Beatrice Putti. Ha lavorato per 40 anni con i bambini disabili e ora è in pensione. Appassionata di scrittura ha frequentato diversi corsi di scrittura creativa e partecipato a diversi concorsi ottenendo premi e riconoscimenti. Partecipa al Concorso 50&Più per la prima volta. Vive a Siena.
Apro gli occhi. Il soffitto bianco quasi mi abbaglia; nelle orecchie solo il soffio leggero dell’aria condizionata. Sento il corpo intorpidito ed i pensieri galleggiare nella testa. Sono un po’ confusa ma mi sento leggera. Riposata. Devo aver dormito tanto. Gliel’ho detto a quel dottorino con gli occhi gentili. “Ho bisogno di riposo”.
“Va bene, signora Franca, ci pensiamo noi. Mi vuole raccontare perché si sente tanto stanca?”.
E io ho iniziato a parlare, contenta di avere finalmente qualcuno che volesse ascoltarmi.
“Lo sbaglio, dottore è stato prendere quella casa in affitto. Per risparmiare 150 euro, Rino, il mi’ marito, ha voluto un trilocale al terzo piano invece di una villetta in pineta con tre camere, che, è vero, era un po’ lontana dalla spiaggia, ma almeno era grande e fresca. Perché, sa dottore, noi a luglio portiamo i nostri nipoti Jessica e Braian al mare. Il mi’ figliolo, poverino, è cassiere in Banca e a stare al pubblico ci vuole tanta pazienza e lui, il mi’ figliolo è tanto stressato, ha bisogno di una tregua, almeno un mese all’anno; e pure mia nuora Angela, anche lei è tanto stressata. Lavora in un asilo. Con i bambini. Come si fa a non aiutarli? Così a luglio portiamo i nipoti al mare. È faticoso. Sono parecchio agitati. Litigano, vogliono stare in acqua quanto gli pare, rispondono. A dire la verità sono abituati male, ma sa dottore, noi nonni un sacrificio si fa volentieri…
Quest’anno ci hanno affibbiato anche il cane, Briciola, un cockerino ignorante e viziato buono solo ad abbaiare e cacare da tutte le parti. Abbiamo dovuto chiuderlo sul terrazzo perché dentro non c’era abbastanza spazio nemmeno per noi, figuriamoci per il cane e lui non ha mai smesso di abbaiare. Come se non bastasse la settimana prima di partire se ne è andata Svetlana, la badante di mia suocera. Quella stronza l’ha accusata di averle rubato un paio di orecchini e lei, Svetlana ha detto che ne aveva abbastanza della Signora, ci ha dato otto giorni di preavviso e se ne è tornata in Ucraina. Dottore, indovini a chi è toccata la vecchia? A noi, naturale. Mia cognata Mirella ormai aveva fissato il traghetto per la Sardegna.
Così siamo finiti in cinque in un trilocale più il cane. Rino non si è scomposto. Per forza. La mattina dopo piantato l’ombrellone prende la bicicletta e la canna da pesca e si rivede all’ora di pranzo.
Io devo sistemare la vecchia, i bambini, il cane e tutto il resto. Ieri? Vuole sapere di ieri dottore? È successo che si è intasato il water… Riesce ad immaginare che razza di problema sia un cesso intasato a luglio al mare? Trovare un idraulico diventa più difficile che vincere al Superenalotto! Crede che Rino si sia ingegnato per risolvere in qualche modo la faccenda? Si sbaglia. Rino si schifa. È delicato lui.
Mi sono ingegnata io. Prima con l’idraulico liquido e poi con un attrezzo comprato alla ferramenta, una specie di tubo flessibile con una manovella che penetra la massa e la smuove.
Alle 12,30 quando è tornato Rino con i pesci ero impegnata in questa operazione. Jessica e Braian si rincorrevano per la casa con le pistole ad acqua, il cane abbaiava, la vecchia mi chiamava da camera, e quel coglione dopo aver depositato i pesci nell’acquaio pretendeva la frittura per pranzo. Io ci ho provato. Mi sono lavata le mani, sono andata in cucina, ho pulito i pesci, ho cercato l’olio, la padella e stavo per riempirla quando Rino si è avvicinato. “Franca, non hai finito di pulire in bagno. Devo fare la doccia”. È stato un attimo. Il braccio è scattato praticamente da solo. L’ho centrato in pieno alla nuca, un colpo secco. È crollato a terra come un sacco di patate. Sono rimasta a guardarlo come ipnotizzata. Poi mi ricordo solo il suono della sirena delle ambulanze.
Devono averlo portato via. Anche me hanno portato via. Gli infermieri mi guardavano strano.“Devo frigge’ i pesci, io devo frigge i pesci” borbottavo mentre l’ambulanza partiva. È l’ultima cosa che ricordo.