Adriana Pinzuti.
E’ nata a Montepulciano (Si) e vive a Brescia. Casalinga “a tempo pieno” e poetessa “per caso”. Farfalla d’oro per la fotografia nel 2003, Menzione speciale per la poesia nel 2007, 2014 e 2016; nel 2015 Segnalata dalla giuria per la fotografia al Concorso 50&Più.
“Che fatica Signore per arrivare a te. Ho scalato cento scalini, ma ora che sono arrivata mi sorge un dubbio. Non capisco dove si trova la porta del paradiso!”.
“Come mai questo dubbio sorella?”.
“Sai, io non so né leggere né scrivere perciò dopo tanta fatica non vorrei sbagliarmi!”.
E il Signore: “Come ti chiami?”.
Io: “Antilia”. “E quanti anni hai?”.
“Cento mio Signore”.
“Ora siediti e riposa, poi mi racconterai la tua vita terrena, e alla fine sarò io ad indicarti la porta del Paradiso”.
“Incomincerò da quando ero piccolina. I miei genitori erano contadini, poveri ma brave persone oneste in tutti i sensi I miei ricordi iniziano da quando avevo sei anni, abitavo in un cascinale bellissimo con vicino la villa padronale, io scalza con il vestitino a fiore pulito, ma rattoppato dal troppo uso Tutte le mattine stesso rito come si usava nei tempi antichi, una bambina figlia dei nostri padroni, bellissima con i boccoli dei suoi capelli che gli brandivano fino alla vita, un vestitino rosa con fiorellini turchini, la vedevo salire sul calesse dorato e trainato da due cavalli bianchi con criniera al vento Io ero li, tutte le mattine, per vedere quella scena signorile Poi una mattina quella bambina mi vide e si avvicinò: “Ciao chi sei? Come ti chiami?”. “Io Antilia e tu?”, risposi, “Io Rossella, vado a scuola, e tu perché non vieni?”, mi chiese” Sai vanno a scuola solo i miei fratelli, a noi bambine non è consentito perché dobbiamo accudire gli animali al pascolo, e anche perché tu sei la mia padroncina”. “Che stupidata mi hai detto!”, rispose E fu così che diventammo amiche Lei aveva due anni più di me, tutti i pomeriggi giocavamo insieme con le sue bambole, sua nonna ci faceva sempre il te con biscotti; poi a lei venne un’eccellente idea: insegnarmi a leggere e scrivere. Un giorno mia mamma scoprì questo nostro segreto, mi diede un sacco di ceffoni perché diceva che perdevo del tempo prezioso Dopo venni a sapere che la mia amica del cuore era stata mandata in collegio… non la rividi più!”.
“Ora Antilia, puoi continuare il tuo interessante racconto”.
“Passarono gli anni e io divenni grandina Un giorno lavorando la terra un mio fratello di mezza età fu punto a una gamba da un insetto e dopo tanto tempo dovettero amputargliela Lui questo non volle mai accettarlo, infatti un giorno d’inverno lo trovarono con una corda al collo in cantina. Quanta tristezza in quella casa grandissima con pochi mobili e tanta fame! Signore siamo arrivati ai miei vent’anni. Ci furono i miei primi ragazzini, due mi piacevano tanto, simpaticissimi, uno si chiamava Riccardo ed era figlio di contadini bravi lavoratori ed onesti; Bruno invece veniva dal paese vicino, bellino ma piccolino, e faceva il calzolaio. Alla fine io scelsi Riccardo, povero ma tanto bello, capelli ricci e castani. Fu così che un giorno di Settembre lo sposai. Prima che arrivasse la guerra con il nostro amore sono nati quattro figli sani e belli La terra a quei tempi dava poche risorse per poter vivere degnamente e sfamare i nostri figli, fu così che un giorno mio marito decise di arruolarsi nell’arma dei carabinieri, mi lasciò sola con il mio dolore ad aiutare i suoi fratelli a lavorare la terra; eravamo in ventidue a dividere i pochi utili e noi grandi non mangiavamo per lasciare il cibo ai nostri rispettivi figli. E’ stata dura la mia vita in quel periodo, scoppiò poi la stupida guerra Il nostro cascinale era grandissimo e accogliente, il comando tedesco se ne appropriò e noi dovevamo obbedire loro nelle mansioni casalinghe. Il mangiare c’era in abbondanza perché loro andavano nelle case coloniche e rastrella vano tutte le provviste, comprese mucche e suini; tremo ancora ricordando quella mattina quando noi donne avendo finito di lavare le lenzuola le abbiamo stese in un bellissimo campo di erba medica; fu allora che mi venne tanta paura di morire: sopra di noi c’era un aereo che spia va i nostri movimenti. Dopo mezz’ora arrivò uno stormo di aerei americani che bombardarono tutte le lenzuola, noi di corsa ci siamo nascoste fra il grano maturo. Passato il tutto, il comandante e altri militari ci vennero a cercare, ci portarono in casa, ci offrirono un buon te caldo e l’interprete ci