Migliorare la qualità, senza aumentare le ore di lavoro in maniera eccessiva e sregolata. Questa la filosofia alla base del quiet quitting che lancia un messaggio: non è il lavoro in sé la causa dello stress, ma l’ambiente nel quale si svolge. Le strategie per affrontarlo
Il quiet quitting è un fenomeno lavorativo emerso in tutto il mondo negli ultimi anni, che descrive la pratica di un dipendente di limitarsi a svolgere le mansioni strettamente previste dal proprio contratto, senza assumere ulteriori responsabilità o sforzi extra. Nel quiet quitting, i dipendenti mostrano un marcato distacco emotivo dal lavoro, riducendo l’entusiasmo e l’impegno. Si limitano a svolgere le mansioni strettamente necessarie, rifiutando qualsiasi compito aggiuntivo, straordinario o responsabilità extra. La priorità assoluta diventa l’equilibrio tra vita professionale e personale, con un focus sul tempo libero e il benessere. In pratica, fanno il minimo indispensabile per non essere licenziati, senza andare oltre.
Perché i dipendenti si distaccano dal lavoro? Analisi delle cause
Il quiet quitting, un fenomeno lavorativo in crescita, non nasce dal nulla. Diverse cause possono spingere un dipendente a distaccarsi emotivamente dal proprio lavoro, limitandosi a svolgere il minimo indispensabile. L’eccessivo carico di lavoro, la mancanza di riconoscimento per i propri sforzi e un ambiente lavorativo tossico possono creare un mix esplosivo di stress e burnout. Anche la mancanza di opportunità di crescita professionale e di un ambiente lavorativo positivo possono spegnere l’entusiasmo del dipendente.
Il futuro potrebbe non fare a meno del quiet quitting
Le nuove generazioni di lavoratori, in particolare, tendono a dare maggiore importanza all’equilibrio tra vita professionale e personale. La cultura del lavoro eccessivo, che sacrifica il tempo libero e il benessere, viene rifiutata in favore di un approccio più sano e sostenibile. Uno studio condotto da Gallup ha rilevato che il tasso di coinvolgimento dei dipendenti a livello globale è pari al 21%, che scende al 4% nel caso dei lavoratori italiani. Il dato suggerisce che una vasta parte della forza lavoro potrebbe essere coinvolta nel quiet quitting o in uno stato di disimpegno.
Strategie aziendali per gestire il problema
Il fenomeno non deve però essere considerato una minaccia bensì un’opportunità di miglioramento per dipendenti e aziende. Queste per contrastarlo devono innanzitutto investire nel benessere dei propri dipendenti, creando un ambiente di lavoro sano e sostenibile. Politiche di work-life balance, come orari flessibili e smart working, sono fondamentali per aiutare i dipendenti a conciliare vita professionale e personale. Cruciale è il riconoscimento del merito con un sistema di valutazione delle performance chiaro e meritocratico, insieme a opportunità di crescita professionale e di sviluppo delle competenze, può fare la differenza. Infine, le aziende devono migliorare la comunicazione interna e il coinvolgimento dei dipendenti.
Aziende e dipendenti, è importante lavorare in sinergia
I lavoratori, dal canto loro, devono imparare a stabilire confini chiari tra vita privata e professionale. È importante anche cercare opportunità di crescita all’interno dell’azienda. Esplorare le possibilità di sviluppo professionale, acquisire nuove competenze e conoscenze e valutare nuove opportunità di lavoro in altre aziende sono tutti modi per mantenere alta la motivazione e l’impegno. Infine, devono imparare a comunicare in modo assertivo i propri bisogni. Questo significa esprimere le proprie aspettative in modo chiaro e rispettoso, chiedere feedback regolari al proprio manager e affrontare i problemi e le preoccupazioni in modo proattivo.
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