Uno studio recente, pubblicato su un’importante rivista scientifica, ha dimostrato che la vita umana ha smesso di allungarsi. Attorno a questo dato è cresciuta una seria discussione, perché altri scienziati hanno mostrato disaccordo con quanto riportato da Nature Aging. Sulla base di quanto è oggi noto sarebbe poco serio trarre conclusioni certe; però, in attesa di risposte dalla scienza, in grado di darci indicazioni in un senso o nell’altro, mi pongo la seria domanda: se il futuro sarà caratterizzato da una barriera all’aumento della speranza di vita, come vivremo? Se, invece, la nostra epoca sarà caratterizzata da un continuo aumento dell’aspettativa di vita delle donne e degli uomini, sarà un evento desiderabile o sarà vissuto negativamente?
Provo a rispondere a questi interrogativi, analizzando le due ipotesi.
La prima sostiene che abbiamo raggiunto il tetto massimo della nostra sopravvivenza. Già in passato si era sostenuto che la nostra specie era destinata a raggiungere una certa età, ipotizziamo i 90 anni, e che poi tutti sarebbero morti in un lasso di tempo molto breve. Non è una bella prospettiva; ogni persona che si avicinasse a quell’ipotetico traguardo vivrebbe con angoscia gli ultimi anni, facendo il conto ogni giorno di quante ore, settimane, mesi, anni gli rimarrebbero da vivere. Si diventerebbe facilmente infelici, ansiosi, esprimendo due atteggiamenti opposti: il fatalismo rinunciatario, “tanto non c’è più nulla da fare” o, al contrario, il super attivismo, dettato dall’imperativo di realizzare ogni cosa possibile nel poco tempo rimasto prima della fine. Nel complesso, quindi, l’eventuale blocco dell’aumento della lunghezza della vita non porterebbe serenità né nella vita personale né in quella delle comunità.
La seconda alternativa, quella attorno alla quale si sta sviluppando un’enorme quantità di studi (la scienza non ha forse come compito principale quello di garantire sempre qualche cosa di nuovo e di bello all’umanità?) ci pone di fronte a un interrogativo pesante, anche se affascinate, riguardo all’apprezzamento o meno da parte dei nostri concittadini di questo ‘dono’ ricevuto, anche se non richiesto né sperato. Questi ‘anni possibili’ inducono gioia, aspettative da realizzare con serenità, voglia di fare e di amare o, al contrario, saranno caratterizzati dalla preoccupazione, dall’incertezza, dalla sensazione anticipata della fatica che dovrà essere affrontata in tanti futuri anni in più? Qualcuno potrebbe interpretare come depressivo questo atteggiamento, ma è invece uno stato d’animo diffuso tra molte persone. Vi sarà, inoltre, chi porrebbe problematiche generali, quali la reale possibilità economica di garantire la sopravvivenza di un numero sempre maggiore di anziani. Per molti altri, fortunatamente, gli anni possibili che sarebbero donati dall’evoluzione dei tempi sono anni accettati positivamente, dominati dalla voglia di fare e di produrre per sé e per gli altri. Peraltro, si instaura un circolo virtuoso, perché gli anni aggiunti, se vissuti con ottimismo e con impegno, producono nuova vita. È infatti ormai acclarato nella letteratura scientifica che una vita ricca, generosa, attiva produce anni in più, mentre chi si isola, non ha interessi, si chiude in sé stesso è destinato ad una vita più breve, soprattutto a causa di un assommarsi di malattie. Di fatto, quindi, chi apprezza gli anni in più ha davanti a sé una prospettiva di un continuo miglioramento della propria condizione. A cominciare dalla salute: chi vive assieme agli altri, generosamente, incorre in minori rischi di malattia. Peraltro, è anche noto che chi assume verso i concittadini un atteggiamento di supporto e vicinanza poi percepisce la loro gratitudine, ulteriore fattore importante per il benessere somatico e psicologico.
Gli anni futuri sono pieni di incertezze; però, chi è iscritto a 50&Più dimostra concretamente di apprezzare la vita in tutte le sue espressioni. Anche in età di pensione c’è spazio per una vita piena, aperta alle relazioni, disponibile ad apprendere cose nuove e a donare il proprio tempo all’insegna di un’esistenza attiva, ricca di interessi e di generosità. In questa prospettiva l’interrogativo del titolo riceve una risposta positiva. Sì, possiamo avere lunghi anni desiderabili davanti a noi!
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