spiegò che gli americani avevano scambiato le lenzuola con delle tende da campo nemico; tutto somma to loro non erano cattivi con noi, ma erano comandati dai loro capi scellera ti e senza cuore. Ricordo quel soldatino Polacco tanto buono che si era preso a cuore mia figlia più piccola che aveva tre anni, io dovevo portarla dal dottore perché aveva problemi di salute, lui la prendeva in braccio, e andavamo al paese distante tre chilometri, (questa sono io) e andavamo al paese vicino distante tre chilometri, lui aveva tanta paura che gli altri soldati ci facessero del male, poi venni a sapere che lui si comporta va con amore perché aveva lasciato in Polonia moglie e sua bambina piccola di due anni. Quando sono andati via lui si mise a piangere e con uno stentato italiano mi disse: “finita la guerra ritornerò con la mia fa miglia!”. Ma io non ho più rivisto quel soldatino tanto buono, solo tu sai che fine abbia fatto. Mio marito era ancora al fronte e non avevo più sue notizie. Dopo qualche mese lui arrivò. C’era a casa nostra qualche soldato tedesco, quindi vollero sapere perché era stato congedato. In quel periodo Mussolini aveva fatto una legge per la quale chi avesse avuto quattro figli poteva congedarsi e ritornare a casa dalle proprie famiglie, e dato che di salute non stava tanto bene se ne approfittò. Che momenti brutti e quanta paura in quel momento di insensata guerra! I militari sapevano che mio marito possedeva una pistola che lui stupidamente aveva nascosto in cantina, dopo un po’ di tempo i militari la trovarono e ci portarono davanti al comandante che parlava un po’ di italiano. Mi chiese: “I sono vostri questi quattro figli?”. “Si”, risposi io, due lacrime scesero silenziose Lui mi guardò e mi mise una mano sopra la testa: “Vai e porta i tuoi figli a casa”, e dette ai bambini delle stecche di cioccolata. Sono tornata a casa ma quanta paura dentro al mio cuore perché non sapevo la sorte di mio marito. Dopo una settimana lui arrivò con la faccia tumefatta dalle sberle che gli avevano dato per punizione, e anche quella volta siamo stati fortunati. Non ho parole per ringraziarti Signore per averci salvato da quell’inferno! Ora se non ti dispiace faccio una pennichella, mi mancano le forze per raccontarti altre cose. Dopo la guerra in famiglia eravamo in tanti e i fratelli d i mio marito incominciarono a litigare per futili motivi, i genitori ormai erano deceduti, mio figlio più grande si era stufato di lavorare la terra che dava pochi frutti e tanto lavoro, e così decise di arruolarsi anche lui nell’arma dei carabinieri, che pena e che sofferenza mio Dio nel vederlo partire. Sapevo che sarebbe andato in Sicilia, in quel tempo c’era il bandito Giuliano che ammazzava i carabinieri che lo volevano arrestare In sofferenza, passarono tre anni, poi lo trasferirono vicino a casa, il mio cuore incominciò a battere forte dalla felicità quando lo vidi arrivare, ci abbracciammo per dieci minuti. Era diventato molto magro, tra i suoi capelli ricci e folti c’era qualche filo bianco che lo rendevano ancora più bello. Nella sua valigia di cartone c’era la biancheria sporca e gialla, nella tasca interna c’era posta una scatolina di madreperla con dentro tuo figlio Signore, e lui mi spiegò che era stato il suo Angelo custode nelle notti di insonnia e di paura Poi mi disse: “Tienilo tu mamma, ti porterà fortuna”. Io quel crocifisso l’ho tenuto con me giorno e notte, ora l’ho lasciato a mia figlia piccola, sono certa che lo custodirà con devozione e amore. Oh Signore sono stanca dormirò un pochettino. Sono passati i giorni e gli anni mio marito a causa della guerra era sempre malato e molto nervoso e geloso anche se io non gli davo ragione di esserlo. A quei tempi le famiglie si riunivano la sera per giocare a carte, uomini giovani e anziani, io prendevo la mia piccolina e andavo a dormire presto come le galline. Poi una mattina all’alba sentii la voce di mio cognato che mi chiamava con voce allarmata: “Antilia corri tuo marito sta morendo!”. Corsi giù, il suo cuore batteva ancora, quando arrivò il dottore lo mise in macchina e lo portò all’ospedale vicino. E’ stato in coma due mesi gli venne un aneurisma a quarant’anni. Anche quella volta, quanta angoscia nel mio cuore! Una mattina il professore mi chiamò nel suo ufficio, ricordo come fosse oggi quelle crude parole: “Signora, suo marito nello sta to in cui si ritrova non potrà mai svegliarsi, ci sarebbe una nuova cura però ci sono degli effetti collaterali, o si sveglia o si addormenta per sempre!”