2025: sono passati dieci anni da quando, a Milano, l’Expo 2015 lanciava al mondo una sfida importante: “Nutrire il pianeta. Energia per la vita”. Con un’intuizione lungimirante, l’Italia scelse in quell’occasione di mettere al centro della propria Esposizione Universale proprio l’alimentazione sostenibile, per accendere i riflettori sul tema dell’accesso al cibo e all’acqua nelle diverse parti del mondo, ma anche sul tema della produzione di cibo ecologicamente sostenibile per il pianeta. Da entrambi questi punti di vista, era un argomento che non poteva lasciare indifferenti.
Sappiamo tutti che nel mondo oggi vige una orribile disuguaglianza nell’accesso al cibo: secondo l’Onu nel mondo circa 795 milioni di persone, una su 9, vivono una condizione di denutrizione. Ma anche nel nostro paese la “fame” esiste: nel 2023 sono stati 4,9 milioni gli italiani che non hanno potuto permettersi un pasto completo ogni due giorni. La povertà alimentare è tornata a crescere nel paese dopo che nel triennio 2019-2022 era calata. Si tratta di un dato quasi incredibile, in contrasto con l’offerta ricchissima di programmi di cucina mentre c’è chi fatica a mettere insieme un pasto.
Eppure, non è solo un tema di accesso al cibo, ma anche della sua produzione, che ne compromette la qualità, ma anche la quantità, laddove non siano sufficienti le risorse naturali. La pandemia di Covid-19 ha messo a nudo le fragilità dei nostri sistemi alimentari, la guerra in Ucraina ha sconvolto le catene di approvvigionamento e il riscaldamento globale ha avuto impatti devastanti sull’agricoltura, portando scarsità, aumento dei prezzi, migrazioni forzate, carestie. Intanto, le previsioni demografiche parlano di una popolazione mondiale che non solo invecchia ma che entro il 2050 toccherà quota 9,7 miliardi. Una sfida duplice: da un lato, sempre più persone da sfamare; dall’altro, la riduzione dell’impronta ecologica della produzione alimentare.
Ecco allora che il tema di Expo Milano in 10 anni non è invecchiato. Anzi: è diventato sempre più attuale. Per “nutrire il pianeta”, bisognerà inevitabilmente affrontare una trasformazione globale nei sistemi agricoli, nelle politiche di distribuzione del cibo, nella lotta contro gli sprechi e, soprattutto, nella sensibilizzazione delle persone verso una cultura alimentare responsabile.
E, se oggi sono certamente i più giovani quelli più attenti, consapevoli e responsabili in tema ambientale, proprio sul cibo le generazioni anziane possono dare un contributo in termini valoriali: chi ha avuto poco o nulla da piccolo, ha imparato a rispettare il cibo, a valorizzarlo, a non sprecarlo, con un’attenzione anche al ciclo naturale della terra che i nostri avi conoscevano bene. Forse proprio in questa collaborazione tra generazioni può nascere dunque quella “energia per la vita” indispensabile per “nutrire il pianeta”, per nutrire il futuro.
TUTTI GLI EDITORIALI DI CARLO SANGALLI
© Riproduzione riservata