Entro il 2050 la popolazione europea, compresi gli immigrati, si ridurrà del 5% e avrà un’età media di 47 anni, 4 in più che negli Stati Uniti e 9 in più rispetto all’età media che aveva nel 2000.
È il noto settimanale inglese The Economist, in un articolo dell’11 gennaio scorso, Demography could be yet another force for divergence within the EU, a suonare l’allarme e ad aver individuato nell’invecchiamento della popolazione una delle minacce più gravi per l’economia del Vecchio Continente.
Le stesse tendenze si stanno rilevando a mano a mano in altri Paesi ricchi e in alcuni di quelli in via di sviluppo, ma sembra che l’Europa avrà più difficoltà ad invertirle a causa delle contraddizioni interne al suo processo di unificazione.
I lavoratori del Continente, infatti, si spostano liberamente e molti Paesi condividono la stessa moneta, ma non esiste una politica fiscale comune o una strategia concordata per affrontare l’invecchiamento. In questa situazione gli squilibri saranno più difficili da gestire. Specie quelli che riguardano il mercato del lavoro.
Nel 2015 c’era un senior ogni quattro giovani al lavoro (il tasso di dipendenza era al 25%), ma nel 2050 questo rapporto sarà di uno a due. La situazione sarà relativamente migliore in America che, a quella data, avrà un pensionato ogni tre lavoratori.
Non solo: l’Europa dovrà fare i conti con sviluppi non uniformi fra Paesi nord-occidentali (eccetto la Germania) che hanno tassi più alti di natalità e immigrazione rispetto ai Paesi meridionali (fra cui l’Italia), i quali sono fermi o perdono popolazione e che, anche rispetto alle nazioni dell’Europa centro-orientale, manifestano una rapida diminuzione a causa dell’emigrazione.
Spagna e Italia, ad esempio, perderanno più di un quarto della loro forza lavoro entro il 2050: una disparità demografica farà male all’economia dal momento che ne diminuirà la produttività visto il minor numero di occupati.
Ed è sempre The Economist a sottolineare altri punti deboli: il debito pubblico lordo di questi due Paesi è già elevato (in Italia è oltre il 130% del Pil) e rischia di aumentare ulteriormente. Inoltre, i senior italiani lasciano il proprio impiego molto prima di raggiungere l’età pensionabile e molte donne non tornano al lavoro dopo il parto perché non hanno servizi di assistenza all’infanzia. A 50 anni, poco più della metà delle donne lavora.
Per il settimanale di informazione economica inglese “se questi bassi tassi di occupazione persistono con l’avanzare dell’età in Italia, nel 2050 ci saranno più italiani oltre i 50 anni fuori dal mondo del lavoro che lavoratori di tutte le età”.
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