Il SSN tra attese e promesse disattese è il titolo del 22° Rapporto PiT Salute presentato da Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato e realizzato grazie anche alle segnalazioni dei cittadini – circa 21.416 – alle sedi territoriali del Tribunale. Il risultato è un rapporto chiaro sulla situazione attuale del Servizio Sanitario Nazionale, in cui i cittadini sembrano ormai rassegnati ad affrontare di tasca propria parte delle spese per la loro salute. Nello stesso rapporto si legge che “la rete di servizi offerta dal nostro sistema socio-sanitario, nonostante investimenti recenti in assistenza domiciliare integrata, risulta ancora troppo debole e concentrata in aree limitate per garantire una copertura adeguata in termini di assistenza della non autosufficienza”.
Sono quindi due le grandi battaglie che, nei prossimi mesi, dovranno essere affrontate: quella dei servizi territoriali, visto che non esistono modelli organizzativi definiti e standard da rispettare nelle varie zone del Paese, e quella per la sburocratizzazione del Servizio Sanitario, affinché diventi davvero a misura di cittadino.
C’è poi un altro fattore che preme per rivedere integralmente l’attuale status: l’incremento dell’aspettativa di vita.
Ciò vuol dire per molti trascorrere più anni con una o più patologie croniche o in una condizione di non autosufficienza. Una situazione in base alla quale sono state riformulate le esigenze dei cittadini e si è modificato l’ordine delle priorità degli interventi richiesti.
Non disporre di riabilitazione di qualità quando è necessaria, di assistenza a domicilio adeguata, per qualità e quantità di ore, di RSA o di strutture per lungodegenza, può cambiare in modo radicale la qualità della vita per le fasce di età più avanzate e per intere famiglie.
Come se non bastasse, rispetto alla precedente rilevazione, sono ulteriormente cresciuti i costi sostenuti per ticket, farmaci, visite specialistiche in intramoenia o nel privato, evidenziando così un problema soprattutto per le fasce di popolazione che hanno pagato il prezzo più alto in questi anni di crisi.
Per quanto riguarda i farmaci, le difficoltà di accesso dichiarate hanno riguardato soprattutto i loro costi. Il dato relativo è passato dal 23,8% al 31,5% con un preoccupante aumento dovuto fondamentalmente al cambiamento in negativo delle condizioni socioeconomiche di una fetta sempre maggiore della popolazione.
Le prestazioni in intramoenia, invece, sono passate dal 14,6% del 2017 al 16,9% del 2018: a dimostrazione che sono ormai non una scelta ma una necessità di risposta alle esigenze inevase nel canale pubblico.
Ma più di tutti hanno sofferto le famiglie coinvolte nell’assistenza a chi non è autosufficiente: è stato richiesto loro un forte impegno economico per garantire al domicilio la presenza di una o più badanti o per sostenere la retta di una RSA o di una struttura per lungodegenti.
Se poi ci si mette anche la burocrazia, le difficoltà aumentano drasticamente: i cittadini hanno denunciato la difficile esigibilità di alcuni diritti, come il riconoscimento di invalidità e la concessione della indennità di accompagnamento.
L’iter di accertamento di invalidità ed handicap risulta complesso in ogni fase: dalla difficoltà nella presentazione della domanda (segnalata in quasi 1 caso su 2, ovvero nel 45,4%) all’individuazione del soggetto che può presentarla telematicamente, dalla costruzione della documentazione clinica aggiornata fino alla stesura delle relazioni di specialisti del Servizio Sanitario pubblico.
Risultato? Si attende anche un anno intero per essere convocati a visita (20,4% delle segnalazioni). Il rapporto sottolinea che, rispetto al 2017, l’attesa è ulteriormente aumentata sia per il primo accertamento dell’invalidità (+2,6%), che nel caso di presentazione di una domanda di aggravamento della patologia (+2.5%).
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