Gli ultimi studi rivalutano un sentimento troppo spesso legato alla malinconia e alla tristezza; la nostalgia, invece, può essere un ostacolo alla solitudine, alla noia e all’ansia
Il passato, a volte, ci appare come un paese straniero dal quale siamo stati esiliati, a cui aneliamo tornare. Una canzone risveglia il ricordo di un amore vissuto; il profumo del pan di Spagna riporta la mente all’infanzia; un gruppo di ragazzi con gli zaini in spalla evoca la spensieratezza della gioventù. La nostalgia è una triste felicità che ci riporta alle gioie del tempo che fu e ci fa soffrire al pensiero che quelle esperienze siano ormai irripetibili e perse per sempre. Cristallizzate in un trascorso che appare sereno e perfetto. Una sorta di paradiso perduto, che nella memoria si tinge dei toni sfumati del rosa di un tramonto.
Breve storia di un sentimento vecchio quanto l’uomo
Il nostalgico più famoso della letteratura è senz’altro Ulisse, l’eroe della guerra di Troia che abbandona la ninfa Calipso per tornare ad Itaca, dall’amata moglie Penelope, rinunciando al dono dell’immortalità. È dunque nell’epopea omerica che prende forma il concetto di nostalgia, un sentimento etimologicamente nato in Grecia (da nostos, ritorno, e algos, dolore) ma coniato nel XVII secolo dal medico svizzero Johannes Hofer, per definire il malessere che colpiva i soldati al fronte, lontani dalla patria. Un sentimento ammantato di una connotazione negativa, tradizionalmente associato a melanconia e tristezza. Una fama sinistra che ha attraversato il tempo.
Nel XIX e XX secolo la nostalgia è stata variamente classificata come una “psicosi da immigrati”, una forma di “melancolia” e un “disturbo mentale compulsivo”. Ma quando lo psicologo Constantine Sedikides e il suo gruppo dell’Università di Southampton (Regno Unito) hanno iniziato a studiarla, la prospettiva è cambiata. Da emozione stucchevole, se non dannosa, la nostalgia si è infatti trasformata in una preziosa risorsa per la mente. Al punto che, sostengono i ricercatori, è consigliabile coltivarla. Il team di psicologi ha infatti scoperto che questo sentimento non solo non ha nulla a che vedere con la depressione ma, al contrario, contrasta la solitudine, la noia e l’ansia.
Il valore terapeutico della nostalgia
Il ricordo del primo bacio, degli amici di un tempo, di una musica non generano in chi li prova sofferenza, bensì serenità e ottimismo per il futuro. Sedikides stesso, infatti, ha ammesso che il pensiero costante della vita precedente (le origini greche e le esperienze lavorative negli Stati Uniti) non procurava al suo animo un senso di infelicità, piuttosto di gratificazione, e che le scelte e gli avvenimenti del passato danno un senso al presente, all’essere hic et nunc. «La nostalgia – racconta – mi riporta alle radici, dà continuità alla mia vita e mi spinge ad andare avanti con ottimismo».
Gli studiosi hanno analizzato le storie di centinaia di persone provenienti da varie parti del mondo, scoprendo che le categorie della nostalgia sono universali e ricorrenti: ricordi di amici e familiari, vacanze, matrimoni, canzoni, viaggi, paesaggi. Le storie individuali tendono sempre a presentare il sé come protagonista circondato dagli amici e dagli affetti più intimi.
La maggior parte degli intervistati ha riferito di provare nostalgia almeno una volta alla settimana e quasi la metà ha ammesso di sperimentarla fino a tre o quattro volte in più. Per misurarne scientificamente gli effetti, i ricercatori hanno testato alcuni soggetti inducendo in loro dei sentimenti negativi attraverso il racconto di un disastro mortale e sottoponendoli poi a un test della personalità studiato per farli sentire molto soli. Dopo i primi istanti di tristezza per le sorti delle vittime, preoccupati del proprio isolamento, tutti si sono dimostrati inclini alla nostalgia. Una strategia utile per il benessere psichico: dopo essersi abbandonati al sentimento, si sentivano infatti meno depressi e meno soli.
Un generatore di ottimismo ed empatia
Guardare una vecchia foto o ricordare i compagni di scuola, insomma, non scatena solo l’emozione di un momento, ma fa da ponte tra il passato e il presente, tra ciò che siamo e ciò che saremo, dando la sensazione che la vita – col suo bagaglio di vicende negative e positive – abbia realmente un senso. Regalando così un pieno di ottimismo per il futuro, per sua natura incerto, e contemporaneamente rafforzando l’autostima e la resilienza nel presente. Una tesi peraltro sostenuta anche dalle neuroscienze: nel ricordo, infatti, si innesca un meccanismo di liberazione che permette di superare traumi e sensazioni spiacevoli del passato. In questo passaggio un ruolo fondamentale è svolto dalla corteccia cerebrale, con il coinvolgimento anche di amigdala, talamo e ipotalamo, responsabili dell’attivazione degli impulsi che restituiscono il feedback positivo.
Ma la nostalgia non favorisce solo l’equilibrio emotivo: si dimostra anche un motore di empatia e connessione sociale. Tant’è che, sempre secondo lo studio, il ricordo di eventi tristi provoca la vicinanza e la solidarietà del prossimo, allontanando così il senso di solitudine e di tristezza. È stato infatti dimostrato che le coppie si sentono più vicine e più felici nella condivisione di ricordi nostalgici, col risultato di alimentare nel tempo un “circolo vizioso” di generosità e altruismo.
Nostalgia, istruzioni per l’uso
Attenzione: la nostalgia è un sentimento da maneggiare con cura. Un uso “errato”, avvisano gli esperti, potrebbe rivelarsi controproducente. È il rischio che corre chi cede troppo alle lusinghe del passato a scapito del presente. La nostalgia della giovinezza è forse una delle più frequenti e intense perché – spiegano gli psicologi – ha a che fare con molte esperienze destinate lasciare un solco emotivo profondo nell’animo: il primo bacio, il primo viaggio, il matrimonio. Inoltre, con l’età, insorgono nuovi problemi e il contorno familiare e sociale inizia a trasformarsi, lentamente ma inesorabilmente.
Per molti, allora, la nostalgia finisce per ridursi ad un semplice paragone tra ciò che è e ciò che è stato. Con la conseguenza di arrivare ad affermare che, in fondo, il meglio è ormai alle spalle.
In realtà, sappiamo che non è l’infanzia (o la giovinezza) a farci star bene, ma il ricordo dell’innocenza e della gioia con cui si viveva da bambini. Il confronto, avverte ancora Sedikides, non è dunque l’atteggiamento vincente per rapportarsi al passato. L’approccio corretto è piuttosto quello di interrogarsi sulla vita trascorsa, riconoscendo alle esperienze il loro giusto valore.
Ricordiamo Antoine da Saint-Exupery: «Se vuoi costruire una nave, non radunare gli uomini per raccogliere legna e distribuire i compiti, ma insegna loro la nostalgia del mare ampio e infinito».
È questa la spinta emozionale più giusta per guardare al futuro con fiducia ed ottimismo.
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