Cresce il tasso di occupazione fra i diplomati e i laureati. Il divario di genere nel lavoro, però, è in peggioramento, nonostante le donne risultino più istruite degli uomini.
Più istruite ma con livelli occupazionali inferiori. Questa è la fotografia scattata dall’ultimo rapporto Istat Livelli di istruzione e ritorni occupazionali, aggiornato al 2022, sulla condizione lavorativa delle donne. I dati hanno rilevato la correlazione fra titolo di studio, ricerca del lavoro e differenze di genere. Ma non solo quello: nel nostro Paese assistiamo ad un divario complessivo rispetto anche alla media europea.
I numeri del divario di genere
Il 65,7% delle 25-64enni ha almeno un diploma, contro il 60,3% degli uomini, e le laureate sono il 23,5% rispetto al 17,1% dei laureati. Il divario aumenta in particolare nella fascia d’età fra i 25 e 34 anni, dove le donne che hanno un diploma di laurea sono il 35,5% contro il 23,1% degli uomini. Eppure il tasso di occupazione femminile resta inferiore a quello maschile (57,3% contro 78%): quello tra le laureate è del 18,4% superiore a quello delle diplomate, e quest’ultimo è del 25,8% più elevato delle donne che hanno la licenza media.
Anche le differenze con la media europea si riducono all’aumentare del livello di istruzione: per le laureate, il tasso di occupazione è inferiore del 4,7% alla media Ue, la metà di quello che si osserva per i titoli di studio medio-bassi.
Il divario di genere nelle lauree “stem” (Science, Technology, Engineering, Mathematics)
Le laureate in discipline scientifico-tecnologiche, le cosiddette lauree “stem”, sono la metà dei loro colleghi maschi (il 16,6% contro il 34,5%, in pratica una laureata su sei e un laureato su tre). L’indirizzo di studio è un fattore importante nel tasso di occupazione futura: se quello dei laureati nell’area umanistica e dei servizi è del 77,7% nella fascia d’età fra i 25 e i 64enni, per i laureati dell’area socio-economica e giuridica sale all’86% e quelli dell’area scientifica a 88%.
Differenze geografiche di istruzione e occupazione
Nelle Regioni del Sud la popolazione residente è risultata mediamente meno istruita di quella del Centro Nord: il 38,1% ha il diploma di scuola secondaria superiore e il 16,8% ha la laurea, contro il 45% dei diplomati e il 21,2% dei laureati nel Centro Nord.
Il divario territoriale riguarda uomini e donne, ma è più accentuato tra la popolazione femminile. In generale, il tasso di occupazione è più basso nel Mezzogiorno che nel resto d’Italia anche tra chi ha un titolo di studio elevato (il 75,1% contro l’87,7% del Nord). Tuttavia, al Sud i vantaggi occupazionali dell’istruzione sono superiori, in particolare per le donne.
Differenze di cittadinanza
Se il 64,6% della popolazione italiana ha almeno un titolo secondario superiore, la percentuale scende al 49,7% tra i cittadini stranieri. La quota dei laureati passa dal 21,4% all’11,5%.
Il confronto con l’Europa
Nonostante in Italia sia cresciuta la quota di giovani laureati tra i 25 e i 34 anni, tra il 27,4% e il 29,2%, i numeri restano lontani dagli obiettivi europei, che si attestano fra il 40 e il 45%. Per fare un confronto, la Francia ha il 50,4% di laureati in quella fascia d’età, la Spagna il 50,5% e la Germania il 37,1%.
Questa disparità diventa ancora più evidente se si considerano i giovani di cittadinanza straniera, che sono laureati solo nel 12% dei casi in Italia a fronte di una media Ue del 35%.
Associazione tra titolo di studio e contesto familiare
Il contesto familiare condiziona le possibilità di studio di un giovane: nelle famiglie con almeno un genitore laureato, la quota di figli 25-34enni che hanno un titolo terziario è del 67,6%; se almeno un genitore è diplomato la quota di figli laureati si abbassa al 39,1%, e nel caso di un titolo secondario inferiore dei genitori scende fino al 12,3%.
L’associazione con il livello di istruzione della famiglia è meno evidente per le donne: la quota delle figlie laureate nei nuclei familiari con elevato livello di istruzione è quattro volte superiore a quella registrata nelle famiglie con titoli più bassi, mentre la correlazione per i figli maschi sale a oltre sette volte.
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