Tante carte coperte disposte su un tavolo in maniera casuale. Ogni carta ha un doppione e lo scopo del gioco è ricostituire la coppia. Lo sforzo mnemonico è notevole: per vincere bisogna tenere a mente l’associazione tra la posizione e il simbolo della carta, più e più volte. È il classico “gioco della memoria” o “memory” sadicamente proposto dai bambini nelle riunioni di famiglia per umiliare genitori e nonni. A volte però le aspettative dei più giovani vengono clamorosamente deluse. Perché l’avanzare dell’età e la perdita della memoria non sempre vanno di pari passo. Ci può essere il colpo di scena: il nonno straccia il nipote ricordando alla perfezione dove si trovano le carte. Non è la norma, ma può accadere.
Memoria di ferro: tutto dipende dal livello di attività dell’ippocampo
Verrebbe da chiedersi perché qualche senior ricordi meglio di altri? C’è un particolare tipo di memoria a breve termine, quella che ricostruisce per l’appunto il legame tra più informazioni (nel caso del gioco tra il disegno della carta e la sua posizione), che è particolarmente a rischio di deterioramento con l’avanzare dell’età. E ora un gruppo di ricercatori dell’Università di Stanford ha scoperto il perché. Tutto dipende dal livello di attività dell’ippocampo una parte del cervello a forma di cavalluccio marino situata in una piega interna della corteccia cerebrale.
Una risonanza magnetica per fare luce sul mistero
I ricercatori hanno coinvolto nello studio 100 individui, uomini e donne, tra i 60 e gli 82 anni. I partecipanti sono stati sottoposti a risonanza magnetica cerebrale mentre erano impegnati in un test della memoria basato sull’associazione di informazioni. Ai volontari sono state mostrate una serie di immagini di persone e di luoghi celebri associate ad alcune parole. Per esempio veniva mostrata una foto della Regina Elisabetta accompagnata dalla parola “violino”, oppure un’immagine del Golden Gate Bridge abbinata alla parola “bicicletta”. Ai partecipanti veniva poi mostrata la parola senza l’immagine e gli veniva chiesto di ricordare la figura della combinazione.
Nuove soluzioni contro l’invecchiamento cerebrale
Dall’analisi delle scansioni cerebrali, è emerso che alle risposte giuste corrispondeva una maggiore attività dell’ippocampo. Questa scoperta forse dice poco ai non addetti ai lavori, ma la notizia per i profani c’é: grazie alla risonanza magnetica si potrebbe individuare precocemente chi avrà maggiori probabilità di sperimentare deficit di memoria ed eventualmente offrire interventi mirati di potenziamento di quel particolare tipo di memoria. «Alcuni individui mostrano di aver mantenuto intatta la funzione della memoria durante la tarda età adulta, mentre altri sperimentano un significativo declino della memoria. Questo studio dimostra che osservare queste differenze tra gli individui è fondamentale per comprendere le complessità dell’invecchiamento cerebrale e di promuovere interventi per favorire la longevità e la salute del cervello», dicono i ricercatori.
La buona notizia, infatti, è che il tipo di memoria di cui stiamo parlando può essere potenziata con specifici esercizi. Anche chi mostra una minore attività dell’ippocampo può migliorare la memoria, e qundi la capacità di trattenere informazioni a breve termine, allenandosi.
Un consiglio ai nonni: accettate sempre la sfida lanciata dai nipoti al gioco della memoria, perché prima o poi potreste anche vincere e soprattutto ritrovarvi con un cervello più in forma che mai.
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