. Io con tanta angoscia nell’anima ritornai a casa e ne parlai con i miei famigliari, e da sola senza il suo consenso decisi per il sì! Dopo due giorni iniziarono con la cura, si trattava di dare delle scosse al cervello. Vidi venire il medico sorridente verso di me: “Signora ce l’abbiamo fatta, si è risvegliato!”, io dalla felicità avrei voluto un giardino per poter correre come il vento e versare in esso tutte le mie lacrime. E’ stato ricovera to ancora due mesi, ma il suo cervello era rimasto leso per il troppo tempo in coma, il primario voleva internarlo in una clinica psichiatrica poiché lui non riusciva a parlare ed era un pochino violento. Il mio pensiero in quel momento andava ai miei figli, perché era un marchio indelebile che ti segnava per tutta la vita, essere sta ti ricovera ti in quei centri ospedalieri. Dopo alcuni giorni io da sola presi la mia decisione: lo riportai a casa e con l’amore e la pazienza di tutti noi diventò buono come un bambino di tre anni. Il lavoro dei campi e del bestiame era tutto sulle mie spalle, ai miei cognati mancavano le braccia di mio marito per lavorare e così incominciarono i primi litigi famigliari. Successivamente inizio un altro calvario con i miei fratelli, il più grande si ammalò e subì un’operazione al polmone sinistro, occorreva molto sangue io ero la donatrice naturale, così inizio la trasfusione, fu molto lunga e mi tolsero troppo sangue così sono dovuta resta re in ospedale per un mese per ricupera re le forze; ma andò tutto bene e entrambi ritornammo a casa. Ma non finì qui, l’altro mio fratello toccò una sorte ancora più grave, suo figlio un giorno ritornato da scuola disse: “Mamma non mi sento bene!”. Aveva la febbre a quaranta, via di corsa all’ospedale, una prognosi terribile: “poliomielite spastica Questo ragazzino di quindici anni avrà tre mesi di vita!”. Fu terribile per i suoi genitori ed anche per tutti noi parenti, ma il peggio era per lui, anche perché aveva capito la crudele verità della sua malattia Io ti narro queste cose Signore, ma tu le sapevi già vero?”. “Non ti preoccupare io sono qui per ascoltarti!”. “Qualche anno era passato e si decise di lasciare il podere e trasferirci al paese vicino, li ci fu un po’ di tranquillità e felicità! Mio figlio si era trasferito in alta Italia e dopo qualche anno l’abbiamo raggiunto pure noi: li si stava veramente bene, una bella città accogliente, c’era lavoro per tutti e anche mio marito era tranquillo e contento I miei figli ormai ormai già adulti e in salute e felicemente sposati. Ti ricordi che ti avevo detto che avevo un fidanzatino che si chiamava Bruno? Il destino ha voluto che suo figlio sposasse mia figlia più piccola, un bravo ragazzo e loro hanno deciso di abitare con noi, ed io per mio genero sono stata una seconda mamma Il tempo è passa to senza pietà, erano i giorni del Santo Natale quando mio marito sessantenne ebbe un ‘altra ischemia al cervello che lo portò nell’aldilà. Quella volta non avevo più lacrime per piangere, ma ero orgogliosa di essere stata per lui moglie, sorella, e badante della sua vita. Per me incominciò un po’ di libertà, e fu così che mio genero per le vacanze estive volle portarmi al mare. Era la prima volta mio Dio, quando vidi il mare rimasi incantata nel vedere quella distesa di acqua salata che ondeggiava avanti e indietro, io a piedi nudi saltella vo come fossi una bambina guardando gli aquiloni che volteggiavano in cielo. Vedevo la gente felice e contenta, il venticello accarezzava il mio viso solca to dalle rughe antiche e spettina va i miei capelli bianchi per l’avanzata età: in quel momento avevo dimenticato tutto il mio passato. La sera poi rientrando in albergo mi sentivo una donna ricca perché ero servita e riverita dai camerieri. Per la notte avevo una bella camera tutta per me con le lenzuola profumate di borotalco, mi sono venute in mente quelle mattinate che io aspettavo per vedere i cavalli bianchi della mia amica Rossella. L’avrei voluta presente per dirle: “Vedi, anche io ho il vestitino nuovo senza quelle odiose toppe sopra gli strappi”. Poi come tu sai il tempo passa alla svelta, erano passa ti tantissimi anni, con gioia vedevo i miei figli sani e orgogliosi per i loro figli ormai grandi, che avevano tanta voglia di studiare, ed io con gioia avevo imparato a scrivere e fare la mia firma. Mi riposo un pochino, qui si sta bene, e domani ti racconterò come sono arrivata qua davanti a te mio Signore”.
