Gli effetti del progressivo invecchiamento della popolazione si fanno sempre più evidenti e sono destinati ad accentuarsi nei prossimi anni.
Il Rapporto Istat 2023 fotografa una situazione demografica caratterizzata da un progressivo calo delle nascite che, per la prima volta dall’unità d’Italia, nel 2022 scendono al di sotto delle 400 mila unità, a fronte di 713 mila decessi.
I numeri della popolazione residente
Al primo gennaio 2023 i residenti risultano essere 58 milioni e 851 mila, 179 mila in meno rispetto all’inizio dell’anno precedente. La dinamica demografica è stata influenzata da fattori come l’uscita dallo stato di emergenza sanitaria, l’aumento dei cittadini stranieri in cerca di protezione umanitaria a causa della guerra in Ucraina e l’eccesso di caldo dei mesi estivi che ha colpito in particolare la popolazione anziana.
Le nascite si sono ridotte dell’1,1% rispetto al 2021 e il tasso di fecondità del 2022 ha segnato il ritorno ai livelli del 2020, con una media di 1,24 figli per donna, restando comunque al di sotto del periodo pre-Covid (nel 2019 il tasso di fecondità era 1,27).
Se si considera la generazione dei nati negli anni Cinquanta e Sessanta e quella dei loro figli nati negli anni Novanta, i dati Istat rivelano che la platea dei potenziali genitori si è oggi dimezzata. Inoltre, la diminuzione del numero medio di figli per donna è condizionata da una genitorialità che si raggiunge in età sempre più avanzate.
Rapporto Istat 2023: la longevità
Nel 2022, i livelli di sopravvivenza della popolazione restano inferiori a quelli del periodo pre-pandemia, con una perdita di circa 7 mesi di vita rispetto al 2019. Ad oggi, l’aspettativa di vita alla nascita è di 80,5 anni per gli uomini e di 84,8 per le donne. Dal 2021 gli uomini hanno recuperato circa 2 mesi e mezzo di vita, mentre per le donne il valore è rimasto invariato.
Il dato interessante in termini di longevità è che nonostante l’altissimo numero di decessi legati al Covid degli ultimi tre anni (pari a 2 milioni e 150 mila persone), l’età media della popolazione è salita da 45,7 anni all’inizio del 2020 a 46,4 all’inizio di quest’anno. Così, gli over 65 rappresentano quasi un quarto della popolazione totale. I residenti fra i 15 e i 64 anni scendono al 63,4% e i bambini e ragazzi fino a 14 anni al 12,5%. Al primo gennaio 2023 il numero degli ultracentenari raggiunge i massimi livelli storici con 22 mila persone, oltre 2 mila in più rispetto all’anno precedente. L’80% dei grandi anziani sono donne.
Gli scenari del prossimo futuro
La previsione è che nel 2041 gli ultraottantenni supereranno i 6 milioni e gli ultranovantenni saranno circa 1,4 milioni. Si tratta di una situazione demografica che, secondo l’Istat, mette a rischio la sostenibilità del sistema Paese. Negli ultimi vent’anni la popolazione delle aree interne è diminuita perché la forte emigrazione non è stata compensata da flussi in entrata e i residenti rimasti stanno progressivamente invecchiando, con problemi legati alla carenza di servizi. È poi aumentato il rapporto tra anziani e giovani in età da lavoro: nelle aree interne ci sono in media 122 residenti di 65 anni ogni 100 giovani di età compresa fra i 15 e i 34 anni contro i 73,6 del 2002. Inoltre, in molti comuni degli Appennini si superano i 160 senior ogni 100 giovani.
La sfida per i giovani
L’aumento degli anziani pone sfide importanti rispetto alla necessità di garantire benessere e assistenza a una fascia di popolazione sempre più numerosa. D’altro canto l’Italia non può prescindere dalla valorizzazione dei giovani, sempre più vulnerabili e poco attivi nella vita economica e sociale del paese. Nel 2022, quasi un giovane su due ha mostrato almeno un segnale di deprivazione a causa delle esperienze lavorative frammentarie e della scarsa mobilità sociale che compromettono la realizzazione individuale e la partecipazione nei settori della politica o della cultura. Investendo sul benessere delle nuove generazioni, si può cercare di correggere lo scarso ricambio generazionale valorizzando i giovani.
Tra il 2004 e il 2022 il tasso di occupazione tra i 15 e i 34 anni si è ridotto dell’8,6% e oggi è al 43,7%. Per i 50-64 enni è invece aumentato del 19,2%. L’occupazione qualificata, invece, cresce poco rispetto alla media europea e oggi rappresenta solo il 36% del totale contro il 47% della Germania e il 49% della Francia. In Europa siamo secondi solo alla Bulgaria per età media – elevata – degli occupati.
La povertà energetica
Una popolazione sempre più anziana, e con giovani vulnerabili, si è rivelata anche più esposta alla cosiddetta povertà energetica, causata dall’aumento dei prezzi dell’energia che ha toccato il 72,4%, il valore più alto fra quelli delle maggiori economie europee. Oggi il 17,6% delle famiglie a rischio povertà non è in grado di pagare il riscaldamento della propria abitazione e il 10,1% ha delle bollette arretrate. In questo scenario, i bonus erogati per sopperire ai costi dell’energia hanno migliorato la situazione solo di 2 punti percentuali.
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