“La storia siamo noi, nessuno si senta offeso, siamo noi questo prato di aghi sotto il cielo. La storia siamo noi, attenzione, nessuno si senta escluso”
(F. De Gregori)
Ci sono concetti appresi nel corso degli studi universitari che poi restano. Concetti che si insediano più nella coscienza che nella memoria. Punti di riferimento sempre utili per orientarsi nella complessità del presente (…proprio come gli uomini in montagna).
Uno di questi, che allora si fece prepotentemente largo nella mia testa, riguarda il concetto di storia secondo un certo Edward Carr. In sintesi, secondo lo studioso, la storia sarebbe sempre la risultante di tutte quelle forze – grandi, piccole, palesi, nascoste, attive o anche inermi – che gli individui, indipendentemente dai propri atti volontari, fanno comunque valere per il solo motivo di esistere ed essere parte della società. Dunque alla storia non si assiste, né vi si esce perché, piaccia o no, vi si prende comunque parte.
Questa concezione può sembrare elementare, ma, al contrario, ha grande importanza per le implicazioni che ne derivano. Infatti, se il corso della storia è determinato da “tutte” le forze, espresse o inespresse, non ci si può sottrarre. In altre parole, anche se lascio fare ad altri e mi disinteresso di tutto, imprimo anch’io un andamento alla storia.
Talvolta vorremmo dire il famoso “fermate il mondo, voglio scendere”, ma fintanto che siamo al mondo non abbiamo altra possibilità che esserne parte.
Dunque, ciò che sembrerebbe una opzione possibile è nei fatti una illusione. Anzi, proprio quando da parte di molti non vi è l’assunzione di responsabilità del proprio “peso” – per quanto apparentemente infinitesimale – si apre la via a divisioni, a contrapposizioni, al conflitto, alle varie forme di autoritarismo. In questa prospettiva, però, resta aperta una questione di fondamentale importanza: con quale criterio giocarsi questo “peso” che comunque, in quanto individui, in un modo o nell’altro, ognuno di noi ha? Come, da un lato, restare liberi e coerenti con se stessi e, dall’altro, far sì che le proprie idee e posizioni risultino massimamente utili e costruttive?
L’energia genera interesse, cura, motivazione, intraprendenza, coraggio, inventiva e si esprime attraverso forme che siamo abituati a riconoscere immediatamente nel nostro interlocutore: apertura, rispetto, disponibilità, collaborazione.
L’energia, quella umana, è la risorsa più grande che abbiamo a disposizione.
Se vogliamo giocare al meglio il peso che abbiamo nella comunità di cui facciamo parte, chiediamoci sempre cosa produce e cosa diminuisce energia. Cosa genera energia negli altri e cosa invece gliela sottrae. Sono domande semplici che richiedono risposte semplici. Sono un invito a ciascuno di noi ad agire con la consapevolezza del proprio “peso” e la certezza di poter fare sempre la differenza, anzitutto nei confronti delle persone che condividono la quotidianità con noi.
Penso che valga la pena rifletterci e chiedersi sempre se ciò che stiamo per fare e il modo in cui intendiamo farlo aumenti o diminuisca l’energia in chi ci è vicino. Del resto sappiamo già bene che il successo di ogni impresa, di ogni progetto è – per l’appunto – la risultante di tanti atti di energia di ciascuno, dunque, “…nessuno si senta escluso”.
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