Dai dati dell’ultimo Rapporto Bes (benessere equo e sostenibile) di ISTAT emerge un’Italia più longeva, ma ancora indietro sugli obiettivi della transizione ecologica
Il Rapporto sul Benessere equo e sostenibile (Bes) dell’Istat descrive il progresso del Paese non solo dal punto di vista economico (come fa il Pil), ma anche sociale ed ambientale. Lo fa analizzando diversi ambiti, tra cui la speranza di vita, la qualità dei servizi, l’istruzione, la partecipazione al lavoro, le emissioni di CO2. Analizzando questi dati emerge un paese con molte criticità nel quale però non mancano spiragli di positività che possono far bene sperare per il futuro.
Capitolo longevità
Partiamo da questi ultimi. La speranza di vita alla nascita passa da 82,6 a 83,1 anni nel 2023, recuperando quasi del tutto il livello di 83,2 anni della pre-pandemia. Un successo che riguarda principalmente gli uomini con 81,1 anni di vita media attesa e meno le donne cui mancano ancora 0,2 anni per raggiungere gli 85,4 del 2019. L’Italia è ben sopra la media europea (superata solo da Spagna, Svezia e Lussemburgo), ma al suo interno incidono molto le differenze geografiche. Nella provincia di Trento, ad esempio, la speranza di vita è di 84,6 anni contro gli 81,4 della Campania (dato più basso), fanalino di coda sono le Isole e il Sud.
Il meglio e il peggio dei servizi
Collegata al discorso longevità è la qualità dei servizi socio-assistenziali. Nell’ultimo anno sono aumentate le migrazioni ospedaliere (+8,3% con Basilicata, Calabria, Campania fino alla maglia nera della Puglia), i medici generali con più assistiti della soglia massima (+47,7%) e la rinuncia a prestazioni necessarie (+7,6%). Quest’ultimo fattore cresce all’aumentare dell’età, con un picco tra i 55-59enni, per poi stabilizzarsi nelle fasce successive. È però cresciuto il numero degli anziani in assistenza domiciliare (+3,3%) in linea con quanto stabilito nella Legge di bilancio. Nelle regioni si osservano incrementi significativi in Lombardia, Toscana, Umbria, Lazio e Abruzzo che col Molise ha la quota più alta di anziani in ADI. Calabria all’ultimo posto.
L’ambiente, un obiettivo da rivedere
La ripresa delle attività dopo il Covid ha contribuito a peggiorare la qualità dell’aria e l’Italia sembra lontana dagli obiettivi fissati dalla Relazione di previsione strategica della Commissione europea 2023 che chiede ai paesi una produzione e un consumo più sostenibili. Sono infatti aumentate le emissioni di CO2 e gas serra ed è diminuita la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (il 30,7% rispetto al 35,1% del 2021). Non va meglio per il consumo del suolo e la dispersione di acqua potabile dalle reti pubbliche comunali: le perdite in fase di distribuzione rappresentano infatti il 42,4%. Migliorano solamente gli indicatori sulla produzione dei rifiuti urbani (in riduzione a 482 chili per abitante) e sul loro smaltimento in discarica. In particolare, quest’ultimo indicatore risulta in costante diminuzione a livello nazionale, nonostante il virtuosismo di alcune regioni.
Un’Italia sempre più bollente e poco consapevole
Confermata nel 2023 la tendenza all’aumento delle temperature in tutto il Paese da +1,5 a +1,7 °C per le minime e da +2 a +1,8 °C per le massime, soprattutto a Nord Ovest. Le precipitazioni nell’anno hanno superato la media climatica del 6% a livello nazionale, producendo disastri ambientali come quelli in Emilia-Romagna e nelle Marche a maggio. Sono aumentati in tutte le regioni i livelli di caldo, come pure i giorni consecutivi senza pioggia (+5,5), tranne che al Sud. La preoccupazione dei cittadini per i cambiamenti climatici (70,8% degli over 14) e l’indicatore di soddisfazione per la situazione ambientale (69,1%) sono ancora sui livelli del 2019. La preoccupazione per la perdita di biodiversità (23,0%) rimane superiore rispetto al 2019, nonostante la diminuzione dal 2022 (23,9%).
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