Nel nostro Paese, già prima del Covid-19, un anziano su 5 viveva uno stato di isolamento sociale. Una condizione senza contatti con altre persone, neppure telefonici, nel corso di una settimana normale.
A dirlo sono i dati di Passi d’Argento, il Sistema di sorveglianza sulla popolazione anziana coordinato dall’Iss – l’Istituto Superiore di Sanità – e raccolti nel periodo 2016-2019. Così, alla fine, la pandemia ha trovato terreno fertile anche su questo versante. Il rischio ora è quello di un peggioramento della qualità della vita per l’acuirsi dell’isolamento, soprattutto per gli anziani più fragili o con patologie croniche.
Isolamento sociale: più al Centro e al Meridione
Avere relazioni sociali è fondamentale per la qualità della vita. Non averle può infatti compromettere le attività quotidiane e il soddisfacimento delle principali necessità.
Come anticipato, su base nazionale, l’isolamento sociale riguarda un anziano su 5. In particolare, il 21% della popolazione ha dichiarato che, nel corso di una settimana normale, non ha avuto contatti, anche solo telefonici, con altre persone, mentre il 71% non partecipa ad incontri collettivi presso punti di aggregazione come il centro anziani, il circolo, la parrocchia o le sedi di partiti politici e di associazioni.
Si tratta di una condizione di isolamento sociale più frequente fra gli over 85, soprattutto tra chi ha un basso livello di istruzione. Tra gli ultra 65enni con maggiori difficoltà economiche, inoltre, l’isolamento sociale è del 31%.
Se dall’indagine non emergono differenze significative per genere, l’isolamento sociale non risulta invece uguale in tutto il Paese. A livello di macro aeree geografiche le punte più accentuate si riscontrano al Centro e al Meridione. Sul piano regionale l’apice è in Abruzzo: qui un anziano su 3 non ha relazioni. Nel dettaglio, circa 8 anziani su 10 sono impossibilitati a partecipare alla vita sociale e 3 su 10 a fare quattro chiacchere con qualcuno. Situazioni simili si registrano in Campania e in Calabria.
La partecipazione sociale si riduce con l’età
La partecipazione ad eventi sociali, come gite o soggiorni organizzati, o la frequentazione di corsi di formazione, coinvolge poco più di 2 persone su 10. Basti pensare che solo il 23% degli ultra 65enni ha partecipato a uno di questi eventi, per lo più gite e soggiorni, meno del 5% frequenta un corso di formazione (corsi di inglese, cucina, uso del computer o percorsi presso università della terza età).
La partecipazione agli eventi sociali si riduce con l’età: si passa dal 31% dei 64-75enni all’appena 6% degli ultra 85enni. Coinvolge meno le donne e i cittadini stranieri, ed è decisamente inferiore fra le persone con un basso livello distruzione e tra chi ha difficoltà economiche. La maggiore partecipazione sociale si osserva nelle province autonome di Bolzano e Trento.
L’anziano impegnato nella famiglia e nella società
Quasi un over 65 su 3 rappresenta una risorsa per i propri familiari o per la collettività: il 19% si prende cura di congiunti, il 14% di familiari o amici con cui non vive e il 5% partecipa ad attività di volontariato. Questa capacità o volontà di essere risorsa è una prerogativa femminile (32% fra le donne e 24% negli uomini) e si riduce notevolmente con l’avanzare dell’età (coinvolge il 37% dei 65-74enni, ma appena il 9% degli ultra 85enni). Inoltre, è minore fra le persone con un basso livello di istruzione e tra chi ha difficoltà economiche. Nelle Regioni del Nord la quota di “anziano risorsa” è mediamente più alta che nel resto del Paese. È nelle Province autonome di Bolzano e Trento che si osservano i valori più alti.
Disabilità e carico di cura
Tra gli ultra 65enni, la perdita di autonomia nello svolgere anche una sola attività fondamentale della vita quotidiana coinvolge 15 persone su 100. La disabilità cresce con l’età. In particolare, dopo gli 85 anni, interessa circa la metà degli anziani (48%). È mediamente più frequente fra le donne (il 18% contro l’11% degli uomini), fra le persone con difficoltà economiche o con una bassa istruzione.
La quasi totalità delle persone con disabilità (99%) riceve aiuto. Ma questo carico di cura e di assistenza è per lo più sostenuto dalle famiglie, assai meno dal servizio pubblico delle Asl e dei Comuni. Il 94% delle persone con disabilità dichiara di ricevere aiuto dai propri familiari per attività della vita quotidiana per cui non è autonomo, il 37% da badanti, l’11% da conoscenti. Meno del 10% riceve aiuto a domicilio da operatori socio-sanitari, il 3% riceve assistenza presso un centro diurno. Una piccola quota è sostenuta da associazioni di volontariato (2%). Fra loro una persona su 4 riceve un contributo economico per questa condizione di disabilità (come l’assegno di accompagnamento).
«La pandemia – spiega Maria Masocco, responsabile del coordinamento nazionale Passi d’Argento dell’Iss – rischia di aumentare le disuguaglianze sociali nella salute, nella qualità di vita e nell’accesso alle cure. Monitorare le dimensioni che caratterizzano l’invecchiamento nel nostro Paese è un’opportunità unica per avere anche informazioni sull’impatto di questa emergenza sanitaria sulla popolazione anziana in Italia».
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