Emanuele Piccinno. Ex imprenditore commerciale della provincia varesina si diletta scrivendo poesie e racconti. Ha girato il mondo e visto tante cose e persone diverse. Partecipa al Concorso 50&Più per la decima volta; nel 2020 ha vinto la Farfalla d’oro per la poesia. Vive a Castellanza (Va).
Seduto a tavolino, all’interno del bar Pasticceria di Castellanza, Matteo fa colazione sorbendo un latte caldo e gustando un cornetto vuoto appena sfornato. Assorto nei suoi pensieri non s’avvede che una bella signora di mezza età si è accostata al suo tavolino, le sfiora delicatamente la spalla destra, avvicina la bocca al suo orecchio e le sussurra: “Sono la nuova baronessa di Valle Olona, feudataria del terreno occupato da lei abusivamente”, e le morde fortemente il lobo destro lasciandole sanguinante il segno del morso. Di scatto Matteo si alza furente, blocca il braccio della sconosciuta, la strattona facendola barcollare, la sospinge sulla sedia che le sta di fianco e fissandola duramente inveisce con brutte parole; quando osservandola bene con espressione di meraviglia muta atteggiamento e trasformando l’ira in un sorriso esclama ad alta voce: “Sei tu Sara?”. La sorpresa è grande, un singhiozzo gli sale la gola e gli secca la bocca, deglutisce più volte e strabuzza gli occhi perché proprio non se l’aspettava. Siede con calma, le prende le mani con gentilezza, l’accarezza e con voce rauca dell’emozione le chiede: “perché la sceneggiata, mi hai causato uno scatto d’ira che per poco non mi ha fatto trascendere perché”. Lei come solito sorride maliziosamente, come dire sotto il mento,in maniera nascosta, non si riesce a capire il motivo, e rimane silenziosa e indifferente all’ira espressa e poi mutata di Matteo che toccandosi l’orecchio s’avvede che non sanguina più
Ai tempi del liceo sono stati compagni di studi e amici, complici di un amore di gioventù. Divisi da indirizzi diversi e da matrimoni opposti, per puro caso quest’anno durante l’estate in montagna si sono rivisti, e appreso della loro forzata solitudine si sono frequentati riallacciando il filo da dove l’avevano involontariamente interrotto. Insieme hanno ritrovato lo spirito cameratesco che li univa e ne hanno gioito e goduto durante la vacanza. Da soli e con il sacco in spalla hanno percorso valli e valloni a piedi e in auto, girando ripetutamente di giorno e di notte, col chiaro di luna e con le ultime stelle de mattino. Mangiando e gustando ricotta acida con pane scuro di grano saraceno, e verdure di campo, e carni selvatiche arrostite. Rinfrescandosi con acqua sorgiva e con la stessa praticate le abluzioni giornaliere. Hanno goduto dell’intimità che gonfiava i loro petti pregni d’amore e di speranza. Poi ancor una volta hanno dovuto dividersi e ritornare ognuno alla propria dimora, dopo essersi scambiati gli indirizzi elettronici e promesso di rivedersi al più presto entro l’anno possibilmente durante le vacanze natalizie. Ecco questa è la storia della loro conoscenza, amicizia ritrovata, ora entrambi si chiedono perché la scena?
Sara rimane muta e inespressiva, è come inebetita non si capisce cosa stia pensando, Matteo inizia a fremere e teme che qualcosa che non s’aspetta stia per accadere, qualcosa d’indefinito, qualcuno di cui possa aver timore per i trascorsi estivi con Sara. Stringe i pugni per farsi coraggio, inghiotte saliva in continuazione, si guarda intorno un po’ spaventato, sarebbe assurdo, ma teme l’ignoto, la sorpresa, l’incertezza sul da farsi lo sprona a darsi coraggio. Di colpo si stacca da Sara, dirige verso il bagno, vi entra, si curva sul lavandino e bagna il viso ripetutamente con acqua fredda. Si asciuga, si guarda nello specchio e vede che il viso è sereno, tranquillo senza timore apparente. Gli occhi chiari brillano come sempre, la mano è ferma e un ghigno di riscossa gli increspa il viso di stupore.
Intanto Sara si è ripresa, beve un sorso d’acqua datole dalla signora Paola titolare della pasticceria che le domanda come si sente. “Bene!”, risponde Sara con voce normale come se nulla fosse accaduto, poi poggia una mano sul petto come a dimostrare l’indisposizione e si scusa per l’accaduto. Matteo rientra con passo sicuro chiede due aperitivi con stuzzichini e siede a tavolino affianco a Sara che allunga una mano per ringraziarlo e accarezzarlo.
