Una sfida ancora da superare per i nostri comuni e capoluoghi di regione: sempre più caldi e trafficati, ma anche ricchi di verde che purifica l’aria. Con seri problemi di gestione delle reti idriche, ma già in cammino verso il risparmio energetico. La fotografia dell’Istat nel report sui cambiamenti climatici registrati nel 2020.
Italia Bel Paese dal clima temperato? Non più. Il surriscaldamento globale non risparmia le città italiane. A segnalarlo è l’Istat, nel report dedicato ai cambiamenti climatici registrati nel 2020. Nell’anno della pandemia, la temperatura media annua dei capoluoghi di regione è stata pari a 15,8°C; ovvero 1,2°C in più rispetto ai valori climatici registrati nel periodo 1971-2000. In questo periodo si è registrato un aumento progressivo delle temperature, con un’escalation in particolare a partire dal 2011 e poi dal 2014, quando la temperatura media ha raggiunto i +16°C. Questo significa che, nell’anno, la stagione estiva dura in media 15 giorni in più, mentre sono 18 le notti ulteriori in cui si raggiungono condizioni di clima tropicale, ovvero con temperatura che non scende sotto i 20°C.
Temperature alte, siccità, clima tropicale: ecco le “isole di calore urbano”
Sulla base dei dati raccolti in 24 capoluoghi di regione e città metropolitane, l’Istat ha registrato una temperatura media urbana pari a +16,3°C, in aumento di 0,3°C sul corrispondente valore medio del decennio 2006-2015. Anomalia che raggiunge, come abbiamo anticipato, i +1,2°C considerando i soli capoluoghi di regione. Fra questi, le temperature più alte sono state raggiunte a Perugia (+2,1°C), Roma (+2°C), Milano (+1,9°C), Bologna (+1,8°C) e Torino (+1,7°C). Nelle città più grandi – spiega l’Istat – si conferma dunque il fenomeno dell’ “Isola di calore urbano (Urban Heat Island UHI)”. La temperatura è più alta rispetto alle aree esterne, con un differenziale termico di 1-3°C in quelle di grandi dimensioni; questo per effetto della concentrazione di strutture costituite da superfici di cemento, metalli, asfalto che trattengono il calore.
Ma non è la sola anomalia registrata nel 2020. Questo è stato infatti l’anno meno piovoso degli ultimi 10, con una diminuzione della precipitazione media pari a -132 mm sul periodo 2006-2015. Fra le città più “a secco”, ci sono Napoli (-423,5 mm), Catanzaro (-416) e Catania (-359,7). In particolare, i giorni senza pioggia nel 2020 sono stati in media 293 nelle aree urbane, in aumento di 11 giorni sul valore medio 2006-2015. Per i capoluoghi di regione l’anomalia è più alta a Napoli (+35 giorni), Trento (+33) e L’Aquila (+20). In controtendenza Trieste, con -14 giorni, seguita da Genova e Firenze (-8).
Ancora, fra le 24 città osservate i giorni estivi con temperatura massima maggiore di 25°C in media sono stati 112, mentre salgono a 56 le notti tropicali. Per Aosta l’estate si allunga addirittura di 41 giorni, a Perugia di 35, a Roma di 27, a Trieste di 26. Le notti tropicali raggiungono quota +53 a Napoli, +34 a Milano, + 33 a Catanzaro.
La buona notizia? Migliora la qualità dell’aria urbana
Ci sono però anche piccole buone notizie per chi vive in città. L’inquinamento atmosferico, ovvero la presenza di agenti inquinanti nell’aria dannosi per la salute, tra i quali il particolato (PM10 e PM2,5), il biossido d’azoto (NO2) e l’ozono (O3), è leggermente diminuita tra il 2013 e il 2020, salvo alcuni peggioramenti nel 2015 e nel 2017, raggiungendo il valore più basso nel 2019 e nel 2020. Su questo dato ha sicuramente inciso la riduzione del traffico e delle attività produttive durante il lockdown, ma non solo. Nel 2020 il 43,% dei capoluoghi italiani ha realizzato interventi di forestazione urbana, a fronte del 28,4% registrato nel 2011. “La tutela e la promozione del verde urbano è una soluzione naturale – ricorda l’Istat – che, aumentando la resilienza delle città, può svolgere un ruolo importante nelle strategie di contrasto ai cambiamenti climatici e, più in generale, nel miglioramento della sostenibilità dei sistemi urbani e della qualità della vita dei cittadini”.
Il verde è in città: spazi urbani, aree naturali protette e sempre più foreste
Fra le tre più grandi città del Paese – Milano, Roma e Napoli – è il capoluogo lombardo ad essere all’ultimo posto per disponibilità di aree verdi. La copertura totale è pari al 13,8% della superficie comunale ed è costituita per la quasi totalità da aree verdi urbane. Roma presenta un copertura complessiva pari al 35,8% del territorio comunale, composta solo per il 3,6% da aree verdi urbane e per il 32,2% da aree naturali protette. Così come Napoli, che ha una copertura verde del 31,5% della superficie comunale, riconducibile in particolare ad aree naturali protette.
