Gli anziani rappresentano ancora una risorsa per la società oppure la crisi generata dalla diffusione del Coronavirus e i tre mesi di lockdown ne hanno cambiato la percezione? Sono questi alcuni dei principali interrogativi indagati dall’Osservatorio Censis-Tendercapital sulla silver economy, l’economia d’argento, dal titolo La silver economy e le sue conseguenze nella società post Covid-19.
Il dato dell’indagine che sta suscitando maggior scalpore è la frattura che si è creata tra i giovani e gli anziani, in particolare sul piano dell’accesso alle cure sanitarie in caso di emergenza: la metà dei giovani crede di dover avere la precedenza sugli anziani. Rimane, però, la consapevolezza per 9 italiani su 10 che gli anziani sono un valore per la società e che per costruire il futuro c’è bisogno del loro contributo.
La ferita del post Covid-19 tra over 65 e giovani
Lo tsunami sanitario ha fatto emergere un nuovo rancore sociale dei giovani verso gli anziani, una ferita che divide gli stessi giovani a metà: ben il 49,3% dei millennial (giovani tra i 18 e i 34 anni) ritiene che nell’emergenza sia giusto che i giovani siano curati prima degli anziani. Quello che emerge scrive il Censis «è un inedito sbrego al valore dell’universalismo e del principio del curare tutti senza vincoli», tanto meno quello legato all’età.
Un ageismo, una discriminazione dovuta al “difetto” di età, contro la quale 50&Più si batte da sempre. In particolare, riguardo all’acceso alle cure come principio universale, è intervenuta accanto alla comunità di Sant’Egidio aderendo all’appello “Senza anziani non c’è futuro. Per ri-umanizzare le nostre società, no a una sanità selettiva”.
La visione narrata nel corso della crisi pandemica ha riportato l’immagine dell’anziano ad una versione stereotipata che si pensava ormai superata: quella legata alla condizione di fragilità e “privilegiata” nella destinazione di risorse pubbliche a danno delle altre generazioni. Un costo per la società.
Dissipatori di spesa pubblica
Così, il 35% dei millennial dichiara che è troppa la spesa pubblica destinata agli anziani tramite pensioni e sanità, mentre tra gli adulti sono convinti di tale idea il 25,9%. «Non si può non vedere in questo un altro esito della colpevolizzazione degli anziani, per effetto di una retorica che li ha visti come dissipatori di risorse pubbliche, che ha avuto un lungo eco nell’arena pubblica e che è stata rilanciata con enfasi nell’emergenza Covid-19», è scritto nel Rapporto. «I dati sulla spesa pubblica per generazioni sono per alcuni aspetti reali, ma oggetto di letture semplificatorie che hanno finito per additare gli anziani come capri espiatori su cui poi si è andato scaricando il rancore sociale dei più giovani, alle prese da tempo con precarietà, difficoltà reddituali e ridotte coperture di welfare per poi finire nel calderone dei senza tutele durante il Covid-19».
Senza anziani non c’è futuro per l’89,3% degli italiani
Pensando al proprio futuro, gli ottimisti tra gli anziani sono il 32,8%, di contro al 10,4% tra i millennial ed al 18,1% tra gli adulti: al contrario, tra gli anziani i pessimisti sono meno della metà (il 48%) del totale del campione, mentre sono nettamente maggioritari tra adulti e giovani.
Anche riguardo al futuro dell’Italia gli anziani sono meno pessimisti degli altri: infatti, il 20,9% degli anziani è ottimista contro il 4,9% dei giovani e il 15,1% degli adulti. Nonostante il disagio e lo spaesamento vissuto dagli anziani nel corso dell’emergenza sanitaria, gli anziani si fanno interpreti di un approccio più positivo e di fiducia. E nonostante la ferita che si è aperta verso le generazioni più giovani, l’89,3% degli italiani rimane convinto che per costruire un buon futuro della società serva il contributo degli anziani.
Ma perché senza anziani non c’è futuro? Non solo per il sostengo alle famiglie valutato superiore ai 10 miliardi di euro annui, senza contare il tempo nell’accudimento di nipoti o degli anziani che si occupano di altri anziani, oppure del valore stesso dell’economia d’argento, ma ci sono anche altre motivazioni non contabilizzabili. Come ha ricordato Gabriele Sampaolo, segretario generale di 50&Più: «Senza anziani non c’è futuro per due ragioni: primo perché rappresentano il passato e noi abbiamo sempre bisogno di lavorare sull’oggi tenendo presente le nostre radici per guardare al futuro. Senza anziani non c’è futuro perché essi stessi sono le radici. La seconda ragione è perché una società che non considera gli anziani è una società che mostra una carenza di valori che in definitiva, forse, è la cosa più grave, perché senza valori comuni non si può progettare il futuro».
© Riproduzione riservata