L’Enpa contrasta la proposta di una black list canina delle razze pericolose, sottolineando l’importanza dell’educazione e del controllo dei proprietari. Piuttosto chiede misure efficaci, proporzionate e non discriminatorie per la sicurezza pubblica e il benessere animale
Una lista nera per le razze canine pericolose non è necessaria. Lo ribadisce L’Enpa (Ente nazionale protezione animali) giudicandola basata su presupposti errati e inefficaci. In una nota, infatti, sottolinea come “la proposta, che introduce una ‘lista nera’ di razze canine considerate pericolose, ignora completamente i fattori sociali e gestionali alla base del fenomeno. Rischia così di aggravare il problema dell’abbandono e del sovraffollamento nei canili, senza offrire soluzioni concrete per la sicurezza pubblica e il benessere animale”.
Aumentano i cani “pericolosi” nei canili, ma la colpa non è della razza
Negli ultimi anni, i canili sanitari e i rifugi hanno registrato un notevole incremento di cani molossoidi e terrier di tipo bull, considerate razze pericolose. Questo fenomeno deriva da una gestione inadeguata da parte di proprietari non preparati, sequestri per maltrattamento e l’utilizzo illecito di questi animali in attività criminali. Tuttavia, è fondamentale sottolineare che attribuire una maggiore pericolosità a determinate razze è un errore privo di fondamento scientifico. Tale approccio non considera l’ambiente e il contesto sociale in cui i cani vengono allevati e tenuti.
Per la Costituzione la legge non può basarsi sulle razze
Inoltre, continua l’Associazione, una normativa basata su tali presupposti si scontrerebbe con l’articolo 9 della Costituzione italiana. Questo, infatti, tutela il benessere animale e richiede una legislazione che promuova la protezione degli esseri viventi attraverso misure efficaci, proporzionate e non discriminatorie. Mentre è discriminatorio stabilire a monte quali siano le razze pericolose.
Il precedente del 2009
Nel 2006, il Ministero della Salute aveva stilato una lista di razze canine considerate pericolose. Tale elenco, però, è stato abolito nel 2009 a causa della sua natura discriminatoria e della mancanza di basi scientifiche. Il Ministero ha poi stabilito che la responsabilità del benessere e del controllo del cane ricade interamente sul proprietario. Riproporla non avrebbe senso. Si attribuirebbe erroneamente la pericolosità a specifiche razze, ignorando che il comportamento di un cane dipende principalmente dall’educazione e dalla gestione del proprietario. Nonché dalla socializzazione, dall’addestramento e dall’ambiente in cui cresce.
Le restrizioni sulle razze ‘pericolose’ peggiorano la situazione
In secondo luogo, l’introduzione di restrizioni ingiustificate porterebbe a un aumento degli abbandoni e dei sequestri, sovraccaricando i canili e le strutture di accoglienza. Con conseguente collasso di tali strutture e aumento dei costi per enti locali e associazioni di volontariato. Infine, la proposta non prevede alcuna strategia di prevenzione sociale e controllo del fenomeno criminale. Ignorando il legame tra il possesso irresponsabile di alcune tipologie di cani e fenomeni di devianza sociale. L’assenza di un’adeguata prevenzione e di un maggiore coinvolgimento delle forze dell’ordine potrebbe così favorire la strumentalizzazione di questi animali per attività illecite.
Non esistono a monte razze pericolose
L’Ente sollecita una revisione della proposta di legge che tenga conto di criteri di sicurezza fondati sull’analisi del comportamento animale e dell’idoneità del proprietario. Chiede un maggiore investimento nella gestione dei rifugi e nel supporto alle adozioni, con finanziamenti mirati per prevenire il sovraffollamento e favorire adozioni responsabili. Inoltre, un rafforzamento delle misure di prevenzione sociale e del contrasto al possesso illecito di cani, attraverso una maggiore collaborazione tra forze dell’ordine, servizi sociali e veterinari.
Sterilizzazione e stop alla vendita online: l’Enpa contro le razze pericolose
L’Enpa promuove la sterilizzazione come strumento per contrastare la riproduzione incontrollata, disincentivando la vendita online di animali, spesso correlata a una conoscenza insufficiente della provenienza. Incentivando campagne di sterilizzazione per ridurre le cucciolate indesiderate che finirebbero per alimentare i casi di razze considerate pericolose perché maltenute. Infine, si propone l’istituzione di un gruppo di lavoro tecnico, composto da professionisti qualificati e associazioni animaliste, per affrontare in modo competente e inclusivo la questione.
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