A fine giugno nuova tappa intermedia per l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Il punto della situazione sul sostegno ai più fragili e sulla riforma della sanità alla luce del dossier di aggiornamento pubblicato dalla Camera dei Deputati. A Genova, la “bandiera” del PNRR al Centro di Medicina Computazionale e Tecnologica.
Si avvicina una nuova tappa intermedia per l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Entro il prossimo 30 giugno, infatti, il nostro Paese dovrà aver realizzato 45 interventi, di cui 15 Riforme e 30 Investimenti. Fra questi, il traguardo della Missione 5 “Inclusione e Coesione” a sostegno dei soggetti più fragili e 6 traguardi della Missione 6 “Salute” per la “rivoluzione” del nostro sistema sanitario. Facciamo il punto della situazione alla luce dell’aggiornamento del dossier di monitoraggio dell’attuazione del PNRR curato dalla Camera dei Deputati.
Oltre 1.250 milioni per famiglie vulnerabili, anziani non autosufficienti, disabili e senza dimora
Ai nastri di partenza i progetti finanziati dal PNRR dedicati al sostegno alle persone vulnerabili, agli anziani non autosufficienti, ai percorsi di autonomia per persone con disabilità, all’housing temporaneo e alle stazioni di posta per le persone senza fissa dimora. Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con il decreto direttoriale n. 98 del 9 maggio 2022, ha reso noti i progetti ammessi al finanziamento fra quelli presentati nell’ambito del bando pubblicato a febbraio scorso (avviso pubblico n.1/2022). Sono oltre 1.250 i milioni di euro assegnati per interventi di rafforzamento dei servizi a supporto delle famiglie in difficoltà; soluzioni abitative e dotazioni strumentali innovative per l’autonomia delle persone anziane e dei disabili; il potenziamento dei servizi socio-assistenziali domiciliari e il sostegno agli operatori sociali; le iniziative di housing sociale di carattere sia temporaneo sia stabile.
Ora, secondo il calendario del PNRR, si deve passare dalle parole ai fatti. Almeno 500 progetti relativi alla ristrutturazioni degli spazi domestici e alla fornitura di strumenti tecnologici ai disabili dovrebbero essere realizzati entro fine anno. Per il resto, c’è tempo fino a marzo 2026.
Avanti sulla riforma dell’assistenza sanitaria territoriale, ma senza intesa con le Regioni
Passiamo alla Missione 6. Qui il primo, prossimo traguardo è impegnativo: l’avvio della riforma dell’assistenza sanitaria territoriale. Entrerà in vigore il prossimo 7 luglio, dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, il decreto del Ministero della Salute, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, che rappresenta il punto di partenza della riorganizzazione.
Sullo schema di decreto non è pero stata raggiunta l’intesa in Conferenza Stato-Regioni e Province Autonome. La Regione Campania, infatti, ha ravvisato criticità rispetto alle risorse disponibili per l’assunzione e la messa a disposizione del personale necessario. Ma si va avanti lo stesso: lo scorso 3 maggio è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale una “delibera sostitutiva dell’intesa”.
Come sarà la nuova assistenza sanitaria territoriale
Il contestato schema di decreto – spiegano i tecnici della Camera dei Deputati – definisce i “Modelli e standard per lo sviluppo dell’Assistenza Territoriale nel Servizio Sanitario Nazionale”.
Fra questi: la casa come primo luogo di cura; la telemedicina come approccio innovativo all’assistenza sanitaria; i Livelli essenziali delle prestazioni sociali (LEPS) per la non autosufficienza definiti con la Legge di Bilancio 2022. C’è poi l’Infermiere di Famiglia o di Comunità (IFoC) come anello di congiunzione fra l’organizzazione sanitaria e i pazienti: avrà il compito di favorire l’accessibilità e l’orientamento ai servizi dei pazienti; l’educazione sanitaria dei cittadini; l’uso di strumenti digitali, di telemedicina e teleassistenza.
All’Unità di Continuità Assistenziale, un’équipe mobile distrettuale composta da 1 medico e 1 infermiere ogni 100mila abitanti, saranno invece assegnati la gestione e il supporto della presa in carico di individui o di comunità che versano in condizioni clinico-assistenziali di particolare complessità. Mentre la Centrale Operativa Territoriale svolgerà funzioni di coordinamento e raccordo fra i diversi servizi territoriali, sanitari e socio-sanitari, ospedalieri e della rete dell’emergenza; questo contando, ogni 100.000 abitanti, su 5-6 infermieri e 1-2 unità di personale di supporto.
Ci saranno poi le Case e gli Ospedali di Comunità. Le prime saranno fisse ogni 40-50mila abitanti, con possibilità di costituirne ulteriori nelle aree interne e rurali, per fornire servizi socio-sanitari e sociali h24, 7 giorni su 7; saranno inoltre sede dei Punti unici di accesso (PUA) per garantire alle persone in condizioni di non autosufficienza l’accesso univoco ai servizi sociali e socio-sanitari. Gli Ospedali di Comunità garantiranno invece 20 posti letto ogni 100mila abitanti e saranno il primo step fra cure domiciliari e ricovero negli ospedali tradizionali.
