Il 3 ottobre del 2013, nelle acque al largo di Lampedusa hanno perso la vita 368 migranti. Vito Fiorino era lì e con la sua barca ne ha salvati 47. È un ‘giusto’ e agli studenti racconta il suo eroico gesto
«Quella notte non c’era nemmeno la luna». Iniziano così i ricordi di Vito Fiorino, il pescatore di Lampedusa che il 3 ottobre di dieci anni fa ha salvato la vita a 47 migranti accogliendoli sulla sua barca, Gamar. Vito e i suoi amici, commercianti dell’isola, avevano deciso dal giorno prima che sarebbero usciti in mare quella notte. Nel pomeriggio l’idea era saltata, poi di nuovo confermata e a mezzanotte si ritrovarono al porto pronti a salpare. Giunti in mare, hanno ancorato la barca per un bagno. Alle 3.30, quando era ora di rientrare, qualcuno suggerì di fermarsi a dormire al largo. «Non era mai successo che dormissimo fuori ma abbiamo accettato. Ci siamo sistemati e ci siamo dati appuntamento alle 6.30 per una battuta di pesca» racconta.
Vito sente mettere in moto la barca da Alessandro che la stava pilotando e che nel frattempo si era spostato di alcuni metri. «Chiedo cosa stesse succedendo e mi dice ‘Oh Vì, zittite. U senti vuciare? (Zitto Vito. Ascolta, le senti queste grida?). Non sentivo nulla, pensavo fossero gabbiani. Alessandro ha messo in moto e dopo 900 metri davanti a noi si è presentato questo scenario terrificante: almeno 200 persone in mare che chiedevano aiuto» ha detto.
Lampedusa, migranti in mare
Fu subito chiaro che salvarli tutti sarebbe stato impossibile ma gli era altrettanto chiaro che avrebbe fatto salire sulla sua barca tutti quelli che poteva. «Erano nudi perché non sapevano nuotare e con gli indumenti bagnati sarebbero stati più pesanti. Mi scivolavano dalle braccia, i loro corpi erano coperti di gasolio». Vito gli lanciò il salvagente e iniziarono a salire a bordo. Un giovane spiegò che lo scafista, dopo aver buttato il satellitare a mare, aveva dato fuoco al motore mentre incassava acqua e che su, quella imbarcazione di fortuna, c’erano 500 persone. Vito, conoscitore del mare, sapeva bene che quei corpi erano in acqua da troppe ore per essere ancora vivi. Gamar tornò in porto con tutti i migranti che riuscì a salvare: 46 uomini e una donna.
Per loro Vito è ‘my father’ (mio padre ndr). Insieme ai sopravvissuti, ha recuperato i nomi di 366 vittime su 368 e con l’aiuto dell’associazione Gariwo ha costruito un memoriale, inaugurato il 3 ottobre del 2019, alle 3.30, l’ora in cui si è consumata la tragedia. Vito è un ‘giusto’ e racconta la sua storia agli studenti delle scuole d’Italia.
[dal numero di 50&Più – Ottobre 2023]
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