Fuori sulla via antistante piove, le persone con l’ombrello aperto s’affrettano a riprendere l’auto lasciata poco distante, mentre quelle in pasticceria guardano con interesse i nuovi dolcetti appena sfornati da prendere e portare a casa per la gioia di quanti sono in attesa.
Ruggero, amico di Matteo sin dal tempo anche lui del Liceo, entra nel locale accompagnato da una giovinetta biondina e sorridente, sicuramente straniera tanto è diversa dalle altre che sono nel locale sia nell’abbigliamento che nei modi di comportarsi e non s’avvede che Matteo lo fissa a bocca aperta perché sapendolo fuori d’Italia si meraviglia della sua presenza. Poi superato un gruppetto di persone ferme a chiacchierare lo scorge, gli s’avvicina, con un dito gli chiude la bocca ancora aperta e scherzosamente gli dice: “non sono un fantasma sono proprio io con la mia principessa”. “Chantal”, dice lei porgendo delicatamente una bianca e morbida mano, Matteo di scatto si alza, prende elegantemente la mano di Chantal e accenna un piccolo bacio di riverenza, guarda verso Sara e con gli occhi gli suggerisce di avvicinarsi e quando è vicina presenta l’amico d’un tempo e la ragazza di oggi. Seduti insieme iniziano una fitta e lunga discussione sui tempi passati e sulle poche speranze dei tempi attuali. Poi si recano a cena in un piccolo ristorante nei pressi e chiudono con lo spettacolo dei Legnanesi nel teatro Galleria di Legnano. Compagnia di uomini vestiti da donna che in un linguaggio primi novecento in vernacolo presentano comicamente quadri di vita di gente di ringhiera come si diceva.
L’indomani Ruggero racconta all’amico di vivere in Inghilterra nella regione Sud Occidentale che è il ducato di Cornovaglia, lavora come impiegato nella succursale della sua banca di Bergamo insieme a Chantal e convivono. Se vuole può farlo assumere da un suo amico che ha un grosso supermercato ed è sempre alla ricerca di personale italiano per lui più pratico e duttile, facile da controllare. Matteo non se lo fa ripetere due volte e si prepara a partire con loro, mentre Sara torna da dove è venuta. Matteo si ambienta facilmente, la Cornovaglia gli piace, la gente è gentile ed ospitale, il lavoro lo fa volentieri, controlla e gestisce nel Supermercato il reparto frutta e verdura che gli è congeniale perché da ragazzo ha prestato servizio in un negozio come garzone sostituendo qualche volta il titolare. Ha un uomo e una donna come collaboratori e un ragazzo giovinetto come fattorino per le consegne. Alloggia in pensione con poca spesa in un appartamento vicino, con una signora poco più di cinquanta anni. vedova e titolare della casa, che si presta volentieri a preparare per due facendosi compagnia e ripagata con piccole passeggiate serali al chiaro di luna, o serate danzanti con amici nostalgici in vecchi Pub. Una sera lo avvisa di avere un invito per due al cinema di quartiere con un film molto classico: Tristano e Isotta, domanda se desidera vederlo perché lei ci va’ e lo considera molto bello. Si grazie vengo anch’io, conosco l’opera e la musica.
Seduto nel penultimo posto a sinistra della quinta fila guarda con attenzione le persone che gli sono affianco e nota che sulla destra il suo braccio sfiora quello di una bella signora non più tanto giovane, finemente elegante, che reggendo un classico occhialino da teatro osserva con alterigia e riluttanza Matteo, anche lui vestito elegantemente con un abito preso a nolo con trenta sterline al teatro cittadino, non sfigura davvero in stile ed eleganza. Matteo seccato dalla altezzosità della signora affianco di proposito la ignora e non la saluta. Si gira verso la sua compagna e con sorpresa le racconta di quando per la prima volta ha ascoltato la musica dell’opera Tristano e Isotta di R. Wagner. Era un ragazzo di poco più di dieci anni e nel paese di provenienza durante i festeggiamenti religiosi si è soliti ascoltare dalle bande musicali locali anche brani di opere italiane e straniere. Orbene una sera mentre il cielo sfavillava di mille scintille per le fiamme di coloro che abbrustolivano fave, mandorle e legumi secchi. Lui passeggiando in solitaria gli arriva l’eco di una musica lamentosa e ripetitiva—così la definisce – che la banda di turno eseguiva sulla cassa armonica in piazza del paese. Il padre quando apprende il suo giudizio lo rimprovera come ignorante, significandogli che l’autore, grandissimo compositore tedesco R. Wagner, poteva scrivere solo musica eccelsa e non come da lui definita. Il film in visione però non è tratto dall’Opera musicale ma realizzato come storia medioevale dal regista Kevin Reynolds che lo rende toccante e commovente fino a farne un capolavoro di avvincente romanticismo d’amore e di passione.
