Qual è stato il rapporto con la telemedicina negli ultimi anni? E ora che il Covid ha modificato le nostre possibilità di spostamento e di incontro? Uno dei contributi contenuti in “Ipotesi per il futuro degli anziani. Tecnologie per l’autonomia, la salute e le connessioni sociali” affronta il tema dal punto di vista dei progetti avviati dalle Regioni. Un’analisi dello stato dell’arte della telemedicina in Italia.
Mai come nell’ultimo periodo si è sentito parlare così tanto di telemedicina. E non solo tra i professionisti del settore. Anche la politica ha cominciato a guardarla con occhi diversi.
Ricorderemo il 2020 come l’anno del Covid, ma anche come quello della “tempesta perfetta” nella Sanità, sia per quella italiana che per quella mondiale. L’emergenza ha messo in evidenza la necessità di incrementare nel settore l’impiego delle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione a favore di servizi quali telemedicina, teleconsulto, diagnosi a distanza.
Se fino al 2019 infatti questi hanno registrato un incremento non elevatissimo, il 2020 è l’anno spartiacque, quello di una vera e propria rivoluzione copernicana. Questo perché, ad un tratto, la telemedicina si è mostrata come l’unica strada percorribile per erogare i servizi sanitari. Non è un caso se proprio a dicembre 2020 sono state approvate le indicazioni nazionali sulla telemedicina dalla Conferenza Stato-Regioni.
Ad un anno di distanza, oggi appare chiaro che ridefinire le regole per erogare da remoto alcune prestazioni sanitarie non era più procrastinabile. Questo ha permesso di cogliere sia i vantaggi della telemedicina che le fragilità territoriali, per superare le quali, in questo momento, è necessario fare riferimento alle priorità che il Piano Nazionale Ripresa e Resilienza (PNRR) ha davanti a sé. Parte degli investimenti sono stati dedicati infatti anche allo sviluppo della telemedicina. Ma per comprendere il ruolo che questa sta assumendo sempre più in Italia, basta considerare alcuni dati dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano. Prima dell’emergenza Covid il suo impiego si attestava poco al di sopra del 10%. Dopo la pandemia, il servizio di telemedicina più usato è risultato essere il teleconsulto. Ad impiegarlo il 47% degli specialisti e il 39% dei medici di medicina generale.
Quanta telemedicina nelle regioni italiane? Il quadro del Ministero della Salute
In merito alle soluzioni di telemedicina sull’intero territorio nazionale, lo stesso sito del Ministero della Salute fornisce un quadro, aggiornato alla situazione antecedente la pandemia da Coronavirus. I dati mostrerebbero che il primato per attività di telemedicina rilevate spetta all’Emilia-Romagna, seguita da Lombardia, Lazio, Sicilia e Toscana. In successione ci sono poi Piemonte, Veneto, Campania, Liguria e Umbria. Seguono Puglia e Sardegna, Valle D’Aosta, Marche, Calabria, Provincia Autonomia di Trento e Abruzzo, e infine Basilicata, Molise, Friuli-Venezia Giulia e Provincia Autonoma di Bolzano. Se si considerano gli ambiti specialistici in cui la telemedicina è stata impiegata, la sua applicazione era prevalente in cardiologia (43%), seguita da radiologia (19%), pneumologia e neurochirurgia (14%), etc.
Le app nate dall’iniziative “Innova per l’Italia”
Dal canto suo, l’emergenza Coronavirus ha implementato – se non generato – alcune realtà a livello nazionale e regionale. Con l’iniziativa “Innova per l’Italia”, lanciata nel marzo 2020 per individuare le migliori soluzioni digitali di telemedicina e assistenza domiciliare a contrasto del Covid, le Regioni si sono attivate in modo da colmare la distanza tra pazienti e strutture sanitarie.
La Regione Lazio, ad esempio, ha adottato la piattaforma “Advice” e l’app “LazioDoctor per Covid”. La Regione Lombardia ha avviato il progetto di telemonitoraggio per pazienti Covid per ridurre i contatti: “Telemachus” (Telemedicine Monitoring and Collaborative Hub-and-Spoke System). È un sistema integrato di telemedicina basato su un’app e un braccialetto smart per monitorare le condizioni di salute dei pazienti Covid a distanza. Anche la Regione Friuli-Venezia Giulia e la Direzione Regionale della Protezione Civile hanno attivato un progetto di telemonitoraggio Covid che si affianca ad un progetto di teleassistenza domiciliare per anziani già esistente.
Sono solo alcune delle esperienze e realtà tracciate nella sezione che analizza il rapporto tra le Regioni e la telemedicina nel nostro Paese, la sua crescita e la sua condizione prima e dopo il Covid. Quello che emerge con maggiore evidenza è che un sistema sanitario moderno ha assoluto bisogno di telemedicina e sanità digitale. Ormai, infatti, l’efficacia delle misure di monitoraggio e di assistenza della popolazione è senza dubbio legata alla capacità di risposta della sanità territoriale.
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