I cittadini stranieri residenti in Italia (dati Istat aggiornati al primo gennaio 2023) sono 5.050.257: il 59,1% risiede al Nord, il 24,5% al Centro, l’11,7% al Sud e il 4,6% nelle Isole. La Lombardia ne ospita il maggior numero (23,1%), seguita da Lazio (12,2%), Emilia Romagna (10,9%), Veneto (9,8%) e Piemonte (8,2%).
Come ogni anno il Rapporto Caritas Migrantes fotografa la situazione delle persone provenienti da altri Paesi che vivono in Italia. La 32esima edizione del Rapporto è stata presentata nei giorni scorsi. Lo slogan di quest’anno ‘Liberi di scegliere se migrare o restare‘.
Nazioni di provenienza
Un cittadino straniero su cinque nel nostro paese è romeno, mentre i marocchini sono l’8,4% e gli albanesi l’8,3% del totale. Fra le provenienze asiatiche, cinesi e filippini sono in diminuzione, mentre gli arrivi più recenti sono quelli di pakistani e bengalesi.
Il lavoro: i dati nel Rapporto Caritas Migrantes
Il tasso di occupazione dei cittadini di paesi extraeuropei è del 59,2%, con l’aumento più consistente nel settore del turismo e della ristorazione (rispettivamente +16,8% e +35,7%), e nelle costruzioni (+13,8%). L’agricoltura resta comunque il settore di maggiore incidenza di lavoratori stranieri (39,2% del totale). Le nazionalità dove si rileva un aumento occupazionale più consistente sono quelle albanese, marocchina e cinese. Ma anche peruviani, filippini e ucraini mantengono un tasso annuo di occupazione superiore alla media non-Ue del 59,2%. Le percentuali più basse si registrano fra marocchini, nigeriani e pakistani.
Il 75,2% degli occupati extra-Ue è un operaio, mentre solo una persona su dieci è un impiegato e lo 0,1% è un dirigente. Le imprese individuali che hanno come titolare un cittadino non comunitario sono 390.511, il 12,8% del totale.
Livello di istruzione
Fra i lavoratori stranieri prevalgono quelli con un titolo di studio secondario inferiore, mentre i laureati sono appena il 10,6% del totale (contro il 25,8% degli italiani). Fra le maggiori difficoltà riscontrate nella ricerca del lavoro ci sono la conoscenza della lingua italiana, le discriminazioni dovute alla propria origine, la mancanza del permesso di soggiorno o della cittadinanza, il mancato riconoscimento del titolo di studio conseguito all’estero.
Fra gli studenti, quelli di altre cittadinanze sono 872.360 (dati relativi all’anno scolastico 2021/2022), circa 7 mila alunni in meno rispetto all’anno precedente. La maggior parte di loro proviene da paesi europei (il 44,1% del totale), seguiti da paesi africani, asiatici e americani. Nelle università la presenza è del 6%, e coloro che sono arrivati in Italia dopo il diploma sono il 3,4% del totale.
Povertà e disuguaglianze
Come conferma il Rapporto Caritas Migrantes di quest’anno, i cittadini stranieri sono l’utenza prevalente dei centri d’ascolto, e un milione e 600 mila persone vivono in uno stato di povertà assoluta, e la situazione è peggiorata dopo la pandemia. Le famiglie immigrate in difficoltà economica rappresentano un terzo del totale dei nuclei familiari in sofferenza in Italia. Accanto alla fragilità di chi non ha un lavoro, si aggiunge anche quella di una parte degli occupati meno qualificati, che tra gli stranieri sono il 31,1%.
Discriminazioni
I cittadini stranieri in carcere nel 2022 erano 17.683 (16.961 uomini e 722 donne) su un totale di 56.196, pari al 31,4% della popolazione carceraria. Provengono da paesi europei 5.801 detenuti, dal Marocco 3.577, dalla Tunisia 1.797. I reati più comuni sono quelli contro il patrimonio, seguiti da quelli contro la persona, relativi a sostanze stupefacenti, contro la pubblica amministrazione.
Ma se nel discorso pubblico l’immigrazione è spesso associata al tema della sicurezza, rileva il Rapporto, quando il migrante è vittima di reato la narrazione diventa assente. Eppure i cittadini stranieri che hanno denunciato un furto nel 2021 sono stati più di 60 mila, senza contare i danneggiamenti e le frodi informatiche. Nello stesso anno 967 donne hanno sporto denuncia per violenza sessuale.
Anche se le voci delle persone straniere sono cresciute nell’informazione italiana, siamo ancora lontani dalle pari opportunità e orientati all’allarmismo.
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