In Italia continua a migliorare la qualità dell’aria respirata, ma il livello di ozono resta critico soprattutto nelle aree intorno alle grandi città. Cosa si nasconde dietro gli acronimi PM10 e PM2,5 e perché fanno paura
Prosegue nel 2024 il lento ma continuo miglioramento della qualità dell’aria in Italia, anche se permangono criticità in alcune aree del Paese. Tra le novità positive, risultano nella norma i livelli di particolato atmosferico fine Pm2,5, le particelle microscopiche presenti nell’aria che, inalate, risultano altamente nocive per la salute. Continuano ad essere rispettati quelli annuali per altre polveri nocive note come PM10 (concentrazione media di 40 microgrammi per metro cubo). Mentre rimangono sforamenti nei valori giornalieri. Nei limiti ed in continua discesa le concentrazioni di biossido di azoto in quasi tutte le stazioni di monitoraggio (98%). Negativa, invece, la situazione dell’ozono. Solo il 16% delle stazioni ha rispettato l’obiettivo a lungo termine per la protezione della salute umana.
Tra miglioramenti e direttiva UE
Questi i dati diffusi dal Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa) che offre il quadro nazionale relativo alla qualità dell’aria nell’anno appena trascorso. Un rapporto annuale elaborato dagli esperti di Snpa, che riassume i dati rilevati dalle oltre 600 stazioni di monitoraggio su tutto il territorio nazionale. E che precisa “Sebbene si registri da alcuni anni una generale tendenza al miglioramento, la nuova Direttiva europea che entrerà in vigore dal 2030 prevede livelli molto più stringenti degli attuali. Anche nelle zone dove attualmente i limiti di legge sono rispettati. Occorre mettere in atto azioni a breve-medio termine che riducano ulteriormente le emissioni”.
Qualità dell’aria: cos’è il PM10
Il PM10 è un particolato inquinante presente nelle città. Il particolato è costituito da piccole particelle, solide o liquide, che restano sospese nell’aria e per le dimensioni ridotte possono essere inalate e causare problemi. Ne esistono di diversi tipi: sabbia, cenere, fumo, polveri, metalli e fibre. Il particolato è indicato con la sigla PM, che sta per Particulate Matter. Le particelle più grandi sono chiamate PM10 e possono arrivare fino ai bronchi. A causa delle loro dimensioni, possono essere trasportate a lunghe distanze dai camini industriali, contribuendo all’inquinamento di fondo delle aree urbane. Nei centri abitati, il particolato più pericoloso per la salute deriva principalmente dal traffico veicolare e dal riscaldamento domestico.
Limite giornaliero superato in 96 stazioni
Ad eccezione di qualche caso isolato, negli ultimi cinque anni il valore limite annuale di PM10 risulta rispettato su tutto il territorio nazionale. Il valore limite giornaliero (50 microgrammi per metro cubo, da non superare più di 35 volte in un anno), invece, è stato superato in 96 stazioni. Una quantità pari al 17% dei casi nell’area del bacino padano, a Napoli e comuni limitrofi e nella Valle del Sacco (Fr). Isolati casi di violazione nella Piana Lucchese, a Terni, Colleferro (Rm), nella pianura Venafrana (Is), a Palermo e Catania. Va comunque registrata nel 2024 una riduzione media di circa il 20% rispetto alla media del decennio 2014-2023.
Cosa provoca il PM2.5
Oltre al PM10, esiste anche il particolato noto come PM2,5, costituito da particelle ancora più piccole. Queste sono ancora più pericolose perché possono penetrare più in profondità nei polmoni e persino entrare nel flusso sanguigno, causando danni a diversi organi. I soggetti più a rischio sono le persone con problemi cardiaci o polmonari, i bambini e gli anziani. L’inalazione di particolato aggrava le malattie cardiorespiratorie e aumenta il rischio di morte prematura. Nei bambini, l’esposizione al PM2.5 può causare problemi respiratori, crisi asmatiche e ridurre la funzione polmonare.
Dati su PM2.5 e biossido di azoto
Nel 2024 per il PM2.5 sono stati rispettati per la prima volta i limiti da quando si effettuano i monitoraggi (dal 2007), confermando la tendenza degli ultimi 4 anni con qualche superamento in 3-4 stazioni. Anche qui si verifica una modesta riduzione del 3,1% rispetto ai valori medi dell’ultimo decennio. Il valore limite annuale di biossido di azoto, di 40 microgrammi per metro cubo, è stato rispettato in larga parte del paese (606 stazioni su 617, pari al 98% dei casi). Superamenti si sono registrati in prossimità di aree ad alti flussi di traffico stradale nei centri urbani di Torino, Genova, Roma, Napoli, Catania, Palermo e nell’agglomerato di Milano.
Ozono critico per la qualità dell’aria
Nel 2024 l’obiettivo a lungo termine per la protezione della salute umana (Olt) è stato rispettato solo in 55 stazioni su 343. Pari al 16% delle stazioni con copertura temporale sufficiente. L’Olt è stato superato per più di 25 giorni in 149 stazioni (43%). Mentre sono stati quasi del tutto assenti i superamenti della soglia di allarme (1 sola stazioni su 344), numerosi e diffusi sono stati i superamenti della soglia di informazione. In particolare nelle regioni del bacino padano. I livelli più alti, per i complessi meccanismi che regolano la formazione di questo inquinante, si verificano nelle zone suburbane e rurali sottovento alle masse d’aria provenienti dalle aree più popolose.
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