Tristano rimasto orfano è allevato dallo zio Marco duca di Cornovaglia, sottomesso però al re di Irlanda che gli deve il tributo. Tristano crescendo diventa un valoroso guerriero, partecipa alla battaglia contro gli irlandesi e uccide il loro capo fratello del re. Rimane però ferito dalla spada di questi avvelenata. Credendolo morto i suoi come usanza locale lo depongono su una vecchia barca e lo spingono in mare alla deriva, che lentamente sospinta dal vento e dalla corrente approda sulla costa orientale d’Irlanda. Isotta figlia del re passeggiando sulla spiaggia con la nutrice nota il relitto, s’accosta e vede Tristano disteso agonizzante. Con circospezione lo tocca e constatato che è ancora vivo, insieme alla nutrice con enormi sforzi lo trascinano all’interno di un capanno suo rifugio. Accortasi che è mezzo assiderato e lei pratica di cure alle ferite, prontamente si denuda insieme alla nutrice e abbracciandolo e strofinandosi insieme lo riscaldano e lo ravvivano. La loro cura lentamente lo guarisce. Durante la degenza guardandosi languidamente nasce tra i due l’amore, e li trasporta in un travolgente momento d’amore e di passione.
La scena è resa veramente bellissima, soprattutto la prima parte: è per Matteo, talmente commovente che non visto e non accortosi, ha l’animo in tumulto e il viso solcato da piccole e significative lacrime di sensibilità artistica. La gentildonna affianco lo nota, e commossa lei stessa sfiora la sua mano, inchina il capo e con un enigmatico sorriso sulle labbra sussurra: “è una bellissima storia d’amore non le sembra?”. “Sì”, risponde Matteo, “ha ragione, è proprio una bellissima storia d’amore”.
Dopo un anno di lontananza però la nostalgia di casa inizia a farsi sentire, desidera tornare tra la sua gente, parlare la lingua natia, rivedere gli amici, la sua mancata donna ritrovata e tanti altri ricordi che gli prendono la mente e lo immalinconiscono giorno dopo giorno fino a farlo gridare di notte mentre dorme: basta non ne posso più voglio tornare a casa.
Sara nel frattempo ripresasi dallo choc di essere stata abbandonata da Matteo senza alcuna ragione, si consola facendo la chansonnier in locali notturni dei dintorni della sua città, e quando Matteo ritorna la cerca e la trova mentre canta con voce rauca e vibrante alcune sue composizioni, in un locale da loro già frequentato in gioventù, Matteo si avvicina alla maniera Apache, la prende e la strattona vivacemente, Il pubblico è sorpreso, qualcuno si alza in piedi per reagire ma Matteo assume prontamente le parvenze di un parigino malavitoso, un Apache, e cantando anche lui in francese la rimprovera. Poi davanti a un pubblico esterrefatto e che sornione consente, le alza la gonna, mostra le bianche natiche e mentre sempre più meravigliato plaudente applaude, la prende a sonore sculacciate fino a farle arrossire. Poi in malo modo la sospinge fuori dal Night, la carica sulle spalle con malagrazia e la depone nell’auto parcheggiata in divieto di sosta, la porta a casa sua, e qui inspiegabilmente trasforma l’ira in gentilezza, s’inginocchia e le chiede perdono, si alza, l’abbraccia e la bacia con passione, con lacrime amare di sofferenze trascorse, le chiede perdono promettendo che d’ora innanzi se vorrà saranno uniti con regolare matrimonio per il resto della vita.
Sara è muta, silente come inebetita, inspiegabilmente ha permesso a Matteo di esibire e sfogare la sua indicibile collera, consapevole però che Matteo è stato e sarà sempre il suo vero e unico uomo del cuore. Lo tollera sapendo che poi tutto sarà come lei vorrà, sopporta quasi con gioia le finte angherie e soprusi vari, in attesa del giorno che arriverà con gioia e letizia, l’amore infinito che insieme hanno per una vita, desiderato, cercato e forse alla fine trovato e meritato.