Giovanni, Angela e Paola hanno tre vite diverse. Le loro voci raccontano uno spaccato sociale disegnano i contorni di una condizione diffusa che vede da un lato dati in calo sulla disoccupazione, dall’altro la dignità di essere indipendenti. Le loro testimonianze
“Ho appena finito di lavorare. Non mi disturba”. “Sono contenta, allora ha trovato lavoro?”, “No, da qualche tempo il mio lavoro è quello di cercare un lavoro”. È un’ironia amara quella di Giovanni. Ha 57 anni, vive in provincia di Avellino e, da quando l’azienda in cui lavorava ha chiuso, trascorre le giornate spulciando annunci, chiamando conoscenti, o amici di amici che possano tirarlo fuori da questo limbo disperato. «Niente di niente. Sembra che nessuno voglia offrire un lavoro a chi ormai è fuori dall’età ‘giusta’. Ma io non mollo, qualcosa uscirà, sono certo. L’importante è non perdere mai la speranza – spiega Giovanni con una voce stanca ma non rassegnata -. Non avrei mai pensato di ritrovarmi disoccupato alla mia età. La pandemia ha fatto perdere migliaia di posti di lavoro e a quel tempo pensavo “caspita, deve essere un vero dramma”, io sono stato fortunato, l’azienda ha retto, forse anche per questo oggi risulta ancora più difficile mandare giù un boccone così amaro», dice. Vive con sua moglie, impiegata, e la sua seconda figlia, prossima a conseguire la laurea specialistica in Lettere. «Lei è molto brava, è studiosa e ha vinto sempre la borsa di studio. Se io e mia moglie dovessimo pagarle gli studi adesso, a qualcosa certamente dovremmo rinunciare, un solo stipendio è davvero troppo poco – aggiunge -. L’aspetto economico in tutta questa faccenda conta, non posso dire il contrario, ma quello che davvero sta diventando insopportabile è la sensazione – sempre più forte – di avere la dignità calpestata».
I dati Istat raccontano che nel 2023 (ultimo anno disponibile ndr) il tasso di disoccupazione, sulla scia degli anni precedenti, è ancora in calo, nonostante esistano differenze molto marcate tra il Nord e il Sud del Paese. La storia di Giovanni e della sua famiglia si inserisce qui, in questo spaccato socioeconomico del Meridione che non può e non deve rappresentare sempre l’eccezione alla regola. La sua testimonianza, emozionata e forte, è la stessa di tante altre voci, più silenziose, meno robuste perché, quando ‘la dignità viene calpestata’, si perde l’autorevolezza di farsi sentire. La percentuale degli occupati, invece, cresce. Nel 2023, circa 500mila persone hanno trovato un impiego.
Angela ha 51 anni, vive con il suo compagno in un paesino a sud dell’Abruzzo e da poco ha trovato lavoro in una piccola sartoria. «È stata una benedizione. Non so quanto tempo ancora saremmo andati avanti con il suo stipendio saltuario. I soldi servono sempre e non per fare la bella vita, certo anche per quella se ne hai abbastanza ma più di tutto i soldi servono per ‘andare avanti’, per avere la libertà di prenotare una visita medica senza aspettare tempi infiniti. Ho ripreso a lavorare da tre mesi, dopo due anni di ‘buio’ e, mi creda, non sono mai stata più felice di così in tutta la vita, mi sembra di essere rinata, adesso guardo il mondo con occhi diversi. Fino a qualche settimana fa non avevo neppure la forza di uscire di casa, mi sentivo come svuotata. Oggi, invece, è tutto diverso: ogni giorno vivo una nuova sfida. Il mio contratto di assunzione è a tempo determinato ma la serietà dei miei datori di lavoro mi fa ben sperare. Dopotutto sa che le dico? Se dovesse andare male non mollerei, se ci sono riuscita una volta a rialzarmi perché non dovrei farlo ancora?».
Le storie di Giovanni e di Angela sono il volto della precarietà, sono la testimonianza che non si è mai troppo grandi, o troppo piccoli, per rimboccarsi le maniche, non si è mai al riparo dalle circostanze della vita. Poi c’è la voce di Paola, una manager di successo che oggi ricopre un ruolo importante.
«Non creda che non abbia faticato per arrivare dove sono. I sacrifici, per molti anni, sono stati il mio pane quotidiano. Ricopro una posizione importante, certo, ho uno stipendio più che dignitoso ma non dimentico da dove sono partita, non dimentico gli anni di studio, le porte in faccia». Paola ha 63 anni, lavora in ambito farmaceutico. «Sono molto soddisfatta di quanto ho costruito. Si è trattato di fortuna? Mi sono trovata al posto giusto nel momento giusto? Ho investito dove molti non investono? Non saprei, credo che la vita vada costruita giorno dopo giorno. Pensare di essere arrivati è un errore, convincersi che nulla possa cambiare il destino anche. Amo il mio lavoro, amo il rapporto che ho con i miei collaboratori, amo la serenità che tutto questo mi dà perché inevitabilmente il nostro stato d’animo si riversa nella quotidianità delle nostre famiglie, e quando c’è la serenità c’è anche la capacità di affrontare con responsabilità qualsiasi scelta».
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