A 74 anni ha portato la sua arte sulle passerelle della maison Dior. E ora Marilena Sparasci, cultrice e artista del merletto a tombolo, pensa a nuovi progetti insieme al giovane socio, suo ex allievo.
«La passione per il tombolo è venuta fuori molto tardi, anche se da adolescente mi erano stati insegnati i rudimenti: diciamo che non ero molto incline a quelle che erano considerate le arti femminili, dodicesima cugina di undici maschi».
Sorride Marilena Sparasci (nella foto di apertura), oggi uno dei nomi indissolubilmente legati all’arte del merletto a tombolo, a ripensare a quando, studentessa delle medie, avrebbe fatto volentieri a meno di quelle lezioni estive di pizzo.
Tanti anni dopo, la scorsa estate, la delicatezza e la perfezione delle sue realizzazioni hanno incantato Maria Grazia Chiuri, direttrice creativa Dior, che per la sfilata “Cruise 2021” era alla ricerca di artigiani di talento in grado di interpretare il merletto a tombolo fino a fonderlo con l’alta moda. Così le creazioni di Marilena, 74 anni, e del suo giovane socio ed ex allievo, Marco Fersino Ribeiro Amorim, 39 anni, al quale ha trasmesso la sua conoscenza, sono finite in passerella, sotto forma di rose e farfalle applicate ad uno degli abiti iconici della sfilata del 22 luglio 2020 di piazza Duomo, a Lecce.
«Ho sempre cercato di andare oltre la porta di casa – racconta Marilena – e un giorno mi è arrivata la telefonata della segreteria di Maria Grazia Chiuri che voleva conoscermi. È stato amore a prima vista, il nostro lavoro l’ha folgorata, come lei ha folgorato noi. Ne è nata una collaborazione che nel giro di pochi mesi ci ha portato a lavorare oltre mille ore per gli inserti di un solo abito».
Ma quando è nata la passione per il tombolo, visto che da adolescente non lo aveva amato particolarmente?
È successo una trentina di anni fa, quando sono tornata in Salento e sono venuta ad abitare in campagna. Ho tirato fuori il tombolo inizialmente come passatempo, ma ho subito cominciato con merletti molto difficili perché mi piace il disegno geometrico che nella sua ripetitività lascia spazio alla mia mente. Poi attraverso il passaparola sono stata contattata da un’amica che allora aspettava un bambino e che desiderava un mio fazzoletto da usare durante l’allattamento. È partito tutto da lì, poi sono arrivate le bomboniere, i cuscini per le fedi nuziali, le prime mostre.
Lei ha dato vita ad una scuola che è andata avanti per 18 anni, abbattendo anche uno stereotipo sulla conoscenza del merletto…
Mi sembrava giusto insegnare quello che sapevo, non sono mai stata gelosa delle mie conoscenze. C’erano alcune donne che mi chiedevano di imparare, per loro e le figlie, e così abbiamo cominciato. Era un modo per arricchire culturalmente le ragazze e dare anche un’opportunità di reddito. Purtroppo però mi sono sobbarcata tutti gli oneri del progetto e dopo 18 anni l’esperienza si è conclusa. Ma un’altra cosa importante di questa iniziativa fu quella di eliminare dalla dicitura dell’associazione la parola “femminile”, come se i merletti dovessero essere solo per le donne. In tempi non sospetti il corso diventò di “merletti e artigianato salentino”, anche perché nel frattempo era arrivato Marco, uno degli allievi migliori, e pure il mio nipotino di 11 anni cominciava ad appassionarsi.
La sua è stata una famiglia internazionale: quanto ha inciso avere radici multiculturali nella sua arte?
Mio padre ha sposato una donna tedesca, lui era un ufficiale medico e finì a lavorare nella farmacia di quello che poi sarebbe diventato mio nonno; mio zio ha sposato una donna romena che scappava dalle persecuzioni dei tedeschi. Ho anche una zia inglese e una austriaca. Io stessa ho vissuto a Milano per 15 anni, e ho fatto in tempo a eleggerla come città del cuore, poi sono tornata in Puglia. Insomma in casa abbiamo sempre vissuto nel rispetto degli altri ma non ci siamo mai uniformati, ognuno ha condotto la sua vita nella libertà delle scelte. Sicuramente ho imparato che bisogna perseverare, conoscere i propri limiti, e adesso sono fiera di averlo fatto e che qualcuno si sia accorto di me, dopo aver visto certamente anche tante altre brave merlettaie.
Quali sono i suoi progetti per il futuro, anche grazie alla collaborazione con Marco, che da allievo è diventato ormai socio?
Ho sempre pensato che il tombolo non debba finire nel dimenticatoio: con Marco è da oltre un anno che ragioniamo su dei progetti da portare avanti insieme, io con la mia esperienza e lui con la sua energia oltre che talento, e dopo l’esperienza con Dior stiamo progettando di aprire un’accademia di tombolo, oltre a creare delle linee di prodotti che spazino dai gioielli d’oro e argento con inserti in pizzo, all’abbigliamento. Insomma, non lasceremo passare questo momento che ci ha offerto anche tanta inaspettata visibilità.
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