Una “ricostruzione degli eventi” determinanti della vita e del pensiero del giornalista, sceneggiatore, scrittore e poeta, in un biografia intima scritta a quattro mani
Mentre leggete potrebbe essere tra i finalisti, e poi chissà. Mentre scriviamo, infatti, Ennio l’alieno. I giorni di Flaiano ha appena ricevuto la nomination al premio letterario più prestigioso d’Italia. Stiamo parlando dell’ultimo libro di Renato Minore e di sua moglie Francesca Pansa (nella pagina successiva, foto in basso) – che lo ha scritto insieme a lui – e del Premio Strega. Il critico letterario di 50&Più è di Pescara come lo scrittore di Tempo di uccidere – che gli valse nel 1947 il primo Strega della storia – e lo ha frequentato, letto e analizzato a lungo, fino ad arrivare a questa biografia sui generis.
Come è nata la sua passione per Ennio Flaiano e la scelta di scrivere, a cinquant’anni dalla morte, una biografia analitica e critica…
L’ho conosciuto alla sede Rai mentre stava commentando le immagini della vecchia Pescara alla moviola. Mi colpì subito la sua lettura, commossa, nostalgica, che dava il senso di uno scrittore che stava molto dentro ai suoi sentimenti. Ci siamo frequentati e quando è scomparso ho continuato a leggerlo e a scrivere su di lui. Poi si è aggiunta mia moglie, che nel 1994 ha conosciuto la moglie di Flaiano, Rosetta Rota, che era impegnata nella presentazione di un suo libro molto bello, Mi riguarda, la storia raccontata da tanti scrittori della disabilità dei loro figli. Si è innamorata di questa donna, così importante nella vita dello scrittore, e abbiamo deciso di scrivere in maniera condivisa questo libro. Però il problema era di raccontarlo dal di dentro, una biografia intima che, con il senso stesso del racconto e con l’analisi di quello che lui ha scritto, desse la misura dello scrittore che conosciamo e amiamo.
Avete scritto una “ricostruzione di eventi” che si legge quasi come un romanzo, non una vera biografia…
Sì, è un po’ così, perché oggi i romanzi si scrivono anche unendo la biografia, la critica, il racconto. Era necessaria, di fronte ai fatti della vita di Flaiano e alla sua opera, una narrazione che amalgamasse il suo percorso con qualcosa che ne rispecchiasse la crescita e l’immagine di scrittore. Un po’ a specchio. Ne raccontiamo la vita, con gli episodi più decisivi, più importanti e dolorosi, e allo stesso modo presentiamo lo scrittore, così variegato, multiforme, così spezzato tra forme e generi diversi. È stato romanziere, scrittore di racconti e aforismi, sceneggiatore, è stato anche un grande poeta per certi versi, ha fatto televisione. Un cocktail di volti che restituiscono quello di uno scrittore perfettamente dentro quella ferita che aiuta a raccontare la realtà del mondo. Un narratore che, nei diversi generi, segue un itinerario che è sempre lo stesso, apparentemente ironico e satirico, mentre il suo vero volto è quello di uno scrittore dolente, e anche tragico, che si pone le interrogazioni fondamentali, quelle necessarie per percorrere una via dentro il grande enigma che è la vita, che ci porta non a delle risposte, ma a qualche domanda più importante di altre.
Ennio Flaiano, che è stato lo sceneggiatore dei grandi film di Federico Fellini e di moltissimi altri registi, ha scritto reportage e critiche, recensioni ed epigrammi, si sentiva però come “un antico romano dimenticato dalla storia”. Ci spieghi perché.
Lo disse negli ultimi anni di vita, con riferimento alla classicità della sua scrittura, legata al mondo in un rapporto di distanza, di giudizio, di forte partecipazione ai sentimenti e al dolore. Si metteva come da parte rispetto al suo tempo – non per niente l’abbiamo chiamato l’alieno – per vedere meglio gli avvenimenti e avere un quadro più limpido, più forte sulle cose di cui scriveva.
