Urbanizzazione, clima e smog anticipano i sintomi che ora affliggono spesso anche chi non ne ha mai sofferto prima. Paradossalmente le allergie sono sempre più presenti in città che non in campagna, quanto sono diffuse tra anziani e bambini.
Quanto sono diffuse le allergie respiratorie? Tra urbanizzazione, cambiamento climatico e smog c’è stato un vero e proprio boom. Questi fattori infatti da un lato anticipano i sintomi e dall’altro fanno impennare i casi. “Negli ultimi anni il numero di persone colpite da patologie allergologiche è aumentato vertiginosamente”. Se stando ai dati Istat “nel triennio 2018-2020 l’incidenza di nuovi casi era dell’11% all’anno, nel 2024 il dato era già al 16%. Oggi le riniti allergiche colpiscono tra il 10% e il 30% della popolazione, con un’incidenza complessiva che sfiora il 28%”. Si tratta di quasi un italiano su 3, “anche in assenza di una predisposizione genetica”.
Lo sottolinea Vincenzo Patella, presidente della Società italiana di allergologia, asma e immunologia clinica (Siaaic) e direttore dell’Uoc di Medicina interna a indirizzo immunologico e respiratorio dell’azienda sanitaria Salerno, in una nota in cui Assosalute – Federchimica, l’Associazione farmaci di automedicazione, con l’aiuto dello specialista sfata alcuni falsi miti in materia di allergie e offre cinque consigli per alleviare la ‘rinite da fieno’ grazie anche all’aiuto dei medicinali contrassegnati dal bollino rosso che sorride sulla confezione.
Smog e urbanizzazione potenziano l’effetto allergizzante
Complice l’innalzamento delle temperature e la conseguente modifica dei ritmi naturali, il cambiamento climatico sta anticipando e prolungando la stagione pollinica. Le prime manifestazioni sono a febbraio e le ultime ancora a settembre, evidenzia Patella, precisando che “quest’anno la stagione pollinica è iniziata 25 giorni prima rispetto alle previsioni”. Contrariamente a quanto si possa pensare, l’incidenza delle allergie sembra essere maggiore in città che in campagna.
“L’urbanizzazione e lo smog potenziano l’effetto allergizzante dei pollini, aumentando il rischio di sviluppare allergie anche in chi non ne ha mai sofferto prima”, rimarca il presidente Siaaic. “In generale, infatti, l’ambiente pesa per il 70%, la genetica solo per il 30%: ciò significa che una persona predisposta potrebbe non sviluppare allergie se non viene esposta ai fattori scatenanti come smog, acari, muffe o peli di animali”. Viceversa, “chi si trasferisce in una nuova città può sviluppare allergie a cui prima era immune, come dimostrano gli studi sulla medicina della migrazione”.
Quali sono le allergie più diffuse tra bambini e anziani
Le riniti allergiche crescono soprattutto tra i bambini e gli anziani. “Nei più piccoli” Patella parla di “un incremento del 5-10% dei casi”, anche in virtù di “un’alimentazione meno variegata che impoverisce il microbioma intestinale. Studi scientifici dimostrano che una maggiore biodiversità del microbioma aiuta a prevenire malattie croniche, incluse quelle allergiche. Per questo, l’allattamento al seno e un adeguato apporto di vitamina D giocano un ruolo chiave nella protezione dei bimbi”.
Anche negli anziani “le allergie respiratorie sono aumentate del 5-10%”. Mostrano però sintomi spesso diversi da quelli dei più giovani, con ostruzione nasale persistente e perdita dell’olfatto tra i segnali più comuni. Ad ogni età l’effetto sulla quotidianità è pesante: “I disturbi correlati alle allergie respiratorie possono essere talmente invalidanti da costringere gli adulti ad assentarsi dal lavoro fino a 18 giorni l’anno e possono compromettere la performance scolastica e lavorativa a causa della scarsa qualità del sonno e della difficoltà di concentrazione”, riferisce il presidente Siaaic.
Significativo pure l’impatto socioeconomico. Secondo il recente studio americano ‘The Economic Burden of Asthma’, interventi mirati potrebbero ridurre di oltre 50 milioni di euro (27%) i costi legati all’asma severo e di circa 31,7 milioni di euro (26%) quelli dell’asma eosinofilico severo.
Allarme allergie, ‘con la crisi climatica 45 giorni di polline in più’
Per rispondere alla domanda quanto sono diffuse le allergie bisogna considerare anche “Il cambiamento climatico rende la stagione dei pollini non solo più lunga, ma anche più intensa a causa dell’inquinamento che intrappola il calore – illustra Patella – Livelli più elevati di CO2 nell’aria possono aumentare la produzione di pollini nelle piante, in particolare nelle graminacee e nell’ambrosia. A causa dei persistenti elevati tassi di inquinamento da anidride carbonica, secondo una ricerca americana del 2022, alla fine del secolo l’aumento della produzione di pollini potrebbe arrivare fino al 200%”.
Stagioni polliniche più lunghe e intense – avverte la Siaaic – possono avere gravi conseguenze per le persone più vulnerabili. Soprattutto i bambini affetti da asma, ma soprattutto gli anziani con malattie respiratorie, in costante aumento. È quanto emerge da uno studio pubblicato su BMC Public Health sul legame tra pollini e mortalità tra gli anziani correlata a problemi respiratori. Valutando oltre 127mila decessi registrati in Michigan tra gennaio 2006 e dicembre 2017, i ricercatori hanno esaminato 4 tipi di polline.
“Utilizzando modelli informatici avanzati – riferisce Patella – gli autori hanno osservato come livelli elevati di polline, dopo 7 giorni di esposizione, fossero correlati a un aumento dei tassi di mortalità negli anziani con problemi respiratori preesistenti. I risultati della ricerca hanno mostrato infatti che alti livelli di polline di alberi decidui e graminacee si associano a un rischio dell’81% più alto di mortalità per tutte le cause respiratorie croniche, dopo 7 giorni di esposizione. Gli autori hanno inoltre rilevato che livelli elevati di polline di ambrosia sono collegati, dopo una settimana di esposizione, a un forte aumento, pari al 107%, della mortalità per Bpco (broncopneumopatia cronica ostruttiva) e del 116% per tutte le altre malattie respiratorie croniche. Non è stato osservato invece alcun collegamento tra i vari tipi di polline e la mortalità per cause respiratorie infettive”.
“Questi dati – conclude il presidente Siaaic – suggeriscono che l’aumento delle temperature e l’allungamento della stagione dei pollini potrebbe avere un peso sempre maggiore per la mortalità respiratoria tra gli over 65”.
Quali sono i sintomi delle allergie e quanto sono diffuse
Bastano quindi 10 giorni in più senza gelo d’inverno per allungare di oltre 1 mese e mezzo la stagione dei pollini. Inizia 25 giorni prima in primavera e si allunga di altri 20 in autunno. Totale 45 giorni in più di occhi rossi, naso che cola, starnuti e infiammazione. Sintomi che si prospettano più duraturi e peggiori per gli oltre 10 milioni di italiani allergici. In particolare per i bambini asmatici, che in Italia sono 1 su 5, e per gli anziani con problemi respiratori che sono quasi altrettanti (il 17% degli over 65). Tra questi senior più fragili si rischia addirittura un raddoppio della mortalità, fino a un +116%.
© Riproduzione riservata