Si tratta di quasi il 10% della popolazione residente nel nostro Paese nel 2021, circa 2 milioni di famiglie. Nella maggior parte delle quali, la povertà si tramanda di genitore in figlio. Una pesante eredità che ipoteca il futuro dei giovani più bisognosi.
Per il secondo anno dall’inizio della pandemia, l’Italia detiene il record storico di poveri. Nel 2021 le famiglie in povertà assoluta sono state 1 milione e 960mila. Cinque milioni e 571mila le persone senza mezzi sufficienti per condurre una vita dignitosa. È il bilancio del 21° Rapporto su povertà ed esclusione sociale realizzato da Caritas Italiana, presentato lo scorso 17 ottobre in occasione della Giornata internazionale di lotta alla povertà.
Una società che emargina gli “anelli deboli”
“L’anello debole” il titolo del report, per puntare i riflettori sulla “persistenza in ogni tempo e in ogni latitudine di anelli deboli della famiglia umana – si legge nell’indagine – che, sganciati da meccanismi di solidarietà e accompagnamento, rischiano di isolarsi e staccarsi dal resto della compagine sociale. E in effetti, superata la fase positiva di riscoperta del senso di empatia nei confronti di chi stava soffrendo a causa della pandemia, stiamo di nuovo osservando il riaffiorare di sentimenti e atteggiamenti di discriminazione e di intolleranza verso coloro che stanno peggio, che segnano il passo, che vivono situazioni di fragilità ed esclusione delle quali il più delle volte non sono oggettivamente responsabili”.
Un fenomeno che si verifica non solo negli spazi dell’emarginazione, ma anche nel tempo che scorre fra le generazioni, determinando, come approfondiremo più avanti, una povertà sempre più “ereditaria o intergenerazionale”.
Nel 2021 quasi 1 cittadino su 10 in povertà assoluta
Secondo i dati elaborati da Caritas, provenienti dalle statistiche ufficiali e dai 2.800 Centri di ascolto presenti su tutto il territorio nazionale, nel 2021 quasi 1 cittadino su 10 (9,4%) ha vissuto in povertà assoluta. L’indigenza è cresciuta più della media nelle famiglie più numerose, con almeno 4 componenti, con la persona di riferimento di età tra 35 e 55 anni, con bambini fra i 4 e i 6 anni, nelle famiglie di stranieri e con almeno un reddito da lavoro. Sono soprattutto gli stranieri a rivolgersi ai Centri Caritas (55%). Nel 2021 le richieste di aiuto sono aumentate complessivamente del 7,7%.
A livello geografico, il Sud si conferma l’area con la maggior incidenza di poveri (10% dal 9,4% del 2020) mentre il dato diminuisce in misura significativa al Nord, in particolare nel Nord-Ovest (dal 7,9% al 6,7%). In riferimento all’età, Caritas Italiana osserva ancora che i livelli di povertà sono inversamente proporzionali: dunque, la percentuale di poveri assoluti va dal 14,2% fra i minori (quasi 1,4 milioni i bambini e ragazzi poveri), all’11,4% fra i giovani di 18-34 anni, all’11,1% nella classe 35-64 anni e al 5,3% fra gli over 65.
La mancata istruzione e la disoccupazione pesano sempre di più sulla povertà
La percentuale di poveri che possiede al massimo la licenza media è passata dal 57,1% al 69,7%. Per toccare punte del 75% e dell’84,7% al Sud e nelle Isole. Con la pandemia è cresciuta anche l’incidenza dei disoccupati o inoccupati sulla condizione di povertà assoluta: passa dal 41% al 47,1%, mentre si contrae la quota degli occupati poveri (dal 25% al 23,6%).
Il lavoro e l’abitazione fra i bisogni più diffusi
Più della metà degli indigenti (54,5%) soffre di povertà “multidimensionale”, ovvero legata a due o più ambiti di bisogno. A prevalere sono ovviamente le difficoltà legate a uno stato di fragilità economica, all’occupazione e all’abitazione. A seguire, i problemi familiari (separazioni, divorzi, conflittualità), di salute o legati ai processi migratori.
Una pesante eredità
Ma c’è di più. Anche nel nostro paese la povertà non è solo in aumento, ma si eredita. L’ascensore sociale funziona infatti solo per chi ha la fortuna di nascere in una famiglia di classe medio-alta. Chi si colloca sulle posizioni più svantaggiate della scala sociale ha invece scarse possibilità di poter migliorare la propria condizione.
