C’è chi per anni sogna la pensione, magari idealizzandone le possibilità. Pensa così di poter mettere finalmente un freno ad una vita di sacrifici. Immagina il sollievo nel tornare a godersi la famiglia, nel recuperare quel tempo che il lavoro ha – inevitabilmente – sottratto agli affetti. Per molti va effettivamente così: raggiunta la soglia non ci sono ripensamenti. Ma c’è anche chi, questi ripensamenti, ce li ha.
Talvolta, mentre ci si gode il riposo dopo anni di lavoro, qualcosa può mutare. Perché sì, è vero, la pensione ci regala assenza di tormenti lavorativi, ma può anche accadere che quell’improvviso mutamento di vita ad un tratto ci spaventi. Ecco allora il tentativo di tornare ad aggrapparsi a quel qualcosa che – per tanti anni – è stata la routine quotidiana. Come è successo a Marina Panseri.
Gli ultimi mesi di lavoro, quelli più intensi
La storia che stiamo per raccontare è una di quelle. Arriva dalla Bergamasca, proprio quell’area d’Italia che, per mesi, è stata la red zone per eccellenza. La protagonista, Marina Panseri, 60 anni a giugno, a metà ottobre era andata in pensione dopo aver lavorato dal 1985 come infermiera all’ospedale “Papa Giovanni XXIII” di Bergamo.
Gli ultimi mesi di attività sul campo, nella vita di un lavoratore, restano impressi. Ma a lei ancor di più visto che si è trovata in trincea, nell’epicentro della prima fase della pandemia. In quel luogo che è diventato un simbolo a livello mondiale della pericolosità del Coronavirus. Marina Panseri lavorava infatti nel reparto di Malattie Infettive quando iniziarono ad arrivare i primi contagiati. Poi all’improvviso l’escalation e la disperazione che tutto avvolge. Ha stretto i denti, insieme a tutti i suoi colleghi.
Dalla corsia dell’ospedale alla pensione e… ritorno
Nonostante tutto, nonostante l’esperienza vissuta, quando è arrivato il momento di fermarsi, Marina non ce l’ha fatta. È andata in pensione a metà ottobre. Le prime settimane a casa sono state complicate: ha toccato con mano quella quotidianità domestica scandita, come per la maggioranza degli italiani, dalla didattica a distanza dei suoi figli, dai divieti e dalle molte restrizioni imposte per fermare il contagio.
È rimasta spaventata da quell’immobilismo. Così un mese dopo, il 17 novembre, era di nuovo in corsia. Stavolta però come volontaria. «Perché posso dare ancora il mio aiuto», ha dichiarato in un’intervista. «Non è vero che solo gli anziani sono a rischio – ha ribadito con fermezza -. Ho visto tanti giovani ricoverati e purtroppo le persone continuano a morire».
La seconda ondata non è stata devastante come la prima, e l’ospedale non è più in affanno come agli inizi. A metà gennaio Marina ha interrotto il suo servizio. Ma ha già le idee chiare sui suoi prossimi impegni: dare un apporto attivo alla campagna vaccinale. Vuole partecipare al bando lanciato dal commissario per l’emergenza, Domenico Arcuri, per reclutare medici e infermieri. Non potrà tornare al suo posto in corsia, ma può ancora dare un contributo importante al suo Paese.
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