Il Rapporto Svimez regala una fotografia della condizione economica del Mezzogiorno d’Italia nel 2022 e fornisce proiezioni per il prossimo anno. I dati.
Il 2022 avrebbe dovuto essere l’anno della ripresa post Covid, invece un nuovo shock globale, innescato dalla guerra in Ucraina, ha rallentato la ripresa, in particolare nel Sud Italia, penalizzando famiglie e imprese. E il 2023 rischia di segnare l’inizio di una recessione per le regioni meridionali. A dirlo è il Rapporto Svimez, l’Associazione per lo sviluppo dell’industria del Mezzogiorno, che come ogni anno ha fotografato la situazione economica del Meridione, evidenziando una forbice sempre più ampia fra Nord e Sud.
Il caro energia
Gli effetti dell’aumento dei prezzi dei beni energetici, primo fra tutti il gas, stanno dando luogo a impatti fortemente asimmetrici sulle famiglie, penalizzando soprattutto quelle che vivono nelle regioni del Sud, soprattutto tra i nuclei a basso reddito, che nelle regioni meridionali rappresentano un terzo del totale.
Il lavoro
Dopo la flessione del 2020, il lavoro a tempo determinato è tornato a crescere superando i livelli pre-pandemia. Se nel 2008 i lavoratori part-time non per scelta erano 1,3 milioni, nel 2022 sono arrivati a 2,6 milioni, e nel Mezzogiorno rappresentano l’80%del totale dei lavoratori a tempo parziale. I contratti a termine restano i più diffusi fra donne e giovani del Sud: il 25,6% delle donne e il 42,7% dei 15/34enni restano nel mercato del lavoro con queste formule, e sono i soggetti più colpiti anche dalle basse retribuzioni, che nel Mezzogiorno si sono ridotte del 9,4% contro il 2,5% del Centro-Nord.
Lo squilibrio demografico e la popolazione anziana
Se la popolazione totale in Italia è cresciuta di un milione e 990mila residenti negli ultimi vent’anni, nel Mezzogiorno si è registrato un calo di oltre 673mila abitanti, a fronte di un aumento di 2 milioni e 663mila nel Centro-Nord. Questa diminuzione nel Sud, dovuta all’emigrazione interna, è stata solo in parte compensata dalle migrazioni internazionali. La tendenza al calo demografico si è ulteriormente aggravata con la pandemia, con il 6,5% di persone in meno al Sud contro il 3,1% al Centro-Nord.
Nei prossimi decenni la struttura demografica tenderà a concentrarsi ulteriormente nelle classi di età anziane, determinando una vera recessione demografica, e entro il 2027 tutto il Paese sarà meno popolato e più vecchio. Oltre la metà delle perdite nazionali si concentrerà nel Mezzogiorno, determinando un ulteriore deficit aggravato dai flussi migratori Sud-Nord.
Se nel 2002 l’indice di vecchiaia (rapporto fra la popolazione di età pari o superiore a 65 anni su quella inferiore ai 15 anni) era del 96,9% al Sud e del 157% al Centro-Nord, nel 2021 è stata rispettivamente del 168% e del 189,8%, con la previsione che nel 2070 il Sud raggiunga il 329,7% e il Centro-Nord il 280,8%.
Il rischio esclusione sociale
Nel 2021, dopo due anni di pandemia, le persone a rischio di povertà ed esclusione sociale in Italia erano poco meno di 15 milioni, in pratica una su quattro (25,4%). Una percentuale molto elevata, che al sud sale al 41,2%. Se nel 2021 la povertà assoluta è più diffusa fra le famiglie numerose, attestandosi a livello nazionale all’11,6% per quelle con quattro componenti e al 22,6% per quelle con cinque e oltre, nel Mezzogiorno i livelli sono ancora più elevati: una famiglia numerosa su quattro è povera (24,9% per cinque o più componenti, 14,3% per quattro componenti).
Fra i lavoratori dipendenti le incidenze di povertà per l’Italia e per il solo Sud raggiungono rispettivamente il 7,5% e l’8,6%. Più elevata che nel resto d’Italia è anche la percentuale di famiglie povere in cui la persona di riferimento è in cerca di occupazione: a livello nazionale è povera una su cinque, nel Sud una su quattro.
Il quadro delineato dal Rapporto mette in luce la necessità di lavorare a livello politico contro il caro energia, per mitigarne gli effetti sui più fragili, e per salvaguardare anche l’operatività delle imprese, cercando di migliorare la qualità dell’occupazione e di mettere in sicurezza l’attuazione del Pnrr dove siano già stati previsti degli interventi.
© Riproduzione riservata