Sette miliardi e mezzo di euro per un ambizioso programma di investimenti e riforme a sostegno di non autosufficienza, disabilità, senior housing, servizi domiciliari e reti sanitarie di prossimità. Ma sarà davvero efficace?
Con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, l’Italia prova a guardare oltre la crisi sanitaria ed economica. Un ambizioso progetto di riforme che individua le priorità su cui investire le consistenti risorse che l’Unione Europea ha messo a disposizione con il programma Next Generation EU (NGEU). Il più grande pacchetto di investimenti mai finanziato in Europa di cui l’Italia, peraltro, è la prima beneficiaria in valore assoluto. Per attivare le risorse a disposizione, ogni Stato membro ha dovuto presentare un Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per illustrare all’Europa investimenti e riforme su cui vuole puntare. Italia domani è il titolo e lo slogan del PNRR italiano, che si articola in 6 “Missioni”: digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo; rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per una mobilità sostenibile; istruzione e ricerca; inclusione e coesione; salute. Lo scorso 22 giugno è arrivato il via libera della Commissione europea, a pieni voti: tutte “A” e solo una “B” per la voce relativa ai costi, in linea con altri piani nazionali.
Tanti gli obiettivi di NGEU e, dunque, del PNRR, fra cui anche una maggiore equità generazionale a cui guardano, anche se da prospettive diverse, sia i giovani che gli anziani. Una priorità definita dallo stesso Piano “trasversale” alle 6 Missioni. Questo perché l’assenza di pari opportunità a prescindere dall’età, alla stregua delle discriminazioni legate alla provenienza, alla religione, alla disabilità o all’orientamento sessuale, non è solo un problema individuale – si legge nel PNRR -, ma un ostacolo alla crescita economica. Quali sono dunque i progetti del PNRR che riguardano più da vicino il mondo degli over?
Attualmente in Italia le persone over 65 – segnala il PNRR – sono il 23%. Inoltre, secondo le stime più recenti, il numero di anziani non autosufficienti raddoppierà fino a quasi 5 milioni entro il 2030. Il Rapporto Istat Gli anziani e la loro domanda sociale e sanitaria, promosso insieme alla Commissione per la riforma dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria, ha stimato che oltre 2,7 milioni di over 75 in Italia convivono con gravi problemi di salute e di autonomia, circa 1,2 milioni non hanno un aiuto adeguato e per circa 100mila anziani la condizione di sofferenza fisica ed emotiva è acuita dalla povertà. Per affrontare questa drammatica realtà, il PNRR affronta in modo integrato il nodo dell’assistenza degli anziani con quello della riorganizzazione dei servizi sanitari, collegando gli investimenti della Missione 5 “Inclusione e coesione” a quelli della Missione 6 “Salute”.
Per l’inclusione delle persone anziane e fragili, sono 500 i milioni stanziati nella Missione 5. Comuni, singoli o in associazione, potranno sovvenzionare interventi per una vita autonoma e per la prevenzione della non autosufficienza e rafforzare i servizi sociali a domicilio per garantire la dimissione anticipata in caso di ricovero e prevenire la degenza in ospedale. Spazio anche a nuove politiche urbanistiche e abitative con la transizione verso il senior housing, un sistema abitativo pensato su misura per l’anziano. Dei 500 milioni complessivi, infatti, oltre 300 milioni saranno destinati a finanziare la riconversione delle RSA e delle case di riposo in gruppi di appartamenti autonomi attrezzati. Progetti ancora più diffusi potranno essere realizzati a livello territoriale, dunque investendo anche sulla riqualificazione delle aree interne del Paese, attraverso reti di servizi dedicati alle residenze abitative per anziani. Domotica, telemedicina e monitoraggio a distanza – spiega il Piano – permetteranno di aumentare l’efficacia dell’intervento. Chi coordinerà il progetto? Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, che pubblicherà un bando dedicato ai comuni. Se già nel terzo trimestre 2021 è prevista la stesura di un piano operativo con i requisiti dei progetti che potranno essere presentati, per la piena attuazione del progetto si dovrà attendere il 2026.
Ad integrare le nuove politiche di sostegno alla non autosufficienza, la riforma dei servizi sanitari di prossimità e l’investimento sull’assistenza domiciliare previsti dalla Missione 6, a cui saranno destinati 7 miliardi di euro. Entro il 2021, con l’approvazione di uno specifico decreto ministeriale, il governo conta di definire gli standard strutturali, organizzativi e tecnologici omogenei per l’assistenza territoriale e identificare le strutture disponibili per poi, entro la metà del 2022, presentare un disegno di legge di riforma al Parlamento. Per i malati cronici arriveranno, entro la metà del 2026, 1.288 “Case della Comunità”. Con una dote di 2 miliardi di euro, saranno punti unici di accesso alle prestazioni sanitarie nelle quali opererà un team multidisciplinare di medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, medici specialistici, infermieri di comunità, altri professionisti della salute e assistenti sociali. Nella struttura saranno presenti anche un punto prelievi, strumentazione poli-specialistica, servizi sociali e assistenziali rivolti prioritariamente alle persone anziane e fragili. Un intervento che il Ministero della Salute dovrà avviare entro il primo trimestre del 2022, coinvolgendo le regioni e tutti gli altri enti interessati. Sempre entro la metà del 2026, il 10% degli over 65 con una o più patologie croniche e/o non autosufficienti, in linea con i migliori esempi dell’Europa, dovrà avere a disposizione la propria casa come principale luogo di cura. Come? Attraverso la telemedicina, la domotica, il tele-monitoraggio e l’attivazione di 602 Centrali Operative Territoriali (COT) per coordinare i servizi domiciliari con gli altri servizi sanitari. A disposizione per questo obiettivo 4 miliardi di euro. Saranno le regioni a proporre i progetti sulla base delle priorità e delle linee guida definite dal Ministero della Salute. Per i pazienti che saranno sottoposti a interventi sanitari che prevedono brevi ricoveri e la possibilità di proseguire le cure a casa, a fare da anello di congiunzione fra le strutture ospedaliere e il domicilio sarà l’“Ospedale di Comunità”, una struttura sanitaria territoriale snella, a gestione prevalentemente infermieristica. Un miliardo a disposizione per la realizzazione di 381 Ospedali di Comunità, pienamente operativi a partire dal 2027.