Nei comuni capoluogo, dove vive circa il 30% della popolazione italiana (17,7 milioni di abitanti), l’estensione delle aree verdi urbane è di oltre 550 km quadrati, pari al 2,8% del territorio comunale, corrispondente a una disponibilità di 31 metri quadrati per abitante. Considerando anche le aree naturali protette, l’incidenza raggiunge il 19,3% del territorio, quasi 4.000 km quadrati. Sempre più diffusi nei capoluoghi esempi di forestazione urbana e periurbana, che consiste nella creazione di nuovi boschi a sviluppo naturale per mitigare le “isole di calore”. Nel 2020 sono stati realizzati interventi di forestazione urbana in 47 capoluoghi (erano 31 nel 2011). La superficie dedicata alla forestazione urbana ammonta a oltre 11,6 milioni di metri quadrati. La distribuzione non è però uniforme, con il Nord-Est campione green e il Sud fanalino di coda. Negli ultimi 10 anni, però, la superficie dedicata alla forestazione urbana è progressivamente aumentata ovunque (+14,9%) con picchi nei capoluoghi delle Isole (+31,0 %), seguiti da quelli del Nord (16,3%). Decisamente meno significativi gli aumenti al Centro (+6,0%) e al Sud (+2,5%).
Gli italiani non rinunciano alle auto, anche se meno inquinanti
L’Italia ha il tasso di motorizzazione più elevato nell’Ue dopo il Lussemburgo: 668 auto per mille abitanti nel 2020. Le automobili nel 2020 sono state oltre il 75% dei veicoli inquinanti in circolazione nel nostro Paese. Ma nei comuni capoluogo il tasso è inferiore alla media nazionale (627 per mille) e la sua crescita più lenta (+0,3% sul 2019 e +4,7% rispetto al 2015). L’indice del potenziale inquinante inoltre migliora costantemente dal 2015 al 2020; scendendo da 170 a 130,7 sull’intero territorio nazionale e da 162,3 a 127 nei comuni capoluogo. Questo, da un lato, significa che aumenta la circolazione di autovetture meno inquinanti (elettriche, ibride e alimentate a gas o bi-fuel); dall’altro, valori superiori a 100 indicano comunque che le auto più obsolete e inquinanti (da Euro 0 a Euro 3) restano più numerose di quelle a basse emissioni. Questo in particolare in città come Napoli. Qui il tasso di motorizzazione, seppur inferiore alla media dei capoluoghi (605 auto per mille abitanti), è in crescita costante e sostenuta (+1,9% sull’anno precedente e +8,2% rispetto al 2015). Soprattutto, nel capoluogo partenope è molto elevato il potenziale inquinante delle autovetture (188,4); questo è dovuto essenzialmente all’elevatissima percentuale di auto obsolete ancora in circolazione: il 51,5% del totale nel 2020, contro il 25,8% di Milano e il 27,2% di Roma.
Dal 2010 in diminuzione i consumi di energia
Sul cambiamento climatico incide anche lo spreco di energia. Il consumo di gas naturale ed energia elettrica – oggi alla ribalta per la crisi ucraina – è però in diminuzione nelle città italiane. Non solo per la pandemia, ma dal 2010. L’Istat utilizza come unità di misura il tep, che esprime i consumi finali complessivi di gas naturale ed energia elettrica in tonnellate di petrolio equivalenti (tep) per 100 abitanti. Nei comuni capoluogo il consumo totale di energia è stato pari a 75,2 tep per 100 abitanti nel 2020; in diminuzione del 4,5% rispetto all’anno precedente (79,5) e del 17,4% nel confronto con il 2010 (91,1). Ci sono però delle differenze geografiche. Nel 2020, il consumo totale di energia di Milano è stato pari a 96,5 tep per 100 abitanti; superiore alla media nazionale dei capoluoghi ma leggermente inferiore a quella delle città del Nord (99,5). A Roma (61,1 tep per 100 abitanti) e nei capoluoghi del Centro (68,4) il livello dei consumi di energia è invece inferiore alla media dei capoluoghi. A Napoli e nei capoluoghi del Mezzogiorno (con 37,6 e 45,8 tep per 100 abitanti rispettivamente), il consumo complessivo di energia nel 2020 è circa la metà di quello medio. Tuttavia, nel Mezzogiorno la riduzione dell’ultimo decennio è stata meno accentuata rispetto al Nord e al Centro.
Ogni giorno in città perdite di acqua per 10 milioni di persone
Il Sud spicca purtroppo anche per le criticità relative alla rete idrica che, più in generale, presenta problematiche di dispersione su tutto il territorio nazionale. Secondo le stime Istat, l’acqua persa per il malfunzionamento delle reti dei capoluoghi – giornalmente circa 2,4 milioni di metri cubi – riuscirebbe a soddisfare i bisogni di circa 10 milioni di persone. I livelli di perdite presentano il minimo nei capoluoghi del Nord-ovest (23,5%); per poi aumentare al Nord-est (32,8%), Centro (37,3%), Sud (43,6%) e toccare il massimo nelle Isole (52,2%). Inoltre, solo nel Mezzogiorno nel 2020 è stato necessario adottare misure di razionamento nella distribuzione dell’acqua agli utenti finali, attraverso la riduzione o sospensione dell’erogazione
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