In fase di verifica una soluzione alternativa alla vigente “Quota 100”. Tra le diverse proposte, una nuova “Quota 41”
Passano le settimane e si avvicinano ormai le luci del Natale, ma Governo e Parlamento non hanno ancora trovato la soluzione per scongiurare lo “scalone” generato dal superamento (questa dovrebbe essere l’unica certezza, nonostante i colpi di coda di qualche forza politica che ne chiede la proroga di almeno un anno) di “Quota 100” dal prossimo 1 gennaio 2022; né si sa se le misure di flessibilità in uscita che verranno adottate saranno a carattere strutturale o transitorio. Se ne saprà di più nelle prossime settimane, quando sarà presentata la Legge di Bilancio.
E, del resto, è legittimo procedere con molta cautela e con grande attenzione alla sostenibilità delle misure che saranno adottate, perché la spesa pensionistica nel 2020 ha raggiunto una quota pari addirittura al 17% del PIL (era pari al 15,2% prima dell’introduzione di Quota 100); solo per rendere l’idea, la spesa sanitaria nello stesso anno – l’anno del Covid – è stata pari al 7,5% del PIL, mentre quella per l’istruzione di ogni ordine e grado è stata pari al 3,9%.
Le soluzioni proposte sono le più varie (i Partiti hanno presentato ben 9 diverse proposte di legge): si va da “Quota 102” ad una nuova pensione a scaglioni: la quota contributiva a 63 anni e quella retributiva a 67; dalla creazione di un “Fondo nazionale per la flessibilità in uscita dal mercato del lavoro” con gli stessi requisiti di “Quota 100”, fino a varie ipotesi di pensionamento anticipato, con riduzione dell’importo della pensione commisurata al numero di anni di anticipo rispetto all’età per il pensionamento di vecchiaia.
Tra le possibili soluzioni proposte, quella che incontra un consenso pressoché unanime (salvo quello – non del tutto secondario – di INPS e Ragioneria di Stato, che la ritengono insostenibile per i conti pubblici) è l’introduzione di una nuova quota: “Quota 41”.
Ma c’è anche chi – molti, in verità – ritiene che non sia necessario procedere ad un’ennesima riforma, che, modificando di nuovo le regole, potrebbe ingenerare ulteriore incertezza e sfiducia nella stabilità del sistema previdenziale, spingendo così molti lavoratori ad uscirne prima possibile (per il timore di trovare qualche sorpresa dietro l’angolo), aggravandone così la situazione di sostenibilità, in una pericolosa spirale viziosa.
Da più parti si spinge, infatti, per una soluzione che non stravolga l’attuale struttura del sistema previdenziale e miri invece, semplicemente, a rafforzare ed ampliare la platea dei beneficiari di misure già oggi esistenti come, ad esempio, il Contratto di Espansione, l’Opzione Donna, l’APE Sociale e… “Quota 41”.
La pensione per i Lavoratori Precoci
Sì, perché già oggi alcune categorie di lavoratori possono accedere alla pensione con 41 anni di contribuzione effettiva (requisito valido sia per gli uomini che per le donne), indipendentemente dall’età anagrafica: sono i cosiddetti “Precoci”, lavoratori, cioè, che hanno cominciato a lavorare in giovane età – che possono quindi far valere almeno 12 mesi di contribuzione prima del compimento del 19° anno di età – e che si trovino anche in una delle seguenti condizioni di disagio lavorativo, economico o familiare:
– Stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, o dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale, con conclusione integrale della prestazione da almeno tre mesi;
– Abbiano un grado di invalidità civile accertato superiore o uguale al 74%;
– Assistano, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, del coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità;
– Abbiano svolto attività particolarmente faticose e pesanti (cosiddette. attività “usuranti”), quali lavoratori notturni, lavoratori addetti all’industria di catena, ecc.;
– Si tratti di lavoratori dipendenti che hanno svolto un’attività lavorativa cosiddetta “gravosa” ricompresa tra specifiche categorie, per almeno sette anni negli ultimi dieci anni di attività lavorativa, ovvero, per almeno sei anni negli ultimi sette anni di attività lavorativa:
- operai dell’industria estrattiva, dell’edilizia e della manutenzione degli edifici;
- conduttori di gru o di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni;
- conciatori di pelli e di pellicce;
- conduttori di convogli ferroviari e personale viaggiante;
- conduttori di mezzi pesanti e camion;
- personale delle professioni sanitarie infermieristiche ed ostetriche ospedaliere con lavoro organizzato in turni;
- addetti all’assistenza personale di persone in condizioni di non autosufficienza;
- insegnanti della scuola dell’infanzia ed educatori degli asili nido;
- facchini, addetti allo spostamento merci ed assimilati;
- personale non qualificato addetto ai servizi di pulizia;
- operatori ecologici ed altri raccoglitori e separatori di rifiuti;
- operai dell’agricoltura, della zootecnia e della pesca;
- pescatori della pesca costiera, in acque interne, in alto mare, dipendenti o soci di cooperative;
- lavoratori del settore siderurgico di prima e seconda fusione e lavoratori del vetro addetti a lavori ad alte temperature;
- marittimi imbarcati a bordo e personale viaggiante dei trasporti marini e in acque interne.
