La recente approvazione del regolamento sull’intelligenza artificiale da parte del Parlamento europeo, i fondi stanziati dal Pnrr in questo ambito, i nuovi e numerosi centri di ricerca per rendere questa tecnologia sempre più funzionale sono necessari. Certamente. Da soli però non bastano. Non bastano perché, se da un lato abbiamo il progresso pronto ad aggravare il divario digitale, dall’altro abbiamo il divario sociale. È su quello che dobbiamo agire tutti e subito. E dobbiamo farlo perché, se restiamo fermi, in questo senso, il divario già importante continuerà ad aumentare e avrà come unica e sola conseguenza l’avanzamento delle distanze.
Penso alle distanze sociali, a quelle economiche ma anche a quelle legate all’età. È per questa ragione che, prima di tutto, dobbiamo parlare di equità e dobbiamo farlo prima ancora di parlare di uguaglianza. Quando parliamo di colmare il digital divide non possiamo limitarci al concetto di uguaglianza, che implica una distribuzione uniforme delle risorse. Dobbiamo invece puntare all’equità, che significa fornire a ciascuno ciò di cui ha specificamente bisogno per raggiungere il proprio potenziale. Questo concetto di equità richiede interventi mirati e personalizzati, che tengano conto delle diverse esigenze delle comunità e delle persone. Per avvicinare le periferie al centro, è necessario un impegno significativo da parte delle istituzioni pubbliche e private nell’investire in infrastrutture digitali. Portare la banda larga nelle aree rurali e periferiche è un passo fondamentale, ma non sufficiente. Occorre anche implementare programmi di alfabetizzazione digitale che forniscano alle persone le competenze necessarie per navigare nel mondo digitale.
Questi programmi devono essere accessibili a tutti e devono tenere conto delle diverse esigenze, con particolare attenzione ai gruppi più fragili, come gli anziani e le comunità marginalizzate. È fondamentale che il punto di partenza sia lo stesso per tutti, per chi gode di autonomia economica, per chi vive in condizioni di indigenza, per chi può accedere a titoli di studio elevati e per chi non ha la possibilità di farlo, per chi è giovane e può attrezzarsi senza difficoltà per l’utilizzo di nuove tecnologie e per chi ha bisogno di supporto. Per chi vive in centri urbanizzati e per chi vive in periferia. Se tutti fossimo nelle stesse condizioni di apprendere, di scegliere, di decidere come vivere il nostro futuro, anche la comunità ne gioverebbe perché non ci sarebbero differenze e tutti avremmo anche gli strumenti per decriptare quanto ogni giorno ci viene proposto nei vari ambiti della quotidianità.
È grazie allo studio, alla scienza che oggi possiamo vantare la conoscenza di applicativi informatici che rendono migliore il nostro quotidiano, offrendo delle potenzialità straordinarie. Dalla sfera sociale a quella pubblica e personale. Tanti i passi avanti nel campo della ricerca scientifica, della sanità, della sostenibilità. Non vanifichiamo l’enorme lavoro di questi ultimi anni, impegniamoci affinché il progresso e i benefici delle comunità siano frutto di un lavoro collettivo perché è solo quando ci si sente partecipi di un cambiamento che quel processo diventa universale, condiviso e prezioso.
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