Il Regno Unito ha annunciato un piano per ridurre l’immigrazione “legale” di studenti e lavoratori. Intanto, però, il Paese deve confrontarsi con nuove tendenze per mantenere una crescita veloce dell’economia, legata alla presenza dei migranti.
Il Ministro degli Interni inglese ha annunciato che dalla primavera di quest’anno una persona immigrata in cerca di un’occupazione dovrà avere un’offerta di lavoro con uno stipendio di 38.700 sterline, contro la precedente soglia minima di 26.200. Il Regno Unito sta dunque rivedendo le sue politiche sull’immigrazione, tra cui il Graduate Visa per i laureati.
Il dopo Brexit e l’immigrazione
L’uscita dell’Inghilterra dall’Unione Europea ha determinato un calo di iscrizioni fra gli studenti europei: secondo i dati dell’Higher Education Statistics Agency, l’agenzia di raccolta dati sugli universitari nel Paese, il numero degli studenti stranieri provenienti da Paesi europei è passato da 66.680 del 2019 a 31.000 nel 2021-2022 per i corsi specialistici e da 37.530 a 13.155 per quelli triennali.
Dopo la pandemia e la Brexit la migrazione netta dei cittadini Ue, ossia la differenza tra il numero di immigrati ed emigrati da un Paese, è diminuita dal 70% rispetto al 2016, e le persone che hanno lasciato il Regno Unito hanno superato quelle che vi hanno fatto ingresso.
Una nuova immigrazione
Di contro, si è verificato un aumento dei cittadini stranieri provenienti da Paesi extra Ue, in particolare da India, Nigeria, Cina, Pakistan e Ucraina, per un totale di 745mila persone solo nel 2022.
Secondo i dati dell’Office for National Statistics, il 39% arriva nel Regno Unito per motivi di studio, il 33% per lavoro, il 9% per ragioni umanitarie. Con questo andamento, entro il 2026 i residenti arriveranno a 70 milioni, e nel decennio successivo raggiungeranno i 73,7 milioni grazie all’immigrazione. Eppure il nuovo sistema di limiti ormai imminente potrebbe nuovamente modificare il quadro demografico del Paese.
Secondo il Guardian la speranza di mantenere una crescita veloce dell’economia è legata alla presenza dei migranti, che svolgono impieghi che i nativi non vogliono più intraprendere, come ad esempio nel settore sanitario. Inoltre l’arrivo di cittadini stranieri in età lavorativa è in grado di compensare l’invecchiamento della popolazione.
Ripensare all’immigrazione in funzione della crescita economica
Per questo, come riporta il quotidiano in un recente articolo, è necessario adeguare le infrastrutture del Paese a una cittadinanza sempre più ampia, che si tratti di scuole, ospedali, reti di trasporti e abitazioni. L’offerta di case, in particolare, è insufficiente: oggi si costruiscono la metà delle abitazioni di quante se ne realizzassero negli anni Sessanta, quando la popolazione era di 12 milioni in meno. Le conseguenze sono il sovraffollamento, l’inflazione, la permanenza dei giovani in casa dei genitori, la crescita del divario sociale.
L’altro settore che si basa sulla forza lavoro degli immigrati è quello delle residenze assistite, e il calo degli ingressi potrebbe avere ripercussioni gravi sui livelli di assistenza. Insomma, conclude il Guardian, le restrizioni sull’immigrazione non vanno d’accordo con la crescita economica, e occorre prenderne atto prima di prendere provvedimenti che possano comprometterla.
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