Un rapporto indissolubile quello tra scene e sonorità, nel quale queste ultime si rivelano fondamentali nell’arricchire l’esperienza visiva guidando la narrazione e amplificando l’impatto emotivo
Il cinema muto non è stato mai muto. La musica, eseguita in sala, accompagnava sempre le immagini: non solo a cura del singolo pianista posizionato sotto o a lato dello schermo, ma nel caso di film importanti, coinvolgendo una intera orchestra. Per il kolossal Cabiria, 1914, diretto da Giovanni Pastrone, su testi di D’Annunzio, il grande compositore Ildebrando Pizzetti scrisse la Sinfonia del fuoco per un’orchestra convocata appositamente. Ispirato da Cabiria, lo storico regista americano David Wark Griffith, nel 1915, realizza l’ancora più colossale Birth of a Nation, Nascita di una nazione, che narra l’epopea della guerra civile americana. Viene allestita una proiezione speciale al Liberty Theatre di New York, reclutando un’orchestra di 40 strumentisti più il coro, e tutta una schiera di rumoristi, che accompagnano le tre ore di proiezione con brani di Wagner, Schubert, Mozart e molti altri.
Con l’avvento del sonoro, inizia evidentemente l’età delle colonne sonore, e tutta una schiera di musicisti si specializza nella cosiddetta musica da film. Le partiture divenute celebri non si contano. Hollywood si specializza inoltre in un genere cinematografico particolare, il musical, in cui si canta, si balla e si recita: nasce così un divismo specifico, fatto di attori-cantanti-ballerini quali Fred Astaire, Gene Kelly, Cyd Charisse, Ginger Rogers. Il musical per definizione è West Side Story, ispirato alla vicenda di Romeo e Giulietta, con musiche di Leonard Bernstein, che conosce due edizioni cinematografiche, quella del 1961 diretta da Rober Wise, e quella del 2021 per la regia di Steven Spielberg. Il film del 1961 è importante perché, rompendo la tradizione, i numeri musicali non sono ambientati all’interno dei teatri di posa, ma nei luoghi reali dell’azione, all’aperto.
Qualche anno prima, in Meet Me in St.Louis, Incontriamoci a Saint Louis, 1944, diretto dallo specialista Vincente Minnelli, per la prima volta i numeri musicali non furono inseriti arbitrariamente nel tessuto degli eventi, interrompendo l’azione, ma risultavano parte integrante della vicenda, caratterizzando i personaggi e l reciproche relazioni. Si giungerà anche al film privo di scene recitate, interamente cantato e musicato, di solito tratto da spettacoli teatrali di successo. Celebre esempio è Jesus Christ Superstar, 1973, che sancisce la fama del compositore Andrew Lloyd Webber, autore poi di altre produzioni di successo mondiale quali Evita o The Phantom of the Opera, in cui musica classica, rock e coloriture etniche si fondono in un insieme coinvolgente e in sintonia con i tempi della cultura post sessantottina.
Una delle questioni principali del rapporto tra musica e cinema riguarda l’uso di materiale preesistente. Per 2001: A Space Odyssey, 2001: odissea nello spazio, 1968, il regista Stanley Kubrick, anche produttore del film, aveva commissionato la partitura a un maestro delle colonne sonore, Alex North, il quale si era messo al lavoro, incidendo una vera e propria sinfonia. Quando North si accomodò in sala per la prima mondiale del film, senza che nessuno lo avesse avvertito, fu costretto a prendere atto che della sua musica nel film non era rimasta nemmeno una nota. Kubrick aveva improvvisamente optato per l’utilizzo integrale di composizioni preesistenti, brani di Strauss, Ligeti, Khachaturian.
Questione decisiva è il rapporto tra l’immagine e la musica stessa. La musica può fungere da semplice accompagnamento per accentuare il carico emotivo delle scene, come nei gialli o thriller, oppure, in chiave più artistica e creativa, la musica può persino contraddire ciò che vede lo spettatore. Questo il caso di Nuit et brouillard, Notte e nebbia, 1955, diretto da Alain Resnais, documentario sui lager nazisti, in cui la partitura di Hanns Eisler, improntata a una imprevista serenità malinconica, si contrappone all’orrore delle immagini, producendo nel pubblico un ancora più disturbante senso di straniamento.
Ennio Morricone ha invece lavorato sul terreno vivo del cinema di genere e della musica di accompagnamento, rivoluzionandone però tutti i criteri. Nelle partiture per i western di Sergio Leone, da Per un pugno di dollari in poi, Morricone sfrutta la sua passione per la musica d’avanguardia, attraverso l’uso di sonorità inedite, come il celebre fischio, che redimono il commento musicale dal ruolo di semplice sottofondo per elevarlo a immediato e pungente controcanto delle immagini.
Nel cinema contemporaneo, si assiste a una sempre maggiore cura e rilevanza della colonna sonora rispetto a quella visiva. Oggi, il suono non musicale, il rumore, è spesso utilizzato in chiave musicale, e viceversa, i rumori stessi assumono sovente carattere di vera e propria musica. Ne esce un impasto in cui sonorità evocative e astratte si fondono con quelle naturalistiche, producendo un continuum acustico, un flusso sonoro che, oltrepassando la pregnanza delle immagini, si fa struttura portante del film stesso. Oppenheimer, 2023, di Christopher Nolan, è chiaro esempio di tale tendenza dell’utilizzo della colonna sonora.
© Riproduzione riservata