Luciano Rech.
Da sempre con la passione di scrivere, collabora con ricerche storiche al periodico della Comunità Pastorale di Andalo, Delebio, Piantedo, Regolo con ricerche storiche sul territorio e sulla vita della bassa Valtellina. Ha scritto inoltre commenti sugli sportivi over50. Partecipa al Concorso 50&Più per la seconda volta. Vive a Delebio (So).
«Ora che gli altri se ne sono andati, lasciatemelo dire: mi meraviglio di voi caro Rinaldo! Non fraintendetemi, come ben sapete anch’io in fondo e neanche troppo in fondo, sono affascinato dal mistero.
Anche per questo amo la vostra valle, le sue montagne così suggestive con la giusta luce del giorno e per contro così minacciose dopo il tramonto; il suo lago, nel quale vi specchiate nelle mattinate serene, ma dove in certe notti non mi meraviglierei di scorgere la barca di Caronte…Non a caso qualcuno, per sostenerne gli improbabili trascorsi chiavennaschi, azzarda l’ipotesi che Shakespeare si sia ispirato a questi panorami, magici o stregati che siano, per ambientare alcune delle sue opera.
Però, quel che mi avete raccontato è più ridicolo che intrigante. Ammettetelo: un bambino di poco più di cinque anni che conversa con il nonno “Pin” defunto da oltre un mese! E questo succederebbe ogni pomeriggio di questa torrida estate e solo verso le quattro… Ma sì, ci credo che davanti alla madre, ai pochi intimi della famiglia e persino in vostra presenza, il piccolo parla, fa cenni di assenso o di diniego e guarda alla panca di granito tanto cara alla buonanima proprio come se ci fosse davvero seduto qualcuno. E non metto in dubbio che durante questi “incontri” le fronde degli alberi si agitino improvvisamente. Mi meraviglierei piuttosto del contrario vista la puntualità del vento di “Breva”.
Credetemi, è probabile che il piccolo in questi pomeriggi solitari ripeta per giuoco quanto faceva ancora recentemente. Penso che lo faccia per richiamare l’attenzione dei “grandi” se non del paese intero, cosa che a quanto mi dite, gli riesce perfettamente, nonostante il riserbo della famiglia o forse proprio per questo. Io, nei suoi genitori, l’avrei mandato per tempo in una delle belle colonie marine volute dal Duce. Avrebbe fatto bene al piccolo cambiar aria e non solo per lo iodio. E invece ogni giorno un bello spettacolino per bigotti in buona fede e meschine malelingue!
Scommetto che qualche poveraccio già dice in giro che in fondo nessuno sa come il Sciür “Pin” abbia fatto fortuna e si consola della propria miseria convincendosi che, prima o poi, la giustizia divina arriva implacabile. D’altra parte le avete sentite anche voi le comari “bisbigliare” che se il prevosto gli aveva tolto il saluto al vecchio aveva certamente le sue buone ragioni. Lo so anch’io che il “Pin” preferiva le partite di bocce al “dopolavoro” alle funzioni religiose e so anche che sorrideva del risentimento del parroco, ma da qui a condannare il poveretto a tornare dall’aldilà ogni giorno ce ne passa…. Ma ditemi, nessuno l’ha chiamato il prete per benedire la panca? Sono convinto che il curato, ottuso che sia, se non altro potrebbe intimorire con i suoi rituali il bambino convincendolo così a rinunciare spontaneamente alle sue “visioni”. E poi, diciamocelo, una bella benedizione soddisferebbe le aspettative delle beghine.
Che cosa avete Rinaldo, vi siete offeso? Dai…avete una cultura decisamente superiore alla media, grazie al vostro ingegno fate mille lavori, vi siete addirittura meritato il titolo “maestro” dell’amatissima banda musicale del paese e scivolate ancora nelle superstizioni? Ma sì, ho capito, la dovete fare la parte da buon cristiano quale siete. E ditela pure una preghiera che male non fa di sicuro. Mica vi critico per questo, anzi lo sapete benissimo che ve la invidio la vostra fede…
Però non dimenticate che la Chiesa, se per un verso riconosce tanto le visioni soprannaturali dei mistici e dei santi, quanto quelle degli indemoniati, dall’altro condanna la superstizione e diffida i suoi ministri dal dar credito a certe fesserie. Proprio come quella commessa da quel prete di queste parti, di cui mi avete spesso parlato con sana ironia che anziché educare con la buona novella i suoi parrocchiani, ne ha alimentato la credulità approntando lo scenografico e certamente non autorizzato, esorcismo grazie al quale avrebbe confinato fra le rocce della Valle dei Ratti l’anima senza pace di un commerciante “ritenuto” disonesto e sporcaccione. Ricordate quel ridicolo rito? I più sprovveduti vi hanno creduto al punto che ancor oggi quando si attardano in quella valle, sono convinti di distinguere nel sibilare del vento i lamenti del dannato.
