I segni delle violenza resistono nel codice genetico delle vittime. A dirlo è lo studio pilota EpiWE, promosso a riguardo dall’Istituto Superiore di Sanità nel 2023, che ora entra in una nuova fase.
La violenza trasforma chi la subisce, non solo nell’anima ma anche nel corpo, sino ad arrivare al suo Dna. È in grado di alterare mediante modificazioni epigenetiche la funzionalità del Dna delle donne che ne sono state vittime, in particolare alterando tre geni. A dimostrarlo è EpiWe, Epigenetics for Women, studio realizzato dall’Istituto Superiore di Sanità in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano e la Fondazione Ca’ Granda dell’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano.
I risultati preliminari
Lo studio, promosso nel 2023, entra ora in una nuova fase ampliando il campo di ricerca. I risultati preliminari erano stati ottenuti attraverso l’utilizzo di un pannello di 10 geni. Questo ha rappresentato il punto di partenza per il successivo sviluppo. Oggi include la collaborazione del Centro Nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie del Ministero della Salute.
La nuova fase
Questa nuova fase di ricerca coinvolge 7 unità operative di 5 regioni (Lazio, Lombardia, Campania, Puglia e Liguria). Grazie alla medicina territoriale, ai pronto soccorsi e ai centri antiviolenza, le donne vengono informate sulla possibilità di donare un loro campione biologico per partecipare allo studio. Lo scopo è coinvolgere più donne possibile, e di valutarne i cambiamenti epigenetici nel tempo, sottoponendole ad almeno quattro prelievi di sangue nell’arco di 18 mesi.
La raccolta dei dati
I campioni biologici saranno corredati da una serie di dati sul benessere psicofisico, con un’attenzione particolare alle patologie legate allo stress. Per la raccolta dei dati è stata creata una scheda informatica che include 4 domande di contesto, 5 per indagare il rischio di recidiva violenta e 18 per identificare un’eventuale sindrome da stress post traumatico. Lo scopo è riuscire a intercettare precocemente, e per un numero più alto possibile di donne gli eventuali problemi di salute scaturiti da situazioni di violenza.
“La violenza riguarda tutte le classi sociali e le etnie con una notevole influenza negativa sulla salute delle donne – ha dichiarato il presidente dell’Iss Rocco Bellantone durante la presentazione del progetto nel corso del convegno Epigenomica della violenza sulle donne, studio multicentrico -. L’individuazione precoce, gli interventi adeguati e la cooperazione multidisciplinare sono fattori cruciali per contrastare la violenza di genere. La ricerca e la sanità pubblica svolgono un ruolo centrale nell’individuazione dei fattori di rischio e di protezione, e nella comprensione del legame tra la violenza e gli effetti a lungo termine sulla salute”.
Un video per partecipare alla campagna
Per incentivare la partecipazione alla campagna di ricerca, l’Istituto Superiore di Sanità ha prodotto anche un video-appello. Lo spot invita le donne a sottoporsi a un prelievo di sangue per indagare le tracce della violenza sul proprio Dna.
L’obiettivo è diffonderlo nelle asl, negli studi dei medici di medicina generale, ma anche in luoghi non sanitari come librerie e supermercati. È possibile donare il proprio campione di sangue scrivendo all’indirizzo email: epi_we@iss.it.
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