I costi della riforma
Le risorse impegnate per la riforma dell’assistenza sanitaria territoriale non provengono solo dal PNRR. Questo destina al progetto “Casa come primo luogo di cura – Assistenza Domiciliare” complessivamente 7 miliardi, ai quali si aggiungono 1,5 miliardi di risorse React EU e 500 milioni di risorse del Fondo complementare.
Ci sono poi risorse stabili del fondo sanitario nazionale, incrementate dal decreto legge n. 34 del 2020: 480 milioni di euro per il reclutamento di personale infermieristico; quasi 767 milioni per il rafforzamento dell’Assistenza domiciliare integrata (ADI) e l’operatività delle Centrali regionali. Infine, la Legge di Bilancio 2022 ha stanziato ulteriori risorse per l’assunzione di personale dipendente e convenzionato, sempre a valere sul fondo sanitario nazionale, pari a: 90,9 milioni di euro per il 2022; 150,1 milioni di euro per il 2023; 328,3 milioni di euro per il 2024; 591,5 milioni di euro per il 2025 e 1.015,3 milioni di euro a decorrere dal 2026.
Case della Comunità e Ospedali: in anticipo sui tempi previsti
Per le Case e gli Ospedali di Comunità, così come per gli investimenti digitali per gli ospedali tradizionali, il traguardo previsto a fine mese è stato invece raggiunto con un mese di anticipo. Il 1° giugno scorso è stato infatti siglato il Contratto Istituzionale di Sviluppo (CIS) tra il Ministero della Salute e ciascuna Regione e Provincia Autonoma. Il CIS contiene i Piani Operativi Regionali con la programmazione degli interventi e gli obblighi delle parti per realizzare, entro giugno 2026, almeno 1.350 Case della Comunità e 400 Ospedali di Comunità; mentre c’è tempo fino a dicembre 2024 per circa 3.000 interventi per dotare gli ospedali esistenti di nuove apparecchiature tecnologiche e sostituire quelle obsolete. Le risorse, già ripartite con l’intesa in Conferenza Stato-Regioni e Province Autonome del 12 gennaio 2022, ammontano complessivamente a 8 miliardi. Sono seimila i progetti in cantiere.
L’assistenza domiciliare: digitale e virtuale
Anche la telemedicina è protagonista dei Piani Operativi del CIS. In particolare con gli investimenti finalizzati a realizzare un nuovo sistema di Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) che comprendono l’attivazione di 600 Centrali Operative Territoriali; la diffusione di strumenti informatici e di servizi per incrementare del 10% la platea di utenti over 65; il supporto ai pazienti con malattie croniche.
Per la partenza di questi interventi, del valore di 4 miliardi, con il decreto 29 aprile 2022 il Ministero della Salute ha approvato le linee guida organizzative contenenti il “Modello digitale per l’attuazione dell’assistenza domiciliare”. Componenti fondamentali di questo nuovo modello sono: un servizio continuo di assistenza domiciliare; la pianificazione degli accessi domiciliari tenendo conto della complessità clinico-assistenziale dei pazienti; il servizio di cure domiciliari integrato con prestazioni di telemedicina da remoto.
L’obiettivo è ambizioso: costruire sistemi informativi che devono consentire l’incontro dei professionisti in modo virtuale e la possibilità di generare i diversi piani di cura in formato digitale, in modo che possano essere inseriti, condivisi, consultati e aggiornati nel Fascicolo Sanitario Elettronico del paziente. E ancora, potenziare la domotica delle abitazioni dei malati, l’accesso alle nuove tecnologie e le competenze digitali di pazienti e caregiver.
La sanità del futuro fra i primi due progetti “bandiera” del PNRR. Anche se il grosso dei fondi c’era già
Intanto, la sanità 4.0 è, insieme all’idrogeno verde, fra i primi due progetti “bandiera” del PNRR con il “Centro di Medicina Computazionale e Tecnologica” promosso dalla Regione Liguria. Sostituire le sale operatorie con stanze di calcolatori e il bisturi con un algoritmo: questa l’idea alla base del progetto.
Il Centro sorgerà sulla collina degli Erzelli a Genova e sarà composto da un nuovo ospedale sede del Dipartimento di Emergenza e di Accettazione (DEA) di I livello; con la presenza di specialità di medio-alta complessità e una dotazione di circa 520 posti letto, di cui una quota tra il 20 e il 25% dedicata alle specialità cliniche che richiedono una maggiore applicazione di tecnologie avanzate.
Poi, in collaborazione con istituti di ricerca, Università, CNR, ci sarà un’area di ricerca sede di laboratori e di un Centro di ricerca tecnologica e di scienze computazionali; un’area Officina di sperimentazione prototipi e sviluppo modelli computazionali e tecnologici, sede delle iniziative in partnership con e aziende del territorio. Ancora, il Centro ospiterà il Polo di Ricerca e Didattica della Scuola Politecnica dell’Università di Genova, dedicato all’alta formazione specialistica di giovani ingegneri. Il complesso si integrerà con l’Istituto Italiano di Tecnologia, che è già presente sulla collina degli Erzelli.
Per realizzare questo Centro di medicina futuristica sono stati stanziati 405 milioni, ma solo 65 provengono da fondi PNRR: la gran parte dell’investimento, 280 milioni, sono fondi Inail per l’edilizia sanitaria, mentre i restanti 60 milioni sono stati assegnati addirittura sulla base dell’articolo 20 della Legge Finanziaria del 1988 (Legge n. 67/88).
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