Per accedere al beneficio, i lavoratori interessati devono presentare una domanda di “riconoscimento” entro il 1 marzo di ciascun anno, presentando poi la domanda di pensione quando l’INPS ha accertato l’effettivo diritto. Per chi nel 2021 non ha presentato domanda di riconoscimento nei termini stabiliti, è prevista la possibilità di presentarla entro il 30 novembre: in questo caso, la domanda sarà presa in considerazione solo se risulteranno ancora risorse residue rispetto a quanto stanziato per il 2021 per finanziare la specifica misura.
L’APE Sociale
Pur se con alcune differenze (ad esempio, la necessità, per i lavoratori in stato di disoccupazione, di dimostrare una condizione di disoccupazione di lunga durata), condizioni di disagio lavorativo, economico e familiare analoghe a quelle richieste per il diritto al pensionamento come “Precoci” danno diritto anche all’APE Sociale”, ovvero un “anticipo pensionistico” di importo massimo pari ad € 1.500 mensili, che accompagna fino al pensionamento di vecchiaia quelle categorie di lavoratori, ritenute meritevoli di una particolare tutela, a condizione che abbiano maturato almeno 63 anni di età ed un requisito di anzianità contributiva di almeno 30 (disoccupati, “caregivers” e invalidi) o 36 anni (addetti ai lavori gravosi).
I soggetti che soddisfino entro il 31 dicembre 2021 le condizioni richieste per il diritto all’APE, devono presentare richiesta di riconoscimento delle condizioni di accesso al beneficio entro il 30 novembre 2021.
Questa misura è in scadenza proprio a fine 2021; peraltro, è proprio sull’allargamento della platea dei beneficiari dell’APE Sociale – privilegiando i lavoratori fragili e quelli gravosi – che si concentrano le maggiori attenzioni per un superamento “soft” dello scalone previdenziale che si verrebbe a creare dal 1/1/2022.
Proprio nelle scorse settimane, una Commissione tecnica promossa dal Ministero del Lavoro ha prodotto una proposta di allargamento delle categorie di lavori gravosi che possono dare diritto all’APE Sociale, misura che non solo verrà con ogni probabilità prorogata oltre il 2021, ma addirittura rafforzata e resa strutturale o, quanto meno, stabilizzata fino al 2026.
Questa proposta – basata su presupposti scientifici: frequenza, gravità e durata degli infortuni e delle malattie professionali per singola attività – allargherebbe dagli attuali 15 a 57 (per un totale di oltre 200 mansioni) i gruppi di lavori “gravosi” che comportano un pensionamento anticipato rispetto alla generalità degli altri lavoratori e potrà costituire, forse, parte di quell’intervento “soft” e non troppo invasivo sul sistema previdenziale, resosi necessario per garantire un “atterraggio morbido” dopo il superamento di “Quota 100”.
Gli Uffici 50&PiùEnasco presenti su tutto il territorio nazionale possono fornire ai lavoratori interessati tutte le valutazioni e le informazioni, verificando il diritto e la convenienza dell’accesso al pensionamento sia come “Precoci” che con l’“APE Sociale”, e potranno provvedere alla presentazione della relativa domanda.
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