L’ultimo Rapporto Inapp mostra come in Italia gli over 65 invecchino meglio, siano più longevi e meno poveri.
Il Rapporto Nazionale sull’attuazione del Piano di azione internazionale di Madrid sull’invecchiamento, è il lungo titolo di un documento realizzato dall’Inapp. L’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche, con questa ricerca, ha svolto il ruolo di supporto tecnico-scientifico al ministero del Lavoro e delle Politiche sociali per la Conferenza Unece, che si terrà dal 15 al 17 giugno a Roma.
La più numerosa popolazione di over 65 d’Europa
Tra i paesi dell’Unione europea l’Italia è lo stato con la più alta percentuale di over 65: il 23,5% della popolazione, mentre gli ultraottantenni sono il 7,6% del totale. La buona notizia è che la pandemia da Covid-19 non ha rallentato il processo di invecchiamento dei suoi cittadini, la cui età media è 46 anni. Non solo la società italiana è più longeva, ma invecchiare nel nostro Paese oggi, rispetto a 20 anni fa, significa ben altro. Vuol dire poter contare su una maggiore occupazione (+11%); avere più autonomia e indipendenza (+3,3%); una miglior prospettiva di salute (+9,1%); un rischio povertà più contenuto (-7,4%).
Rapporto Inapp: gli over e il lavoro
Il Rapporto sottolinea la crescita della fascia più matura della popolazione nella forza lavoro (peraltro un trend comune in tutta Europa). Infatti il peso degli over 50 sul totale degli occupati è passato dal 21,6% del 2002 al 38,5% del 2020. Con una preponderanza della componente femminile rispetto a quella maschile. Contemporaneamente è cresciuta la quota di disoccupati over 45, uomini e donne, rispettivamente il 33,4% e il 32% delle persone attivamente alla ricerca di un lavoro.
Diseguaglianze e nuove politiche per l’invecchiamento
Per Sebastiano Fadda, presidente Inapp, il quadro evidenzia ancora una disparità di genere all’interno della società. Una diseguaglianza che si manifesta all’esterno – nei servizi di cura -, ad esempio. Ma anche all’interno degli schemi familiari, come nel rapporto di coppia. Le trasformazioni del lavoro e dei processi di sviluppo della vita sociale, i rapporti intergenerazionali e la struttura demografica influenzano i modelli culturali. Per questo – afferma – è necessario coordinare e integrare tutte le politiche per l’invecchiamento. Così nelle diverse funzioni come nei diversi ambiti di intervento, in modo da favorire la realizzazione di azioni coerenti con gli obiettivi dello sviluppo sostenibile.
Povertà dimezzata
Grazie al sistema pensionistico pubblico, con l’innalzamento dell’età pensionabile, gli over 65 hanno contenuto il rischio di impoverimento. La percentuale salva dal rischio di povertà si è ulteriormente ampliata (dall’88,5% del 2010 a 92,4% del 2020). Un numero sempre più ampio di anziani oggi gode infatti di una vita autonoma ed indipendente (+3,31%) e ha una salute in costante miglioramento. In aggiunta, la percentuale degli anni in buona salute sull’aspettativa di vita dopo le 55 primavere è cresciuta per entrambi i generi di 9,1 punti.
Il welfare familiare e la legislazione regionale
Nonostante le trasformazioni all’interno della società e della famiglia, le generazioni anziane restano un pilastro del welfare ”informale”. Questo grazie al loro contributo ai redditi familiari, alla cura verso i nipoti e persino ad altri anziani o disabili, spesso il proprio coniuge. Per questo circa la metà delle Regioni italiane ha votato una legge sull’invecchiamento attivo. Anche se l’attuazione di queste normative soffre di carenze strutturali – in particolare nei servizi sociali – resta la capacità e la volontà di predisporre politiche e interventi che valorizzino un invecchiamento attivo nella comunità.
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