Dei 3 milioni e 150mila disabili in Italia, quasi 1 milione e mezzo sono over 75. A completare il quadro del PNRR per il mondo senior sono dunque le misure per la disabilità, fra cui: la rimozione delle barriere architettoniche e sensoriali in musei, biblioteche e archivi, purtroppo tutt’oggi ancora esistenti; gli interventi per la mobilità e i trasporti; un investimento straordinario sulle infrastrutture sociali, a partire da quelle tecnologiche, e sull’aumento dei servizi di assistenza domiciliare per favorire l’autonomia; il più generale miglioramento dei servizi sanitari sul territorio per promuovere un accesso realmente universale alla sanità pubblica.
A fare da cappello a questi progetti, la Riforma della non autosufficienza, che dovrà definire i livelli essenziali di assistenza a livello nazionale, da approvare con legge delega entro la primavera 2023 e poi con il decreto legislativo delegato entro il primo trimestre 2024, e la Legge quadro sulla disabilità, per cui sono stanziati 800 milioni di risorse del Fondo per la disabilità e la non autosufficienza. Da attuare entro il 2025, punta a rafforzare i servizi offerti dai territori, semplificare l’accesso ai servizi e le procedure di accertamento della disabilità, promuovere progetti di vita indipendente.
Fra i principali sostenitori dell’inserimento dell’attesa Riforma della non autosufficienza nel PNRR, il Network Non Autosufficienza (NNA), nato nel 2009 e formato da studiosi, dirigenti di servizi pubblici e privati e consulenti, che si è fatto portavoce di un’articolata proposta con il sostegno delle principali organizzazioni attive nella tutela degli anziani e delle loro famiglie. Obiettivo raggiunto? Per Cristiano Gori, coordinatore del Network e professore ordinario di Politica sociale presso l’Università di Trento, «il giudizio è duplice. Se noi guardiamo il PNRR di Draghi rispetto al PNRR di Conte, non possiamo che essere molto soddisfatti perché sono stati incrementati gli investimenti nella domiciliarità e, soprattutto, è stata prevista una riforma organica del settore, di cui si discuteva dalla fine degli Anni ’90. Se però guardiamo al punto di arrivo di questo percorso – sottolinea – siamo solo al punto di partenza perché la riforma, che è l’aspetto chiave, è tutta da scrivere». Dunque, anche se “i titoli sono giusti, sono solo i titoli”. L’unica unità di misura per poter esprimere un giudizio definitivo sulla riforma è avere risposte, innanzitutto sulla frammentazione dell’assistenza: «Attualmente – evidenzia – abbiamo un sistema che spesso offre poche risposte e frammentate fra tantissimi punti di accesso e tantissime sedi che poi sta all’anziano e alla sua famiglia ricomporre, quindi il primo punto da affrontare è semplificare e rendere sempre più unitari, sia i percorsi di accesso che l’offerta di servizi. Il secondo aspetto – prosegue – è quello di utilizzare modelli di intervento appropriati per la non autosufficienza». Quali? «Un’assistenza domiciliare che sia capace di una presa in carico dell’anziano “multidimensionale”, cioè una presa in carico che consideri le molteplici dimensioni che la non autosufficienza porta con sé». Occorre inoltre tener conto della specificità delle diverse forme di demenza, ad esempio quella cognitiva, e mettere in campo soluzioni adatte a ciascuna di esse. «Il terzo punto è un incremento dell’offerta di servizi che, seppure in misura diversa, riguarda tutte le aree del Paese, anche quelle in cui il welfare è più evoluto, e sul quale è necessario un approccio integrato: chiaramente la priorità è incrementare l’assistenza domiciliare, ma anche l’offerta residenziale è insufficiente e va aumentata».
Il professor Gori chiarisce anche che occorre distinguere il piano dei progetti finanziati dalle Missioni del PNRR, che “sono investimenti una tantum da spalmare fra il 2022 e il 2026”, dalle riforme, che saranno “quello che resterà davvero nel tempo”. Anche se i maggiori investimenti sulla domiciliarità sono da accogliere con soddisfazione, «sono solo ancora un punto di partenza poiché tutto dipende da come i fondi saranno usati – sottolinea, segnalando che – un primo problema che stiamo ponendo è che, mentre avevamo chiesto più fondi sia per la domiciliarità sanitaria che sociale, il PNRR contiene essenzialmente investimenti sulla domiciliarità sanitaria». Si tratta di idee che – ricorda -, come recita uno degli slogan della campagna di sensibilizzazione NNA, “non sono originali” dopo 20 anni di attesa della Riforma della non autosufficienza. Uno slogan provocatorio, per sottolineare ai decisori politici che i progetti e i titoli devono diventare finalmente fatti e soluzioni concrete per i tanti anziani e le tante famiglie che attendono da troppo tempo un cambio di passo del sistema di assistenza. I prossimi mesi saranno quindi decisivi per capire se davvero il PNRR per gli over ci condurrà verso il nuovo orizzonte dell’invecchiamento attivo.
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