“Tutti gli anni io volevo i miei figli e parenti tutti intorno a me il giorno della Epifania per un sostanzioso pranzo, ma ahimè, il giorno dopo mi sono sentita male! Così per la prima volta sono finita in ospedale e li incominciò un altro calvario, sai Signore, il brutto drago si era impossessa to del mio corpo, ma non della mia anima, ti ho pregato giorno e notte perché volevo il tuo permesso di restare ancora un po’ di tempo per vedere il mio primo nipote sposarsi senza guastare la sua felicità. Io ormai avevo pochissime forze per vivere, così rimasi in ospedale con la mia carissima amica suora Sebastiana, la sera gli sposini vennero a salutarmi e a raccontarmi il tutto. Io ero tanto stanca e ricordo il loro sorriso spento per non farmi capire che era giunta l’ora della mia partenza, io li salutai con amore e li mandai via per il loro viaggio di nozze Il giorno dopo mi sono addormentata per sempre! Salendo i primi scalini per raggiungere il cielo mi sono voltata e ho visto i miei figli affranti dal dolore, ma io finalmente ero felice perché ero partita prima dei miei figli per questo lungo viaggio Intanto che salivo mi dicevo: “Ho scalato le irte montagne e con tanta fede e tanta umiltà voglio arrivare lassù dove ci sarà il papà di Gesù!’ E così eccomi qui in questa anticamera del paradiso, davanti a te, dove c’è gioia e amore e dove non occorrono i soldini per un lascia passare Grazie Signore di avermi ascoltata, la mia anima ora la dono a te con tanto amore e finalmente tanta felicità”.
“Ora Antilia ascoltami con la quiete e con la pace, il tuo racconto è sta to un poema d ‘amore, tutto il tuo dolore non ha scolpito il tuo amore per me e per gli altri. Io anche se sono il Dio dell’universo non ho avuto gigli fioriti, ma spesso spine di rose e salite molto irte. Il mio unico figlio ho dovuto mandarlo in croce per salvare gli uomini stolti e senza fede, vieni con me che ti faccio vedere delle cose! Spostiamo quella nuvoletta piena di smog e guardiamo la terra: a destra vedrai gli uomini avidi e pieni di soldi che per divertirsi violentano i bambini, donne, le madri gettano i loro bambini dopo averli tortura ti e ammazzati. Dall’altra parte vedrai i bambini e anche uomini scalzi e nudi che cercano il pane nella spazzatura dei potenti che non hanno una briciola d ‘amore per i loro fratelli di qualsiasi colore. Io cara Antilia non ho più lacrime da versare per gli uomini senza cuore e ciechi che hanno fatto sfiorire i gigli più belli, i fiumi non hanno più le loro acque pulite e i pesci non possono più viverci in libertà, le ciminiere ammazzano tutti i piccoli uccellini migratori e stanzia li. Io e te pregheremo per un domani migliore dove i nostri figli e i figli dei loro figli potranno ancora ascoltare l’usignolo cantare. Ora Antilia alzati e vai, troverai due porte davanti a te, apri quella a destra, vedrai una grande luce e lì ci sarà il Paradiso che tu con la tua vita piena d’amore ti sei guadagnato Noi pregheremo finché le forse avremo, affinché nell’universo ci possa essere normalità, amore, e libertà!”.
“Grazie m’inginocchio ai tuoi piedi Signore!’’.
“Vai goditi il Paradiso!”.
“Amen Signore”.