Dalle auto elettriche ai capi di abbigliamento rigenerati fino ai cibi biologici. Scegliere di proteggere l’ambiente ha costi elevati e non solo in termini economici
“Il tempo è denaro”. Si parte da qui in un viaggio virtuale che percorre le più grandi città italiane dove donne e uomini cercano di fare scelte di vita il più possibile sostenibili, con un unico scopo, quello di salvaguardare l’ambiente. Il nodo centrale, però, resta il risparmio – soprattutto in un’era condizionata da una pandemia recente e dalla guerra Russia-Ucraina ancora in corso che non poco influisce sul costo dei materiali. Un risparmio economico sì ma anche di tempo.
Lavoratori, pensionati, studenti e casalinghe. A loro ci siamo rivolti per capire quanto e in che modo è possibile contribuire alla salvezza dell’ecosistema. Partiamo dalle auto elettriche. «Mi piacerebbe acquistare un’auto elettrica ma per le mie tasche sono fuori budget. E oltretutto avrei il problema – perché poi di questo si tratterebbe – di cercare colonnine per le ricariche, dopo una giornata di lavoro l’unica cosa che bramo è tornare a casa e fare rifornimento nel minore tempo possibile» ha detto Luca, salernitano di 53 anni. Un parere diverso quello di un giovane studente, anch’egli campano: «Non ho ancora la disponibilità economica per acquistare un’auto elettrica perché non ho ancora un lavoro ma quando potrò lo farò senz’altro anche se questo mi obbligherà a risparmiare su altro».
Negli ultimi anni, sempre più negozi di abbigliamento – anche franchising – hanno avviato la vendita di capi realizzati con tessuti riciclati. Come si legge sul sito Rifò, una marca abbigliamento, «a differenza del materiale vergine le fibre tessili rigenerate non possono essere prese e trasformate subito in un nuovo tessuto. I materiali riciclati o rigenerati hanno un costo ulteriore: ci sono tempi e costi legati alla gestione: ritiro/raccolta, selezione, e solo infine nuova trasformazione». Un altro brand ‘H&M’ nel 2013 ha avviato un progetto di ‘rigenerazione’ che invita i clienti “a prendersi cura del capo acquistato”. La casa di produzione, sul portale dedicato, spiega: «Oltre il 10% dell’impatto climatico totale di un capo avviene dopo che ha lasciato il negozio. L’impatto ambientale varia a seconda di quante volte lavi i tuoi capi, o se li getti anziché riciclarli». Nello specifico, il brand ha promosso un’iniziativa: gli abiti in disuso vengono lasciati all’interno dei negozi in un sacchetto e per ogni sacchetto si ricevono in cambio 5 euro: quel capo sarà poi rigenerato con una operazione al tessile. «Quando posso acquisto sempre capi realizzati con materiale di riciclo, anche con la plastica riciclata ma non è molto vantaggioso rispetto agli abiti tradizionali. Lo faccio perché serve e perché le magliette, soprattutto, sono molto carine ma questa tipologia di acquisto andrebbe incentivata magari con costi calmierati» ha detto Paola, pensionata romana. «Abiti riciclati? No, non mi fido. Preferisco fare altre scelte per sostenere l’ambiente, sicuramente faccio la raccolta differenziata che è importante» ha aggiunto Stefano.
Anche consumare cibi freschi e di stagione gioca un ruolo fondamentale nella lotta al cambiamento climatico. Quanto costa, però, riempire un carrello di prodotti esclusivamente biologici? «I negozi bio? Scherziamo? Sono delle boutique! Non me li posso permettere. Lei pensi che un chilo di mele costa poco più di un euro, un chilo di mele biologiche almeno tre euro. Faccio scelte oculate, compro frutta e verdura di stagione sicuramente ma se volessi acquistare tutto biologico se ne andrebbe la pensione». È questo il commento di un residente della provincia di Milano consapevole – tuttavia – dell’importanza che il suo gesto avrebbe sulla filiera produttiva. «Vado a fare la spesa con un sacchetto di stoffa, odio la plastica e la combatto in tutte le forme. Compro sfusi anche i detersivi. Quanto mi costa? In termini di tempo tantissimo, in termini economici anche. Ma ho scelto questo stile di vita e non torno indietro, ora più che mai» ha spiegato Giulia, una lavoratrice napoletana. «Ai miei nipoti compro solo prodotti contadini, per me non esiste acquistare pere confezionate o fragole a dicembre. Ho il mio contadino di fiducia e mangiamo quello che di fresco c’è» ha detto Camilla, anche lei pensionata.
I costi sono, dunque, lo scoglio più grande per avviare una rivoluzione green che sia sostenibile e punti alla salvaguardia dell’ambiente. E questo – in vista di una volontà collettiva di agire per contrastare l’inquinamento – non può passare in secondo piano nell’agenda politica dei governi.
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