Lisbona introduce la prima legge europea che definisce e sanziona la violenza ostetrica. La comunità medica insorge, parlando di “stigma inaccettabile”
La violenza ostetrica in Europa è un fenomeno sommerso e spesso taciuto. Il Portogallo è il primo stato europeo a dotarsi di una legge per contrastarlo, anche se i medici non sono tutti d’accordo, I camici bianchi temono che eventuali azioni prese in emergenza per il bene di madre e figlio siano passibili di sanzioni disciplinari o penali. La norma, pubblicata sul Diário da República e in attesa dei decreti attuativi, definisce per la prima volta le azioni fisiche e verbali esercitate dagli operatori sanitari durante la gravidanza, il parto e il post-parto configurati come “trattamenti disumanizzanti e abusi”. Peraltro, non si limita a condannare la violenza fisica, ma include anche atteggiamenti verbali irrispettosi, pratiche mediche eseguite senza il consenso esplicito e informato della paziente, la mancata informazione sulle procedure e l’uso eccessivo di interventi medici non giustificati da reali necessità cliniche.
La violenza ostetrica per la legge portoghese
L’obiettivo è ambizioso: “promuovere i diritti in gravidanza, parto, nascita e postpartum, attraverso la creazione di misure di informazione e protezione contro la violenza ostetrica”. La definizione fornita dal testo è ampia e inclusiva. Comprende “l’azione fisica e verbale esercitata dai professionisti sanitari sul corpo e sulle procedure nell’area riproduttiva delle donne o di altre persone incinte, che si esprime nel trattamento disumano, nell’abuso della medicalizzazione o nella patologizzazione dei processi naturali. Ignorando il regime di protezione in materia di preconcepimento, procreazione medicalmente assistita, gravidanza, parto, nascita e puerperio”.
Tolleranza zero per pratiche controverse: episiotomia nel mirino
La legge portoghese punta il dito in particolare contro alcune pratiche ostetriche considerate emblematiche di violenza. In cima alla lista troviamo l’episiotomia, l’incisione chirurgica del perineo per allargare l’orifizio vaginale durante il parto. Il legislatore portoghese la considera una pratica “ormai divenuta di routine senza che vi sia però alcuna indicazione clinica in tal senso”. Nel mirino della legge contro la violenza ostetrica rientrano anche pratiche come la tricotomia (rasatura del pube), la somministrazione forzata di ossitocina per accelerare il travaglio e la controversa manovra di Kristeller, una pressione manuale sull’addome della madre per favorire l’espulsione del feto.
I camici bianchi: “Legge mal concepita e stigmatizzante”
L’Ordine dei Medici del Portogallo chiede l’abrogazione della legge, definendola “mal concepita”. Il presidente dell’Ordine, Carlos Cortes, ha dichiarato alla stampa che “non difende le donne e i bambini e crea uno stigma inaccettabile sugli operatori sanitari”. Cortes ha inoltre sottolineato come la legge introduca “concetti arcaici”, a partire dalla stessa definizione di “violenza ostetrica”, un “termine che non è utilizzato nell’Unione Europea e di cui la stessa Organizzazione mondiale della sanità non ne raccomanda l’uso”. La preoccupazione principale è che la legge “potrebbe aprire la strada alla penalizzazione di atti medici che sono decisioni istantanee e necessarie, ma che potrebbero essere interpretate come violenza ostetrica”. I medici temono di trovarsi in una situazione in cui decisioni cliniche prese in emergenza per il bene della madre e del bambino possano essere retroattivamente giudicate come “violenza ostetrica” con conseguenze penali.
Mancanza di dialogo e basi scientifiche: le accuse dei medici
Un altro punto cruciale riguarda il processo di elaborazione della legge. La norm è il risultato di un “processo svolto senza dialogo e senza comunicazione”, poiché l’Ordine dei Medici stesso, le società scientifiche di ostetricia e ginecologia e gli istituti specializzati, così come altre entità della società civile con competenze in materia, non sono stati consultati nella stesura del testo. Questa mancanza di coinvolgimento è vista come una grave lacuna, soprattutto considerando la natura tecnico-scientifica delle questioni affrontate dalla legge. L’Ordine dei Medici sostiene che una normativa così delicata avrebbe dovuto essere il frutto di un confronto approfondito e basato sull’evidenza scientifica. Che avrebbe dovuto coinvolgeretutti coloro che operano quotidianamente nel campo dell’assistenza alla gravidanza e al parto.
La situazione italiana: i dati
Un’indagine Doxa del 2017, tra le più complete in Italia sulla violenza ostetrica, ha rivelato che oltre un milione di donne italiane hanno subito esperienze riconducibili a tale fenomeno. Il rapporto stima che circa 20mila bambini non nati all’anno siano collegati a problemi nell’assistenza sanitaria ricevuta al primo parto. Inoltre il 21% delle madri italiane con figli di età compresa tra 0 e 14 anni dichiara di aver subito maltrattamenti fisici o verbali durante il parto. Questi dati trovano ulteriore conferma in una recente analisi condotta dall’Università di Urbino Carlo Bo. Lo studio ha interessato 1327 donne di 34 anni reduci dal parto per il 98% in strutture pubbliche. Il 76.2% di loro riferisce di aver subito almeno una forma di violenza ostetrica legata al parto, che ha generato ansia, depressione e conflitti di coppia.
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