Secondo il Rapporto Caritas, i casi di “povertà intergenerazionale” pesano per il 59,0%, arrivando nelle Isole e nel Centro rispettivamente al 65,9% e al 64,4% dei casi totali. Una zavorra che riguarda innanzitutto l’istruzione: “Le persone che vivono oggi in uno stato di povertà, nate tra il 1966 e il 1986, provengono per lo più da nuclei familiari con bassi titoli di studio – spiegano i ricercatori -, in alcuni casi senza qualifiche o addirittura analfabeti (oltre il 60% dei genitori possiede al massimo una licenza elementare). E, sono proprio i figli delle persone meno istruite a interrompere gli studi prematuramente, fermandosi alla terza media e in taluni casi alla sola licenza elementare; al contrario tra i figli di persone con un titolo di laurea, oltre la metà arriva ad un diploma di scuola media superiore o alla stessa laurea”.
L’ipoteca della povertà sull’emancipazione lavorativa
La povertà ereditaria influenza anche l’ingresso nel mondo del lavoro: più del 70% dei padri degli assistiti risulta occupato in professioni a bassa specializzazione; il 63,8% delle madri è casalinga, mentre fra le occupate prevalgono comunque lavori con basse qualifiche. Circa 1 figlio su 5 ha mantenuto la stessa posizione occupazionale dei padri mentre addirittura il 42,8% ha visto peggiorare la propria situazione, soprattutto tra coloro che hanno un basso titolo di studio.
Anche i più fortunati, ovvero coloro che sono riusciti a raggiungere una qualifica professionale superiore ai genitori, si trovano a scontare l’eredità nel mondo del lavoro e non trovano un’occupazione adeguata al proprio profilo professionale a causa dell’elevata incidenza di disoccupazione e di lavoro povero. Si tratta di più di un terzo degli assistiti (36,8%).
“Ai fattori fondamentali che determinano la trasmissione della povertà (educativa, lavorativa ed economica) – sottolinea ancora il Rapporto Caritas -, si aggiungono poi la dimensione psicologica (bassa autostima, sfiducia, frustrazione, traumi, mancanza di speranza e progettualità, stile di vita “familiare”), conseguenza di un vissuto lungamente esposto alla povertà e una più ampia dimensione socio-culturale (territorialità, contesto familiare, individualismo, sfiducia nelle istituzioni e nella comunità, povertà culturale), che coinvolge tutta la società ma si amplifica nelle fasce di popolazione in situazione di disagio”.
Uno sguardo all’Europa: l’incognita futuro per i giovani in difficoltà
Per almeno 4 studenti europei su 5 che vivono in famiglie povere, la pandemia ha influito significativamente sulla pianificazione del proprio futuro, soprattutto in termini negativi. È un ulteriore aspetto della povertà intergenerazionale che emerge dal Rapporto di Caritas Italiana, che ha condotto un’indagine anche su ragazzi e adolescenti di cinque paesi europei con la collaborazione di Caritas Europa e Don Bosco International. Secondo i dati raccolti, il 41,3% dei giovani intervistati ha vissuto in famiglia gravi problemi economici a causa del Covid; il 44,1% riceve aiuto per pagare le spese scolastiche; il 37,4% non si sente preparato per continuare gli studi; il 57,1% non si sente pronto ad entrare nel mondo del lavoro; il 78,6% non è stato aiutato da nessuno a scuola per orientare il proprio futuro.
Dal reddito di cittadinanza al PNRR: le proposte di Caritas per contrastare la povertà
Affrontando il tema delle misure di contrasto alla povertà, il Rapporto Caritas pone infine l’accento sul fatto che finora il reddito di cittadinanza “raggiunge poco meno della metà dei poveri assoluti (44%)”. Inoltre, “accanto alla componente economica dell’aiuto vanno garantiti adeguati processi di inclusione sociale. Ma al momento una serie di vincoli amministrativi e di gestione ostacolano tale aspetto”. Fra le proposte di Caritas Italiana, quella di “rafforzare la capacità di presa in carico dei Comuni, anche attraverso il potenziamento delle risorse umane e finanziarie a disposizione e un miglior coordinamento delle azioni”, e di prestare particolare attenzione ai nuovi programmi finanziati dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, tra cui GOL (Garanzia Occupabilità Lavoratori).
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