In Francia il Senato ha approvato a maggioranza – 195 sì contro 112 no – la contestata Riforma delle pensioni. La cui corsa, a dispetto della massiccia mobilitazione, non è stata intaccata né da manifestazioni né da scioperi.
Tra le misure più contestate il provvedimento nella Riforma delle pensioni – il 7 – che fa salire l’età della pensione dagli attuali 62 a 64 anni. Un iter destinato a partire dal mese di settembre di questo anno e che punta a innalzare progressivamente il momento dell’uscita dal mondo del lavoro al ritmo di tre mesi ogni anno. Tra le novità anche il fatto che, per ottenere la pensione senza tagli, la contribuzione richiesta dovrà aumentare dai 42 ai 43 anni entro il 2027.
Borne in prima linea
Costante, dunque, il pressing delle rappresentanze sociali e dei sindacati sul Presidente Emmanuel Macron che ha fatto della riforma uno dei pilastri del suo mandato pur restando in secondo piano nell’accesa disputa che vede, invece, in prima linea la Premier Èlisabeth Borne. Ma è all’inquilino dell’Eliseo che gli stessi sindacati hanno richiesto un incontro urgente: al momento, però, disatteso.
A cercare di calmare gli animi è stata, appunto, la Prima Ministra Borne che ha ribadito come “la porta del Ministro del Lavoro – Olivier Dussopt – sia sempre aperta” sottolineando che “il Governo è pronto e aperto al dialogo” e che è “nella consultazione e nel dialogo che questo testo è stato costruito”.
Le opposizioni
Di tutt’altro avviso le opposizioni che puntano il dito proprio contro il Ministro del Lavoro Olivier Dussopt indicato dalla socialista Monique Lubin come l’artefice di una riforma destinata a passare alla storia per tutto fuorché per ragioni positive: “Il tuo nome – ha attaccato Lubin riferendosi a Dussopt – sarà per sempre legato a una riforma che ci riporterà indietro di quasi 40 anni”.
A rincarare la dose parlando apertamente di colpo di mano è stata la leader dei senatori comunisti, Eliane Assassi. “State rovinando il dibattito – ha detto -. L’autorevolezza del Senato ha subito un colpo”. Poi, ha contestato la procedura che avrebbe fatto decadere tutti gli emendamenti dei gruppi di sinistra definendo l’atto un autentico “attacco alla democrazia”.
Situazione esplosiva
È per tale ragione che il movimento intersindacale ha richiesto un’interlocuzione diretta con Macron facendo notare che “il silenzio del Presidente della Repubblica costituisce un grave problema democratico e che porta inevitabilmente a una situazione che potrebbe diventare esplosiva. Sei grandissime mobilitazioni – si legge ancora nella nota congiunta – non hanno ricevuto alcuna risposta. Tutto ciò è intollerabile”. Da ciò che si apprende, l’Intersindacale chiederà, perciò, al Presidente Macron che ritiri la sua riforma.
Sta di fatto che stiamo entrando in una settimana cruciale per il futuro della Francia – è atteso per giovedì il passaggio del testo della Riforma all’Assemblea Nazionale -, mentre per mercoledì è indetto un nuovo sciopero: quello dello scorso 19 febbraio è stato il più partecipato – secondo fonti ministeriali – dal 1995.
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