Diamine Rinaldo! Siamo nel 1939: gli architetti Italiani sono all’avanguardia, Italo Balbo ha sorvolato l’Atlantico con i migliori idrovolanti del mondo, si è conquistata l’Abissinia e qui, in un tranquillo villaggio sul lago di Mezzola, a due ore e mezzo di treno da Milano e a non più di quindici dalla Roma in fermento per l’Esposizione Universale del 1942, si dà ancora credito a queste cose! Intendiamoci, nessuno nega il verificarsi di fatti apparentemente inspiegabili, neppure i materialisti più incalliti ma, credetemi, meglio lasciare questo becero spiritismo ai salotti dei ricchi e annoiati anglosassoni e parlar d’altro.
A proposito, devo scusarmi per ieri sera: mi avete ospitato con tanta cortesia e mi sono accomiatato con troppa fretta dalla vostra tavola. Sapete, non ho resistito al desiderio di uscire per godermi la frescura della sera e rivedere gli angoli di questo suggestivo paesino. Speravo di incrociare qualche amico d’infanzia sopravvissuto come noi alla grande guerra e all’epidemia di spagnola e invece… sono finito ancora una volta in riva al lago, sulla poca ghiaia vicina alla foce del Vallone.
Sì, sì, avete indovinato, proprio lì, sul luogo della tragedia. Ci sono stato per ore a rivivere quel dramma orrendo, inquietante e, questo sì, crudelmente reale. Volete che finalmente ve ne parli vero? E sia, lo farò, anche se mi tormenta il ricordo di quella sera di appena un anno fa.
Già sapete che accompagnavo la povera Varena in una delle sue rarissime uscite perché mi ero offerto di sollevare per qualche ora il marito e i figlioletti dalla sua demenza tutt’altro che abulica.
La tenevo tranquilla parlandole di tante cose: del passato, del lago lungo il quale passeggiavamo, così bello nell’ultima luce del giorno, persino della Santa vivandiera della legione Tebea dalla quale aveva preso il nome… Non so come, ma mi ascoltava silenziosa e attenta, sembrava proprio che mi capisse.
Per un attimo aveva persino sorriso la bella Varena, perché quella sera, nonostante tutto, bella lo era veramente. Non ve l’ho mai confessato, ma mi turbava vestita di scuro, con il volto, il collo, le braccia, le caviglie, di un pallore incredibile, ma non “malato”, piuttosto… non so come dire… lunare, seducente, sensuale. Sì, sensuale è il termine giusto!
E poi… eccola agitarsi, urlare frasi senza senso, liberarsi di colpo della mia mano, scivolare, finire in acqua, dibattersi per pochi attimi e sparire… Sparire per sempre, come avrebbe voluto… perché credetemi, non so per quale profetica intuizione, era terrorizzata da una tale prospettiva. Me lo aveva confidato lei stessa tanto tempo fa che avrebbe preferito la morte a giorni privi di una vita dignitosa. Forse il caso l’ha esaudita mandandola in cielo.
Ma perché mi guardate così? Come, come? Dite che comunque non è mai capitato che qualcuno annegasse a pochi metri dalla riva in compagnia di un abile nuotatore, capace, poco dopo, di recuperare da solo e ormai al buio il corpo inerme di una donna a tre metri di profondità.
Rinaldo con tutto il rispetto che vi devo, ditemi dove volete arrivare? Si è vero, in gioventù nuotavo bene, ma vi rendete conto di quanto tempo è passato? E poi, non è forse accertato che le peggiori tragedie capitano proprio nelle situazioni più impensabili? Lo hanno riconosciuto anche il Maresciallo dei carabinieri, il medico condotto e lo stesso parroco. Persino i famigliari pur stravolti dal dolore e dalla rabbia, si sono infine convinti che è stata una fatalità…
Insistete ancora a guardarmi male? State scherzando vero Rinaldo, o invece credete che io in qualche modo abbia… insomma… vi siete convinto che io abbia “assecondato” di proposito il desiderio di Varena?
No, vi conosco troppo bene, voi non state affatto scherzando…».
Dopo quella conversazione l’uomo non si rivide più in paese. A Rinaldo non mancarono affatto le sue visite prima d’allora sempre gradite. Poi, con l’avvento della guerra, nessuno parlò più del piccolo visionario, del vecchio prete esorcista o di altre vicende inquietanti. Anche la povera Varena fu presto dimenticata.
Non così accadde per le ipotesi accennate, seppur con scetticismo, dal conoscente di Rinaldo sulla presenza di Shaeskpeare nella valle del fiume Mera. Dopo la guerra, grazie all’interesse dei mass media, tali tesi ripresero ad animare, persino qui in un villaggio di poche anime, le conversazioni dei pochi interessati alla vita del poeta e dei molti semplicemente affascinati dal passato della loro terra.
Ancor oggi Tresivio (Valtellina) e Soglio, località svizzera nell’alto corso della Mera (Val Bregaglia), si onorano, a torto o ragione, di aver ospitato il Bardo di Avon, alias Michelangelo Florio da Messina alias Guglielmo Crollolanza e per qualcuno addirittura alter ego del letterato John (Giovanni) Florio, questo sì di indubbie origini italiane.