Fare i nonni a tempo pieno, alcune volte, può essere davvero impegnativo. “Dov’è il mio stipendio?” verrebbe quasi da chiedersi dopo una giornata intensa corsa dietro ai propri nipoti. Gestirli non è facile, ci vogliono mille energie, gli occhi sempre aperti, e non sono consentiti momenti di disattenzione. Mai, neppure per un attimo. “Lavoro più ora di quando ero in servizio… Altro che pensione”, capita di osservare, spesso. Qualcuno ha detto che i nonni dovrebbero diventare Patrimonio Unesco per la loro fondamentale importanza durante la crescita di una famiglia.
Ma c’è anche chi è andato oltre. Stiamo parlando della Svezia che, due anni fa, ha lanciato un progetto dove veniva dato uno stipendio a tutte le nonne che, durante la settimana, si occupavano dei nipoti. La Svezia non è nuova a questo tipo di iniziative, ci tiene molto alla felicità dei suoi abitanti, garantendo molti benefit e vantaggi per migliorare lo stile di vita dei cittadini, ma mai si era arrivati persino a dare uno stipendio ai nonni. Nel concreto si tratta di circa 700 euro, più eventuali bonus, e l’obiettivo è quello di ottimizzare il livello di occupazione del Paese aiutando a trovare lavoro a chi, per motivi organizzativi, non era in grado.
Eppure non è la Svezia il Paese pioniere di questa idea: ad inizio 2016 era stata la Turchia a lanciare un progetto pilota che prevedeva un contributo statale per le nonne che si prendevano cura dei nipoti durante la settimana. Lo stipendio ammontava a 400 lire turche (85 euro al mese), ed era inserito all’interno del programma “Mobilitazione nazionale nella vita lavorativa”, il cui obiettivo era quello di favorire l’occupazione tra le mamme, incoraggiando le nonne ad offrire il loro aiuto a servizio dei nipoti. La Turchia non è considerata esattamente un esempio per quel che concerne il welfare sociale ed infatti, questo provvedimento, fu accolto da varie critiche. In molti infatti puntarono il dito contro questo piano, sostenendo che fosse un tentativo del governo per far sì che i bambini rimanessero in casa piuttosto che trascorrere tempo in luoghi comuni come l’asilo nido. Il progetto pilota, che prevedeva in una fase l’individuazione di mille famiglie, è terminato dopo sei mesi. E chissà se, prima o poi, troverà un terreno più fecondo.
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