanto mi riguarda, ad esempio, ho risistemato un ripostiglio, riverniciato un tavolo. Cerco di arrivare alla sera avendo fatto qualcosa». Dobbiamo approfittare di questo periodo anche per riflettere. «Questa esperienza ci induce a prendere atto che nulla ci viene regalato e che dobbiamo fare tesoro di quello che abbiamo, dando più valore ai rapporti umani e famigliari». Passerà. «Penso e ho fiducia che i risultati ottenuti in Cina contro questa epidemia li avremo anche in Italia. Nella nostra sede 50&Più di Sassari eravamo nel pieno delle nostre attività. Riprenderemo da dove abbiamo lasciato».
Un cambiamento radicale e inatteso che ha stravolto tutto. «Il giorno prima eravamo impegnati nelle nostre attività, come il ballo e il canto, il giorno dopo si è fermato tutto – dice Antonino Frattagli, presidente della 50&Più provinciale di Trapani -. Cerchiamo di mantenere i rapporti con i nostri soci e tranquillizzarli. Non vediamo l’ora che tutto passi. Quindi ci atteniamo alle regole. Stiamo a casa. Non è facile certo, ma personalmente da questa esperienza cercherò di trarre ispirazione per i miei racconti e poesie. Soprattutto, spero che tutti ne trarremo insegnamento: abbiamo bistrattato troppo il nostro Pianeta e ne stiamo pagando le conseguenze. Dobbiamo essere rispettosi e responsabili verso l’ambiente in cui viviamo. Mi auguro che, passato il trauma, non torneremo a comportarci come prima».
Un’emergenza che ci porta a riflettere
Questa pandemia, nel frattempo, ci sta dando una lezione sonora. «Fino a ieri ci siamo illusi che la nostra civiltà e il nostro progresso erano tali che tutto era programmabile, evitabile, prevedibile, gestibile e con un colpevole se qualcosa andava male. In questo caso, il fenomeno che stiamo vivendo ci ha trovati impreparati, senza medicinali o vaccini. Ci ha obbligati a cambiare vita e a stravolgere il nostro quotidiano – afferma Angelo De Amicis, presidente della 50&Più provinciale di Roma -. È dura per me non andare in Associazione tutti i giorni; è stata dura cancellare i tanti appuntamenti di questi mesi in attesa di quello che accadrà dopo il 3». In generale: «Credo che questa situazione ci ha riportati con i piedi per terra e ne usciremo ridimensionati».
Si pensa al dopo. Come andrà? L’economia, il lavoro, il commercio? «Speriamo che tutto vada per il meglio, soprattutto per i giovani. Noi una vita l’abbiamo avuta e anche bella, ma i giovani stanno combattendo una battaglia veramente dura – afferma Anna Maria La Notte, presidente della 50&Più provinciale di Foggia -. In questo periodo ai nostri soci cerco di dare un supporto morale, ascoltandoli. Ci teniamo in contatto telefonico o su WhatsApp».
L’aspetto più duro da sopportare è la distanza con i propri cari, il non vedersi. «Anche io non vedo figli e nipoti da tempo. Cerco di tenermi impegnata. Sono una appassionata di francobolli e monete, in questi giorni li sto riorganizzando. Inoltre, mi piace molto lavorare a maglia e il lavoro domestico. Infine, non manco di fare anche un po’ di ginnastica».
Da questa situazione genitori e figli possono anche trovare giovamento. «Mia nipote di 9 anni, ad esempio, sta imparando a fare più cose in famiglia, come preparare i dolci. Certo, non è facile tenerla in casa. Un giorno mi ha chiesto perché non poteva andare più a scuola o giocare con gli amici. Le ho detto la verità ed ha capito. Ai bambini, con le dovute cautele, l’emergenza sanitaria che stiamo vivendo va spiegata per aiutarli ad affrontarla».
Da questa storia tutti possiamo trarne insegnamento: «Credo che torneremo ad aiutarci l’uno con l’altro».
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