Per contenere la dipendenza da gioco, le Regioni si sono date leggi e regolamenti differenti, basati sulla distanza entro cui può essere istallato un apparecchio da gioco rispetto ai luoghi sensibili, e gli orari di apertura ridotti
Fatti e rifatti i conti, gli italiani spendono l’1,86% del loro reddito per giochi, scommesse, lotterie, vale a dire circa un euro al giorno pro capite (neonati compresi), ma molti di più se si considera che, secondo l’Istituto Superiore della Sanità, la percentuale della popolazione interessata dal fenomeno è circa il 36,4% cioè 18 milioni e mezzo di persone.
Nella battaglia per contenere la dipendenza dal gioco soprattutto delle fasce più deboli, le Regioni si sono date leggi e regolamenti differenti, ma basati essenzialmente su due strumenti: la distanza entro cui può essere istallato un apparecchio da gioco rispetto a luoghi sensibili come scuole, chiese, impianti sportivi, ospedali, case di riposo, e gli orari ridotti di apertura. In Piemonte, Marche e Calabria c’è ad esempio un “distanziometro” differente a seconda della grandezza dei Comuni: 500 metri per i Comuni con più di 5.000 abitanti, 300 metri per quelli più piccoli. In Piemonte che tra le Regioni vanta la legge sulle sale da gioco più restrittiva, è stata presentata una proposta di modifica che, insieme a nuovi orari comunali di interruzione delle slot (dalle 3 alle 10 ore), chiede di disattivare gli apparecchi “il primo giorno del pagamento delle pensioni di ciascun mese”.
La proposta ha poche possibilità di essere approvata, anche se la fascia d’età con maggiore presenza di giocatori a rischio ludopatia è quella tra i 50 e i 64 anni.
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