Cosa è rimasto del mondo di cui parlava Flaiano?
Quel sentimento comune che lui coglieva soprattutto negli Anni ’50, quando l’Italia usciva dalla guerra con il desiderio collettivo di cogliere degli spazi, non esiste più. Oggi siamo più legati agli strumenti che usiamo, a cominciare da tutte le interrogazioni e i dialoghi che facciamo attraverso il web, che ci hanno reso molto meno popolo. Siamo più un pubblico, i consumatori di ciò che ci viene propinato attraverso questi mezzi. Dal senso di unità che scaturisce dalle pagine di Ennio più idilliache c’è stata una profonda trasformazione legata ai tempi, a ciò che vediamo, che usiamo, che pensiamo.
Flaiano scriveva anche: “In Italia non si ha più la capacità di percepire il ridicolo là dove si nasconde, cioè nelle pieghe del Successo, della Potenza, dell’Autorità, della Ricchezza”. Lei crede sia ancora così?
Stiamo forse peggiorando, perché al ridicolo non c’è mai fine. Inoltre spesso il ridicolo oggi sta diventando notizia. Vediamo tutti i giorni montare discussioni su cose che non hanno senso alcuno. Ennio, dopo aver visto la profonda trasformazione che aveva colpito l’Italia – già nel ’77/’78 affermava: «Gli italiani diventeranno ciò che vuole la televisione», pensi a quello che è successo dopo -, evidenzia quell’ansia di successo e di essere visti che ci ossessiona oggi. Pensi solo ai “like” che portano le persone ad autovalutarsi in base al loro apparire sui dispositivi elettronici. Il marziano di un bel libro di Flaiano è una persona che arriva, fa miracoli e attira tutti attorno a sé, finché dopo tre giorni, finita la novità, la gente lo denigra: “che vuoi?”, “ma vai via”, ecco che “è diventato uno di noi”, scrive Ennio in maniera profetica di quanto accaduto dopo.
Un’altra affermazione significativa di Flaiano fu: «Il vivere va inteso come una serie ininterrotta di errori»…
Secondo me, è un aforisma molto importante. Noi vediamo Flaiano come uno scrittore molto moderno perché non si identifica con un’opera conchiusa – romanzo a parte – bensì in una serie di frammenti che ne compongono l’opera. Però, se noi leggiamo bene dentro queste diverse manifestazioni della sua scrittura e andiamo oltre la superficie, un po’ ironica, graffiante, a volte fine a sé stessa, vediamo che, nelle alternanze dei temi e delle suggestioni, proprio questo senso costante della costatazione che la vita nel suo procedere da un errore porta all’altro. Una specie di spirale logaritmica in cui l’errore è insieme la causa e l’effetto. È un po’ la sua visione dolente, pessimistica e anche tragica della vita, a cui si aggancia anche un senso di impotenza nel conoscere realmente le ragioni del decadimento e della crisi della società e dei costumi, di cui non si riesce ad avere una chiave di interpretazione. Una realtà che si sgretola e che sembra inconoscibile e indecifrabile. Insomma uno scrittore che ci faceva ridere, ma anche pensare molto a delle cose fondamentali.
Il Premio Strega
«Lo Strega – dice Minore – è un traguardo ambito, ed è anche una maniera per avere un giudizio su quello che hai fatto. Nel 1987 sono stato terzo dopo Stanislao Nievo e Luigi Malerba, oggi sono di nuovo in lizza grazie ai consensi ricevuti. Lo Strega è un veicolo per far sì che il libro possa essere letto di più ed è un modo molto utile di parlare di letteratura. Vedremo poi se saremo tra i finalisti, intanto siamo in gara con tutte le incognite circa l’esito finale, ma con grande soddisfazione». Ennio l’alieno. I giorni di Flaiano si è meritato l’inserimento tra i papabili perché “Minore e Pansa compiono un periplo che proietta il sentire di Flaiano dentro il nostro sentire” con un libro che è “saggio biografico, disegno di vicende intellettuali, romanzo”.
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