Il settore dei servizi alle persone e alle famiglie rappresenta il 3,4% dell’occupazione totale dell’Unione Europea, con oltre dieci milioni di lavoratori, dei quali 6,6 formalmente dichiarati
I dati sulla dimensione economica di questo comparto lavorativo sono stati forniti dal Secondo Paper Rapporto 2024 di Family Network “Integrazione dei migranti, professionalizzazione e attrattività nel settore domestico” appena presentato.
Un settore non omogeneo secondo il Rapporto Family Network
I lavoratori del settore non costituiscono un gruppo omogeneo, perché nel 40% dei casi sono impiegati in maniera diretta dalle famiglie, alloggiando presso il datore di lavoro o con un proprio domicilio; nel 60% sono assunti attraverso fornitori di servizi come enti pubblici, cooperative e aziende private.
Le donne rappresentano oltre il 90% degli occupati, spesso con contratti part time. Il 39% è over 50, il 54,6% proviene da paesi extraeuropei.
La varietà non riguarda solo i contratti ma anche le attività svolte. Nel 56% dei casi si tratta di assistenza alle persone con disabilità, oppure di assistenza all’infanzia; nel 44% si tratta di assistenza indiretta, come le pulizie della casa, il supporto educativo ai minori, il giardinaggio.
Il lavoro sommerso, una piaga del settore di cura e assistenza
Nonostante la varietà dei modelli occupazionali, permane nel settore una forte presenza di lavoro irregolare. Secondo un’indagine di Eurobarometro (dati 2020) il 34% del sommerso in UE riguarda proprio i servizi alle persone e alle famiglie. Esistono poi i casi di lavoro parzialmente dichiarato, per un numero di ore lavorate inferiore a quelle effettivamente svolte.
Carenza di manodopera e impiego di cittadini stranieri
Secondo la Commissione Europea, il settore sarà fra quelli che maggiormente soffriranno di una carenza di manodopera nel prossimo futuro, e la probabilità che un cittadino straniero lavori in un ambito dove manca il personale è più alta dell’8,7%, soprattutto se deve svolgere mansioni poco qualificate. Eppure solo pochi stati membri dell’UE offrono permessi di lavoro per il settore dei servizi alla persona. In generale mancano adeguati percorsi regolari per la migrazione, e dove esistono sono molto restrittivi. In paesi come la Spagna l’elenco delle occupazioni carenti non comprende i lavoratori domestici. Altri casi, come Austria e Belgio, vedono applicate soglie di reddito per l’ingresso che risultano troppo alte per la maggior parte dei migranti. In Repubblica Ceca l’accesso è consentito solo ai cittadini di 9 paesi, in Germania di 6.
L’esempio francese
In Francia è stato lanciato “Lab Migration”, un progetto per rispondere al bisogno di manodopera qualificata rivolto ai cittadini stranieri con un livello base di francese. A loro è offerto un percorso di inclusione e formazione obbligatoria per le professioni di baby sitter, badante, addetto alle pulizie e assistente per l’infanzia.
Le priorità della prossima legislatura Ue
Tra le priorità per il settore dell’assistenza familiare, quelle individuate dal Rapporto per la prossima legislatura UE potrebbero essere la cooperazione con i Paesi d’origine e di transito in materia di immigrazione, l’aumento della partecipazione al mercato del lavoro, la riduzione della disparità sociale.
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