Prima la pandemia, poi l’aumento del costo della vita, la guerra in Ucraina e l’impennata dei costi dei servizi energetici. Secondo l’ultimo Rapporto Censis l’Italia è un Paese che resta in una situazione di latenza, in attesa di risposte.
Il 56°Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese descrive una società caratterizzata dalla paura di essere esposta a rischi globali. La quasi totalità degli italiani, il 92,7%, ritiene che l’inflazione durerà a lungo, il 76,4% pensa che non potrà contare su aumenti significativi delle entrate familiari, il 69,3% teme che il proprio tenore di vita si abbasserà (con una percentuale che raggiunge il 79,3% fra chi ha già un basso reddito).
Cresce il rifiuto per i privilegi, per le eccessive differenze di retribuzione fra dipendenti e dirigenti (per l’87,8%), per le buonuscite dei manager (86,6%), le tasse troppo esigue pagate dai colossi del web (84,1%), per i facili guadagni degli influencer e delle celebrità (78,7%). Ciononostante non si registrano mobilitazioni collettive, scioperi, movimenti di piazza, ma ognuno si ritira nel suo privato, e sempre più spesso non va più nemmeno a votare (tra le elezioni politiche del 2006 e quelle del 2022 i non votanti sono cresciuti del 102,6%, tra il 2018 e il 2022 sono cresciuti del 31,2%).
Un’epoca di rischi
L’84,5% degli italiani è convinto che eventi geograficamente lontani possano cambiare improvvisamente la propria quotidianità; il 61,1% teme un conflitto mondiale, il 58,8% che si ricorra alle armi nucleari. In generale, cresce l’insicurezza per la guerra, la crisi economica, i virus, l’instabilità dei mercati internazionali, gli eventi climatici catastrofici, gli attacchi informatici su vasta scala.
In questo clima di incertezza non si è più disposti a fare sacrifici: l’81,5% del campione dichiara di vestirsi secondo i canoni della moda, il 70,5% di acquistare prodotti di prestigio, il 63,5% di investire per sembrare più giovani. Il 36,4% non è più disposto a sacrificarsi per la carriera e per un guadagno superiore. Il 54,1% ha la forte tentazione di restare passivo.
Il rischio diventa privato
Il 53% degli italiani ha paura di diventare non autosufficiente, il 51,7% teme di diventare vittima di reati, il 47,7% non è sicuro di poter contare su redditi sufficienti per la vecchiaia, il 47,6% è preoccupato per un’eventuale perdita del lavoro, e il 43,3% teme di incorrere in incidenti o infortuni e di dover pagare di tasca propria le prestazioni sanitarie impreviste.
Le nuove fragilità
Il nuovo Rapporto Censis traccia anche la mappa delle nuove fragilità a partire dalle famiglie che vivono in condizioni di povertà assoluta, il 7,5% del totale, più di 1,9 milioni. Il calo demografico intanto si riflette nelle presenze in calo nelle scuole, dato che negli ultimi cinque anni gli alunni sono passati da 8,6 a 8,2 milioni (-4,7%). Anche nelle università le immatricolazioni sono diminuite del 2,8%, e la previsione è che tra dieci anni la popolazione di 3-18 anni passerà dagli attuali 8,5 a 7,1 milioni.
Il futuro incerto dei pensionati
Il ritorno dell’inflazione ha collocato i pensionati fra i più esposti all’erosione del potere d’acquisto: solo il 38,7% di loro si sente economicamente tranquillo per affrontare il futuro (nel 2019 era il 68,2%). La nuova condizione di fragilità dei pensionati rischia di mettere in crisi il “silver welfare” a supporto dei figli e dei nipoti, e alimenta anche la paura di non essere coperti in caso di malattia e della necessità di ricorrere a prestazioni sanitarie.
Più di 16 milioni di pensionati attivano una spesa complessiva di oltre 312 miliardi di euro l’anno, ma esistono differenze significative nei redditi che espongono alcune fasce a criticità maggiori rispetto ad altre.
Le criticità del Servizio sanitario nazionale
Se nel 2020 il Fondo sanitario nazionale è aumentato per fronteggiare l’emergenza Covid, si prevede che l’incidenza del finanziamento scenderà al 6,2% del Pil nel 2024, dal 7,3% del 2020. Nel frattempo continua a diminuire il rapporto medici/abitanti, passato dal 2008 al 2020 da 19,1 a 17,3 ogni 10mila residenti.
L’età media dei medici del Servizio sanitario nazionale è di 51,3 anni, il 28,5% ha più di 60 anni e si avvicina al pensionamento: degli attuali 41.707 medici di base, quasi 12mila andranno in pensione entro il 2027.
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