Maurizio, 80 anni, fisico asciutto, camminata decisa, un sorriso per tutti. Nel quartiere lo conoscono in tanti. L’edicolante ogni giorno gli porge in automatico i due quotidiani preferiti (e il giovedì aggiunge sempre La settimana enigmistica), il barista gli prepara il solito caffè macchiato, la cassiera del supermercato gli chiede notizie dei nipoti commentando “chissà come saranno cresciuti”, la padrona dell’unico cane con cui il suo amato e anziano “Pippo” ama ancora giocare. Maurizio è socievole, ma non invadente. Se qualcuno gli rivolge la parola alla fermata dell’autobus chiacchiera volentieri, ma sa interrompere la conversazione appena si accorge del mancato interesse dell’interlocutore.
Siamo tutti “Maurizio”
Maurizio non esiste, è frutto della nostra fantasia. Potrebbe trattarsi di Anna, di Ludovico, di Maria e di qualunque altra persona che ha superato gli “anta” da un bel po’ di tempo. Un individuo che ha una vita sociale fatta per lo più di meteore, di persone con cui entra in contatto per pochi minuti scambiando poche parole. Perfetti sconosciuti di cui il più delle volte non sa neanche il nome. Eppure, Maurizio o chiunque altro nei suoi panni, sarebbe pronto ad affermare che quegli incontri occasionali lo fanno star bene quasi quanto i rapporti consolidati con parenti e amici. Anzi, oserebbe dire che scatenano il buonumore molto più di un pomeriggio passato in famiglia o tra vecchie conoscenze. I parenti o gli amici di “Maurizio” non se ne vogliano. La sua reazione è del tutto normale. Lo dice la scienza.
La sostenibile leggerezza dei rapporti deboli
Secondo uno studio dell’Adelphi University di New York i cosiddetti “legami deboli” sono fondamentali a tutte le età, ma nella vecchiaia diventano una vera e propria linfa vitale. «Più legami deboli si hanno, più si provano sentimenti positivi e meno si avverte la depressione», ha dichiarato Katherine Fiori, una psicologa della Adelphi University a capo dello studio. «Ovviamente queste relazioni superficiali non rappresentano tutto ciò di cui una persona ha bisogno, ma tutti stanno meglio quando della loro vita fanno parte diversi tipi di persone».
Riflettendoci, non è difficile capire perché quattro chiacchiere con un perfetto sconosciuto possono essere più piacevoli di una conversazione con il partner o i figli. Nei rapporti “deboli” c’è una leggerezza che spesso manca nei rapporti “forti”. Non vuol dire che questi ultimi siano inutili, anzi sono importantissimi, ma i legami con gli estranei sono quelli che permettono di sentirsi parte di una comunità, un aspetto rilevante per il benessere psico-fisico. Soprattutto in una fase della vita in cui parenti e amici sono poco presenti e la solitudine si fa sentire.
Evviva gli estranei. Se non ci fossero bisognerebbe inventarli
«Contrariamente all’orientamento convenzionale della gerontologia, i legami deboli offrono alle persone anziane un modo più efficace di favorire il benessere emotivo. Possono anche compensare la perdita di legami più stretti che spesso viene sperimentata durante la terza età», ha dichiarato Fiori. Lo studio ha anche dimostrato che le persone con un maggior numero di “relazioni lampo” sono fisicamente più attive rispetto a chi mantiene solo legami con persone di vecchia conoscenza. Il “nostro” Maurizio non avrebbe alcun timore nel riconoscere che durante il lockdown gli sono mancati tanto tutti quei “perfetti sconosciuti” che danno un senso alle sue giornate.
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